2023-10-31
Arrestata lady Soumahoro. L’indagine segue il denaro e punta dritto a Bruxelles
Liliane Murekatete (Imagoeconomica)
Ai domiciliari moglie e suocera dell’onorevole. Il gip accusa il sistema-accoglienza: «Struttura delinquenziale». La pista dei soldi porta a un network pagato da Bill Gates.L’Italia dei buoni, dopo il caso del sindaco Mimmo Lucano, subisce un altro uppercut dal Tribunale di Latina, dove il gip Giuseppe Molfese ha liquidato il sistema d’accoglienza garantito dalla coop Karibu presieduta dalla ruandese Marie Therese Mukamitsindo, suocera del deputato con gli stivali Aboubakar Soumahoro e per anni icona della sinistra, con sette parole: «Una struttura delinquenziale organizzata a livello familiare».Non sono mancate le stilettate per la figlia Liliane Murekatete, moglie di Soumahoro, la quale, per il giudice «si è affiancata e ha sostituito la madre nei principali atti gestionali, risultando tutt’altro che una semplice segretaria amministrativa». Le due donne sono accusate di aver utilizzato milioni di euro destinati all’accoglienza per vivere nel lusso, mentre i migranti a loro affidati erano tenuti in condizioni miserabili. Molti soldi sono stati dirottati all’estero, per esempio in Belgio, in Portogallo, in Ruanda, nazione d’origine della famiglia. Uno sperpero di denaro che ha portato le due donne agli arresti domiciliari con l’accusa di frode in pubbliche forniture, bancarotta per distrazione e autoriciclaggio. Obbligo di dimora per un terzo indagato, Michel Rukundo, cognato di Soumahoro. Il terzo figlio indagato della Mukamitsindo, Richard Mutangana, vivendo in Africa dal 2016, non è stato, invece, raggiunto da misure cautelari. Il gip denuncia «un sistema collaudato che è risultato esclusivamente proteso ad eludere gli obblighi pubblicistici (derivanti dalle convenzioni con gli enti), dotato di schermi societari fittizi riconducibili allo stesso management della Karibu (Jambo Africa e Consorzio Aid), nonché connotato da evidenti caratteri di transnazionalità, tutti unicamente finalizzati a distrarre i fondi pubblici, in buona parte reinvestiti all'estero». Con l’effetto di «porre i soggetti ospitati, già in condizione di particolare vulnerabilità poiché migranti richiedenti protezione internazionale, in stato di accoglienza gravemente lesivo della loro stessa dignità». Inoltre, gli indagati non avrebbero esitato a disfarsi della documentazione anche contabile della cooperativa Karibu.Le indagini hanno riscontrato moltissime criticità nelle strutture gestite dagli affini di Soumahoro: ospiti in sovrannumero, alloggi fatiscenti (con umidità e muffa) e arredamento inadeguato, condizioni igieniche carenti, a partire dai bagni e dalla carenza di prodotti per la pulizia personale, mancanza di derattizzazione e «deblattizzazione», riscaldamenti accesi nelle sole ore notturne o del tutto assenti, carenze nell’erogazione dell’acqua calda e nella conservazione della carne, insufficienza e scarsa qualità del cibo, mancata consegna, all’ingresso nella struttura, del kit vestiario, della scheda telefonica di 15 euro. Tutte mancanze rilevate dai controlli ispettivi, ma anche dalle testimonianze di alcuni ex responsabili. Per esempio un capo struttura ha riferito che sin dall'agosto 2018 «la situazione alloggiativa degli ospiti era molto precaria», ha ricordato che «diversi servizi igienici non erano idonei, le prese di corrente non erano a norma, nell’atrio c’erano pezzi di intonaco che cadevano dal soffitto, cavi elettrici scoperti non in sicurezza» e che «la situazione igienico-sanitaria degli ospiti era anch’essa precaria in quanto la struttura decisamente sovraffollata» e che questo «sovraffollamento causava sporcizia e battibecchi fra i beneficiari». Nel mirino degli inquirenti sono finiti bonifici per 473.000 euro inviati all’estero e l’utilizzo allegro (in ristoranti, hotel e negozi di lusso) di carte di credito e prepagate per quasi 370.000 euro dal 2017 al 2021. Talvolta le carte erano intestate a dei dipendenti, ma i reali utilizzatori erano «i principali indagati». Le ricariche erano effettuate «con causali relative a “progetti”», ma poi le spese effettuate erano voluttuarie. Il gip evidenzia anche il ruolo centrale della Murekatete, la quale, come risulta dalle mail, nel periodo sotto osservazione, «esercita poteri gestori sui dipendenti, autorizza pagamenti […] condiziona e determina in base ai suoi impegni le riunioni del Consiglio di amministrazione della cooperativa».Ma soprattutto «organizza per lei (e chiede la