2024-02-07
Arrestato il figlio dell’ex ministro Visco
Inchiesta della Procura di Roma per traffico di influenze e corruzione: il rampollo dello storico big ds avrebbe fatto la «cresta» su una consulenza di 230.000 euro affidata a un amico avvocato. Tradito dalle intercettazioni e dalla password del bancomat.Mentre ai tempi di Mimmo Arcuri si indagava sulle presunte anomalie per l’aggiudicazione di un appalto per la fornitura di dispositivi di protezione Covid alla struttura commissariale è saltato fuori uno strano intreccio corruttivo tra personaggi definiti «spregiudicati»: agli arresti domiciliari sono finiti Gabriele Visco, figlio dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo, che, fino a pochi mesi fa, era un dirigente pubblico di Invitalia, Claudio Favellato, un imprenditore di Isernia del settore delle costruzioni, Pierluigi Fioretti, ex consigliere comunale romano di Alleanza nazionale con una lunga carriera nella destra capitolina, e Luca Leone, un avvocato che Visco aveva scelto come consulente e che in realtà, si è scoperto, gli cedeva una parte del suo compenso. Gli arresti sono stati eseguiti ieri dagli investigatori del Nucleo speciale polizia valutaria su richiesta dalla Procura di Roma. I reati ipotizzati sono due: la corruzione e il traffico di influenze. Le esigenze cautelari evidenziate dal gip nell’ordinanza sono legate «alla rete di relazioni e conoscenze intessute da tutti gli indagati in ogni settore, anche politico e istituzionale». E i domiciliari, secondo il gip, sono l’unica misura idonea «a impedire la reiterazione dei reati» ma anche «l’inquinamento probatorio». E questo nonostante Visco, che dal 2007 era dipendente di Invitalia con l’incarico di responsabile degli Investimenti esteri e della Programmazione controllo di innovazione e competitività, sia stato liquidato dall’agenzia nell’aprile dello scorso anno. Secondo l’accusa, Visco avrebbe affidato un incarico di consulenza (per un importo di 230.000 euro) al suo amico avvocato (che si è dimesso prima della scadenza naturale e a indagini in corso). Le prestazioni professionali, però, precisa il gip, sono risultate «inconsistenti» e Visco avrebbe «percepito utilità periodiche come contropartita per la fittizia esecuzione di un contratto da lui stesso voluto, sottoscritto e supervisionato». Dai messaggi Whatsapp è emerso che Visco «gestiva convenzioni presso il ministero dell’Ambiente e, più recentemente, poco prima della sua uscita da Invitalia, era diventato responsabile dell’assistenza tecnica per il commissario dell’Appennino meridionale. L’incarico di consulenza formalmente era stato sottoscritto da Arcuri, ma nella scheda del contratto figura anche Visco tra gli esaminatori. E proprio Visco, sottolineano gli inquirenti, era l’unico a tenere rapporti con il consulente. Gli scambi con l’ufficio sarebbero avvenuti quasi esclusivamente via email. Una pretesa proprio di Visco, stando a quanto ha riferito una funzionaria. La consapevolezza dell’accordo illecito sarebbe anche emerso dalle intercettazioni: «Rischi di andare in galera per una roba del genere», dice una funzionaria riferendosi proprio al rapporto di lavoro con l’avvocato Leone. Che nelle conversazioni negli uffici di Invitalia viene definito «barone» o anche «indifendibile». E a un certo punto, mentre in ufficio parlano del consulente avvocato, esce fuori che quell’incarico sarebbe una «marchetta». Lo stesso Visco a telefono si lascia scappare che il suo uomo «faceva il minimo indispensabile». Da una dipendente si sarebbe fatto dare dei report che poi avrebbe girato all’avvocato Leone che, a sua volta, li trasmetteva all’ufficio come se fosse il suo lavoro. Per questo Invitalia, che ha fatto sapere di essersi messa a disposizione degli inquirenti, «valuterà ogni possibile azione per tutelare la propria posizione di parte lesa». In cambio, l’avvocato Leone avrebbe retrocesso a Visco su una carta di credito di una banca tedesca 27.000 euro in totale, in varie tranche tra i 200 e i 3.400 euro. Gli investigatori sono riusciti a collegare la carta di credito a Visco tramite alcuni accertamenti. I pagamenti sarebbero avvenuti tutti attorno alla sua abitazione, così come i prelievi bancomat. E la password del conto l’ha inchiodato: loulougabriele1, ovvero il nome del cane di Visco, Loulou, e il suo, Gabriele. Una parte dei soldi partiti dalla carta, inoltre, sarebbe finiti proprio sul suo conto corrente personale. È Visco a dire in ufficio che Leone «è uno che garantisce delle relazioni, per quello stava là, poi in realtà faceva poco e nulla». Nessuno immaginava però che parte del compenso di Leone finisse proprio nelle casse di Visco. Il gip ha quindi disposto un sequestro preventivo nei confronti di entrambi per 231.000 euro. E non è finita. Per ottenere una promozione dentro Invitalia Visco junior puntava sul suo presunto sodale Fioretti. Il gip annota infatti che Visco «sentendosi non adeguatamente valorizzato in Invitalia Spa aspira ad una posizione di dirigente apicale» e ottiene da Fioretti, la promessa «di un interessamento da parte sua verso politici di sua conoscenza, vantando quest’ultimo un rapporto con persone che lavorano a fianco del ministro Adolfo Urso (viene fatto il nome di Federico Eichberg o sottosegretari quali il senatore Claudio Barbaro del Mase al fine di fare pressioni sull’Ad Bernardo Mattarella e far ottenere una promozione a Visco)». Del resto, in una conversazione con Fioretti agli atti dell’indagine, Visco junior era stato piuttosto esplicito: «Basta una telefonata a Bernardo». Il gip conclude però che Fioretti cercava anche di «proporre Visco quale capo dipartimento in un ministero, attraverso l’appoggio del viceministro al Mef Maurizio Leo, oppure del capo di Gabinetto del ministro Urso, Federico Eichberg». Per perorare la causa di Visco junior Fioretti si rivolge anche all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, al quale avrebbe chiesto di intercedere con il ministro per il Sud e delle Politiche del Mare (ora Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare), Nello Musumeci nell’ottica di sostenere, sotto il profilo lavorativo, la posizione di alcuni amici di Visco» in organico a quel ministero. Nel corso della conversazione, quando Alemanno chiede a Fioretti spiegazioni, si sente rispondere «quel direttore di Invitalia, quello che mi sta a fa ave’ i soldi». E di soldi ne sarebbero girati. Nelle intercettazioni venivano chiamati «pasta». Ma non è bastato a tenere lontani gli inquirenti.
Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)
Il palazzo dove ha sede Fratelli d'Italia a Parma
Marcello Degni. Nel riquadro, Valeria Franchi (Imagoeconomica)
Giuliano Pisapia, Goffredo Bettini, Emma Bonino e Anna Paola Concia (Ansa)