2024-08-11
L’uso delle «armi difensive» imbarazza Europa, maggioranza e opposizione
Guido Crosetto (Imagoeconomica)
La benedizione Ue all’offensiva apre una crepa tra gli alleati di Kiev. Crosetto: «Così si allontana il cessate il fuoco». Ma il nodo riguarda anche Pd e M5s, divisi sul conflitto.I nodi vengono al pettine a Ferragosto. E sono quelli duri, intricati della guerra in Ucraina dopo la controffensiva dell’esercito di Kiev entrato in territorio russo dentro uno scenario evocativo da brivido; proprio nell’immensa piana di Kursk nell’estate di 81 anni fa avvenne la più grande battaglia di carri armati della Storia tra le forze corazzate naziste e quelle sovietiche. Mentre i reportage e i video documentano gli scontri di questi giorni, a livello diplomatico e politico si riaprono le ferite, si enfatizzano le contraddizioni e le contrapposizioni nell’alleanza Nato, nel governo e nell’opposizione italiani. Un enorme nodo aggrovigliato attorno a una frase ambigua, fondamento dell’appoggio occidentale a Volodymyr Zelensky: «Guerra difensiva».Ora che gli ucraini hanno sfondato copiando la blitzkieg del generale Heinz Guderian, prendono forma cinque quesiti che non possono rimanere senza risposta: chi ha deciso l’escalation? Le armi Nato servono anche per attaccare? Qual è l’obiettivo di tutto questo? L’Europa che benedice l’offensiva ha coinvolto i parlamenti sovrani? Qual è la posizione dell’Italia? In queste ore c’è un distinguo che mostra un certo imbarazzo. È quello evidenziato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Noi non siamo in guerra con la Russia, abbiamo sempre detto che le nostre armi non devono essere utilizzate in territorio russo». Poiché è surreale immaginare un generale ucraino mentre sceglie dal mazzo cannoni e missili «non italiani» per alimentare la controffensiva, il problema si fa concreto. Ieri un portavoce della Commissione Ue alle dirette dipendenze di Ursula von der Leyen si è lasciato scappare: «Gli ucraini hanno la legittimità morale di colpire il nemico ovunque ritengano opportuno». La Casa Bianca ha fatto sapere che lascerà a Kiev commentare l’incursione. Sorpresa vera o sorpresa finta? Il primo a mettere il dito nella piaga è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che di fatto ha preso le distanze dall’entusiasmo di Bruxelles: «Nessun Paese deve invadere un altro Paese. Il nostro tentativo è di dire che deve cessare l’attacco russo e ripristinare le regole del diritto internazionale, non quello di vedere un conflitto che diventa ancora più duro, che si sposta sul territorio russo. Questo allontanerà sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco».Anche sulle armi Crosetto è stato chiaro: nessuna autorizzazione a usarle per offensive in territorio nemico. C’è qualcosa di paradossale in tutto questo, ma tant’è. «Le armi che abbiamo fornito noi possono solo essere utilizzate da un punto di vista difensivo. In questo attacco non ci sono armi italiane». Una posizione difficile da sostenere per due motivi: a) l’Italia non ha mai reso nota la lista delle armi fornite all’Ucraina; b) la semantica («armi difensive») quando non si tratta di fionde non aiuta. A questo punto si fa complicato pensare di non essere in guerra con la Russia, anche perché i raid ucraini arrivano a 300 km dalla capitale, ben oltre i limiti degli «attacchi a corto raggio» ipotizzati dalla Nato. Se una bomba cade su Mosca, che succede? La politica dei due forni crolla a Ferragosto. Ieri Benedetto Della Vedova (+Europa) ha infilato una spina nel fianco del governo e, senza volerlo, della stessa opposizione. «Ancora non abbiamo capito quale sia la posizione dell’esecutivo italiano: se quella di chiarissimo sostegno a Kiev, espressa dal portavoce dell’Unione europea, oppure la confusa ridda di distinguo in cui si sono cimentati Tajani e Crosetto, evidentemente più preoccupati della tenuta della maggioranza che di garantire all’Italia un posizionamento chiaro». Poi ha aggiunto su X: «Se l’Italia, come rischia di apparire dalle parole di Crosetto, dovesse abbandonare la linea fin qui tenuta (e che abbiamo apprezzato) di sostegno all’Ucraina, sarebbe una novità grave che potrebbe aprire una crepa nell’unità europea ed euroatlantica. Ci aspettiamo un chiarimento immediato dalla premier Giorgia Meloni». Il super-nodo arrivato al pettine riguarda anche la sinistra in tutte le sue sfaccettature: il Pd è atlantista, il Movimento 5 Stelle pacifista. Matteo Renzi imbraccia il fucile a tappo, Nicola Fratoianni agita la bandiera arcobaleno. E nella stessa pancia del Nazareno è difficile far collimare il pensiero con l’elmetto di Lorenzo Guerini con i fiori nei cannoni del sacrestano Marco Tarquinio. È ancora il ministro Crosetto a replicare alla provocazione politica: «Leggo commenti di esponenti dell’opposizione che dicono cose opposte. Alcuni accusano di aver fornito aiuti militari che ora vengono usati per attaccare la Russia, mentre altri dicono che non supportiamo abbastanza l’Ucraina. Alleati del campo largo che non solo la pensano in modo totalmente opposto su cosa dovrebbe fare l’Italia ma che dicono l’opposto su ciò che si è fatto». Il nocciolo del problema non si sposta di un millimetro. Sono i limiti delle armi difensive e di chi ci costruisce sopra traballanti filosofie difensive. Il costituzionalista Michele Ainis arriva a teorizzare il paradosso finale: «A questo punto, se vale la teoria dell’aiuto all’aggredito, dovremmo armare Mosca». Non fa caldo solo a Kursk.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)