prenotazione dei relativi biglietti) incontri istituzionali finalizzati a trovare nuovi sbocchi lavorativi per la cooperativa». Quali riunioni? Nell’ordinanza si fa riferimento a una in particolare: con il sindaco Giuseppe Sala (che, però, nega l’episodio) e il deputato europeo Pierfrancesco Majorino (all’epoca assessore alle Politiche sociali), entrambi esponenti del Pd. A proposito di quella trasferta la Murekatete, sempre via mail, «comunica che avrà incontri con “vari mondi di Milano”, confermando così - per il gip - anche le funzioni di rappresentanza nei confronti dei terzi che la stessa aveva». L’ex moglie di Mutangana ha spiegato che l’allora marito con i soldi che arrivavano dall’Italia aveva aperto un supermercato e successivamente un ristorante, ma anche una Karibu ruandese. La donna, a verbale, ha dichiarato: «Tale società sarebbe dovuta servire per delle attività di prevenzione e formazione di soggetti provenienti in Ruanda da altre aree critiche dell’Africa, partecipando a bandi sia europei che internazionali. Che io sappia tale società non ha di fatto mai gestito progetti». Il giudice constata che «in effetti la Karibu Rwa, gestita direttamente dal Mutangana è servita per reinvestire il denaro distratto in altre attività imprenditoriali, risultando essere una società di diritto inglese, costituita nel 2010 e avente oggetto sociale escursioni in Ruanda, Uganda, Kenya e Tanzania». Il giudice, per le somme distratte alla Karibu, ha ordinato un sequestro preventivo diretto (quindi solo di denaro) di 1,9 milioni di euro da ricercare nelle casse della stessa cooperativa fallita e in subordine sui conti degli indagati, ma con tetti diversi. Alla Mukamitsindo potrà essere prelevato l’intero importo, a Liliane e al fratello Michel circa 1 milione di euro, a Richard 660.000 euro. Per quanto riguarda l’accusa di autoriciclaggio (relativa ai soldi inviati all’estero) il gip ha disposto un sequestro per equivalente (che può essere soddisfatto anche con beni come auto e appartamenti) da 740.000 euro per la suocera di Soumahoro e il figlio Richard e nei limiti di 285.000 euro per Liliane e Michel. Confische che, però, non dovranno eccedere i circa 2 milioni di cui sopra. Dall’ordinanza emerge, seppur appena accennata, anche un’altra vicenda interessante. A proposito delle esigenze cautelari per la Mukamitsindo si legge: «Continua a rivestire cariche sociali all’interno di soggetti giuridici con finalità non diverse da quelle della Karibu. È presidente del consiglio di amministrazione della Edelweiss con sede in Nola, avente quale “codice principale” quello di “altre attività di assistenza residenziale” e presidente del consiglio di amministrazione della Karibuni Asbl (associazione no profit di diritto belga)».Ed ecco la notizia. In Belgio la suocera di Soumahoro ha fondato nel 2019 la Karibuni, associazione senza fine di lucro, che, da statuto, «si ispira al lavoro» che la Karibu italiana svolge da «diversi anni», nei «settori dell’accoglienza, l’inserimento socioprofessionale e l’accompagnamento delle persone in difficoltà, al fine di aiutarle a prendersi in mano nella nostra società così complessa». Su Facebook si trova ancora una foto della Mukamitsindo con l’europarlamentare Majorino (sempre lui) a Bruxelles dopo «una fruttuosa riunione sul sistema d’accoglienza». Un incontro che, magari, era propedeutico alla nascita della «cugina» belga della Karibu. La quale risulta avere sede, in una palazzina rivestiva di mattoncini rossi, a Ixelles, nella città metropolitana di Bruxelles. Membri fondatori e onorari a vita sono la Mukamitsindo, l’attivista politica Tiffany Djamila Fevery, trentacinquenne cittadina belga di origine magrebina e Henri Désiré N’Zouzi, giornalista cinquantasettenne nato a Ixelles, ma di origine congolese. N’Zouzi, ex ambasciatore, economista e giornalista, è anche cofondatore e vicepresidente del think tank African diaspora network in Europe (Adne) che «promuove il dialogo permanente tra la diaspora africana e le istituzioni europee». Tra i finanziatori citati sul sito di Adne ci sono veri il Dipartimento di Stato americano, la Bill & Melinda Gates foundation, Ey (la ex Enrst & Young), la Ibm, la Mastercard foundation. Dunque la Mukamitsindo era pronta ad allargare i suoi affari oltre confine. Ma poi è arrivato il lockdown e subito dopo le inchieste, che probabilmente hanno azzoppato le mire espansionistiche.
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Donald Trump (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)