2019-08-19
Arriva Prodi e invoca il grande inciucio. Casini e Gianni Letta: «Dentro pure il Cav»
Il Prof vuole la coalizione Ursula, come lo storico consigliere Sabino Cassese piega la Costituzione: «Si vota solo ogni cinque anni».A volte ritornano, e tifano «forza inciucio». Complice una delle crisi di governo più anomale della storia repubblicana, in questi ultimi giorni dal congelatore della politica italiana stanno facendo capolino personaggi che credevamo ormai archiviati. La carrellata non poteva che iniziare con Romano Prodi, che di quel Pd bramoso con tutte le forze di tornare al potere è uno dei padri fondatori. Ebbene, da buon ex presidente della Commissione europea, il «Mortadella» non poteva che spendere buone parole sulla cosiddetta «coalizione Ursula», così chiamata sulla base della stessa compagine che nel Parlamento europeo ha ha contribuito a spedire Ursula von der Leyen sullo scranno più alto di Bruxelles (vale a dire, per l'appunto: Pd, M5s e Forza Italia). Anzi, come l'ha ribattezzata lui stesso nel fondo di ieri per il Messaggero «coalizione Orsola», un nome che si addice più a un piatto di tortellini che a un'intesa di governo. Quello auspicato da Prodi non è un esecutivo di scopo, né tantomeno di transizione, tutt'altro. «Deve essere un accordo duraturo», precisa il Professore, «non per un tempo limitato, ma nella prospettiva dell'intera legislatura». Sul piano dei contenuti, oltre al «perseguimento dei diritti civili», Prodi ritiene necessario «uno sforzo per il rafforzamento dei diritti sociali, partendo dalla lotta alle diseguaglianze, della difesa del welfare e da una nuova attenzione per la scuola e per la sanità, messe pericolosamente a rischio dalla politica degli ultimi anni». Forse Prodi dimentica che i due campi da lui menzionati, scuola e salute, sono stati massacrati dal blocco del turnover prima (a opera del governo Monti, sostenuto dal Pd) e dai tagli alla sanità messi in atto da Matteo Renzi poi.Favorevole all'inciucio anche Massimo D'Alema, altro brontosauro della politica italiana. «Un governo con i 5 stelle si può fare», si è lasciato scappare D'Alema nel corso di una telefonata del Foglio. Certo, occorre «ragionare se sia sostenibile per una legislatura», ma nell'orizzonte delle possibilità questa soluzione è tutt'altro che esclusa. Dalla parte dell'esecutivo a lungo termine anche il sindaco di Bologna Virginio Merola.Nel dibattito non poteva mancare l'opinione di Pier Ferdinando Casini, un altro che di accordi impossibili se ne intende. Sposa anche lui la «linea Ursula» (oppure Orsola, se preferite), auspicando non un «governicchio di tre mesi, che aiuterebbe solo Salvini e non il Paese», ma un accordo di «lunga durata». Poi Casini tira in ballo Forza Italia, che almeno in Senato rappresenta il vero ago della bilancia di questa crisi: «È inspiegabile come a livello europeo scelgono di essere punto di riferimento del Ppe e poi, a parte alcuni come Renato Brunetta e Mara Carfagna, fanno discorsi più populisti di quelli di Salvini. E invece avrebbero la possibilità di sedersi a un tavolo di convergenza nazionale ed europea». Secondo alcuni, tra i pontieri più attivi per far pendere Silvio Berlusconi dalla parte del governo istituzionale (viene da chiedersi se possa esistere uno che non lo sia) ci sarebbe nientemeno che il fido consigliere Gianni Letta. Secondo l'Hufffington post, avrebbe detto al Cav: «Silvio, ragiona, se il governo che nascerà sarà istituzionale per quale motivo noi non dovremmo appoggiarlo?». I numeri di questa sorta di Nazareno bis allargato al M5s consentirebbero al nuovo governo di durare fino alla fine della legislatura.Sebbene la stragrande maggioranza degli italiani manifesti l'intenzione di andare al voto (il 72% secondo le rilevazioni dei primi di agosto), il fil rouge che unisce tutti questi discorsi è proprio scongiurare il ritorno alle urne. Difficile dar torto a Romano Prodi e sodali, dal momento che le ultime simulazioni parlano chiaro: il centrodestra sbancherebbe sia se si presentasse con la formula allargata a Fi (come nel 2018), sia con l'accoppiata Lega-Fdi. È questo il senso del ragionamento dello stesso Prodi, il quale prima sostiene che «il ritorno alle urne non è di per sé stesso una patologia», salvo poi ammettere che «la fine prematura della legislatura è il riconoscimento di un fallimento, una ferita inferta alla vita democratica», ragion per cui occorre fare «il possibile per evitare tale evento».Contro l'eventualità che si torni al voto anche il giurista Sabino Cassese. Dalle pagine del Corriere della Sera, l'ex giudice della Corte costituzionale ed ex strapagato membro del cda di Autostrade l'Italia spiega che al ritorno al voto si oppone «una ragione costituzionale», ovvero : «La circostanza che si è votato poco più di un anno fa e che la Costituzione prevede rinnovi quinquennali, non ogni volta che cade un governo, né ogni volta che i sondaggi segnalano cambiamenti di umori dell'elettorato, se in Parlamento si possono trovare nuovi accordi». Forse per Cassese che in 73 anni di storia della Repubblica si siano avvicendati 65 governi (nessuno dei quali è durato cinque anni) per 18 legislature è un fatto trascurabile. D'altronde cosa ci si poteva aspettare da un personaggio che appena qualche mese fa dalle pagine del Foglio invitava ad andare «piano con la democrazia»?
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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