2022-04-24
Armi all’Ucraina ma non agli Emirati
Nel riquadro, Andrea Costantino
Mentre diamo armamenti a Kiev, resta il divieto di venderli agli emiri, deciso da Luigi Di Maio. Che pesa anche sui cittadini italiani, come Andrea Costantino, recluso ad Abu Dhabi dal 2021.Mentre l’Italia continua a inviare armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa, in altre parti del mondo il nostro Paese fa i conti con una politica schizofrenica tenuta sugli armamenti negli ultimi anni. A quanto risulta alla Verità, infatti, negli anni precedenti l’invasione della Russia, l’Uama (l’ufficio misto all’interno del Maeci che rilascia autorizzazioni e licenze per l’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamenti) aveva vietato ad alcune aziende della difesa italiane di esportare armi a Kiev. Ora la situazione si è capovolta. Ma ancora più assurda è il caso degli Emirati Arabi Uniti, inseriti dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, tra i Paesi sotto embargo lo scorso anno per la guerra in Yemen. Aver bloccato l’esportazione di una parte di materiale bellico non è servita poi a molto. La decisione è stata tardiva, il conflitto va avanti da anni e Abu Dhabi ha un ruolo sempre più marginale rispetto all’Arabia Saudita. I rapporti bilaterali tra Roma e gli emiri restano ancora molto tesi. L’unico spiraglio di luce ci fu dopo il colloquio telefonico di novembre tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il principe ereditario Mohammed Bin Zayed Al Nahyan. Poi non c’è stato più nulla. E in questo silenzio diplomatico a farne le spese sono sempre gli imprenditori italiani che vivono da quelle parti. È il caso di Andrea Costantino, ormai rinchiuso in carcere ad Abu Dhabi da più di un anno. La situazione è ormai drammatica. Il trader di Milano è stato trasferito pochi giorni fa in un seminterrato del carcere in pessime condizioni igieniche. È stato morso ad un piede da un topo e si trova sotto antibiotici. Continua a dimagrire, dopo aver perso già 30 chili da quando entrò nel marzo del 2021. La Farnesina continua a sostenere di «seguire la situazione», anche tramite l’ambasciatore Nicola Lener, ma non si vedono spiragli di risoluzione di una detenzione totalmente ingiustificata. Del resto basta leggere la memoria difensiva compilata dall’avvocato emiratino di Costantino, per capire che l’impianto dell’accusa non ha alcuna veridicità. Anzi, dalle 42 pagine si capisce perfettamente come l’intero caso sia stato inventato, probabilmente per attivare nuovi canali diplomatici tra il principe Mohammed bin Zayed e il nostro Paese. Non sono mai stati presentati documenti a sostegno delle accuse. La memoria evidenzia inoltre come il caso nasca da un report di una fantomatica «intelligence amichevole», le cui fonti sono altrettanto fantomatiche, dove non vengono indicate prove e per di più lo stesso report dei servizi segreti non viene nemmeno allegato a supporto delle tesi accusatorie. Non è chiaro nemmeno se esista o no. Per di più le cifre contenute nel documento sono facilmente confutabili. Si parla di transazioni finanziarie di 123,6 milioni di Dirham a favore dello Yemen, ma la vendita dei due carichi di gasolio conclusa dall’azienda di Costantino con la compagnia petrolifera nazionale yemenita ammontava a circa 52 milioni di dirham, ricevuti in chiaro. Si tratta di denaro depositato sul conto corrente dell’imprenditore milanese, sostenuto da documenti bancari e di antiriciclaggio. Per di più il testimone dell’accusa che ha esaminato tutte le transazioni bancarie, ha dichiarato che non ha rilevato transazioni sospette e che l’unico suspicious report che risaliva al 2017, cioè all’epoca delle legittime cessioni di gasolio allo Yemen, dopo una attenta disamina fu archiviato dalla Banca centrale senza alcun deferimento alla Procura. Si parla di storie ormai di cinque anni fa. Oltre alla tragica situazione di Costantino, che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva annunciato di voler risolvere, a farne le spese è anche il nostro comparto industriale per la difesa. In un Paese dove la presenza italiana era ben consolidata nelle tre forze armate, ora solo qualche programma sul navale sta andando avanti grazie al lavoro fatto in passato, approfittando talvolta dei divieti all’esportazione che hanno altri Paesi. In aggiunta, recentemente i cinesi hanno piazzato il loro aereo d’addestramentomilitare L15 facendo verosimilmente tramontare definitivamente la possibilità di acquisizione del M346 della Alenia Aermacchi. Purtroppo, dopo l’annuncio delle collaborazioni di Fincantieri con Mubadala del dicembre scorso non c’è stato alcun seguito. Mubadala per di più è anche coinvolta indirettamente nell’acquisto del Milan, in quanto azionista del fondo del Bahrain Investcorps.
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