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2023-04-25
Arbitri stizziti per la grazia a Lukaku: «Cartellini sempre a chi fa come lui»
Romelu Lukaku (Ansa)
Il buonismo del calcio italiano s’infila in un vicolo cieco chiamato Romelu Lukaku. La grazia concessa al centravanti dell’Inter, che aveva zittito il pubblico juventino dopo aver trasformato il rigore del pareggio, pare che non sia destinata a fare scuola. Il presidente degli arbitri, Carlo Pacifici, ieri ha spiegato che gli insulti razzisti subiti in precedenza non contano: il giocatore che va sotto la curva avversaria a provocare i tifosi sarà ammonito, come da regolamento. Forse a questo punto converrebbe avere il coraggio di cambiare le regole, oppure dovremo assistere ad altri interventi straordinari del presidente della Figc Gabriele Gravina di fronte a casi simili. E comunque, se si voleva la conferma che non è con la fuffa zuccherosa dei Gravina che si risolve il problema del razzismo negli stadi, ecco che ieri si è mossa la Questura di Torino, che ha annunciato ben 171 Daspo nei confronti di tifosi della Juventus per i cori razzisti durante la semifinale di andata di Coppa Italia.
Lo strappo di Gravina era stato uno spot a costo zero, almeno nelle intenzioni del presidente della Federazione, sul fronte della lotta al razzismo. Dopo il gol del pareggio, Lukaku si era rivolto ai tifosi della Juve, che lo avevano insultato per tutta la partita con cori razzisti, portandosi il dito indice alla bocca. Una provocazione esplicitamente vietata dal regolamento di gioco e che ha portato l’arbitro Davide Massa a estrarre il cartellino giallo e poi a espellere il campione belga per doppia ammonizione. Il tutto con l’effetto di produrre anche la squalifica di una giornata da scontare nella gara di ritorno, prevista a Milano per domani. Qui ha ritenuto di intervenire il presidente Gravina, che ha tolto la squalifica a Lukaku usando un potere di grazia «in via eccezionale e straordinaria». Le motivazioni sono contenute in una nota ufficiale della Figc: «È emerso in maniera inequivocabile dalla relazione della procura federale che il suddetto calciatore è stato fatto oggetto, in più occasioni, di gravi, ripetute e deprecabili manifestazioni di odio e discriminazione razziale tali da poter giustificare comportamenti formalmente non regolamentari e come tali valutati dal direttore di gara». Non solo, ma l’idea di graziare Lukaku è stata presa con un preciso intento politico, «ritenuto che il principio della lotta ad ogni forma di razzismo costituisce uno dei principi fondanti dell’ordinamento sportivo, nella sua dimensione internazionale e nazionale». Bellissime parole, per carità. Peccato che con questa decisione si è consentito a un tesserato di violare le regole e di farla franca poiché è un giocatore di colore, il che è una forma di razzismo involontario. Senza contare il fatto che adesso bisognerà vedere come si comporterà la Figc in casi simili che riguardassero giocatori slavi, chiamati «zingari», o napoletani, chiamati «terroni» e via insultando. Di sicuro, gli arbitri non sembrano al momento disposti a far finta di niente, a meno di eccessi di zelo. Ieri il nuovo presidente dell’Aia, Carlo Pacifici, ha escluso che d’ora in poi ci siano valutazioni accondiscendenti nei confronti di esultanze polemiche alla Lukaku. «La grazia è una prerogativa del presidente federale. Da parte nostra non cambia nulla, continueremo a prendere le decisioni secondo quelle che sono le regole in atto e chi andrà a zittire il pubblico dopo esser stato insultato sarà ammonito, come prevede il regolamento».
A parte il fatto che i giocatori sono pagati profumatamente anche per essere dei professionisti capaci di alzare le spalle di fronte agli insulti, senza scatenare risse e violenze, resta il fatto che la decisione di Gravina è un precedente che peserà e purtroppo non servirà molto tempo per vedere se il giochetto della grazia verrà applicato a tutti i calciatori che provocano il pubblico dopo esser stati insultati. A voler entrare nella logica del presidente, forse tanto varrebbe avere il coraggio di cambiare il regolamento e introdurre una specie di scriminante per il giocatore insultato. Sarebbe sempre un rimedio vuoto e un po’ ipocrita, ma almeno sarebbe più equo perché varrebbe per tutti. Gravina però, su Lukaku voleva dare un segnale forte anche a livello internazionale e forse sulla grazia-spot ha pesato anche la candidatura dell’Italia a ospitare gli Euro 2032. Chi invece ha badato al sodo è la Questura di Torino, che per i fatti della sera del 4 aprile punirà cori razzisti e ululati juventini con 171 Daspo, in gran parte diretti a tifosi che erano nel primo anello della Curva Sud. Sono in corso accertamenti anche sui tifosi dell’Inter che hanno intonato un coro «Liverpool, Liverpool» con riferimento alla tragedia dell’Heysel. In attesa del prossimo caso Lukaku (e di come verrà trattato), va segnalato un altro problema non da poco.
Domani sera c’è la partita di ritorno a San Siro contro la Juventus e se il centravanti in campo per grazia presidenziale dovesse segnare, e magari risultare decisivo per il passaggio del turno, chissà che cosa direbbero i sostenitori bianconeri. C’è solo da sperare che Lukaku non faccia altri gesti.
Lega divisa: la radio sul calcio a Rds
Il nome era dato per scontato: inizialmente nella gara per affiancare la Serie A nella realizzazione del nuovo canale radio c’erano tre gruppi: Rtl (edita da Rtl 102.5 Hit Radio) Rds (Radio Dimensione Suono) e il gruppo Triboo (editore fra l’altro di Radio Nerazzurra). Poi, dopo un primo processo di selezione i partner in corsa sono rimasti due: Rds e Triboo. E alla fine, come ampiamente previsto, ha prevalso la prima. Non altrettanto scontato però era lo schieramento delle squadre, soprattutto top, della massima serie del campionato di calcio. Avrebbero detto sì al progetto? La divisione, nell’aria da tempo, ha portato, secondo quanto risulta alla Verità al voto contrario di alcune big. Tra queste in particolare Roma, Milan, Fiorentina, Juve e Napoli. Se si va a vedere la classifica a oggi: prima, terza, quarta e quinta del campionato. Ma quella della radio non era l’unica decisione da prendere. L’altro piatto forte dell’assemblea riguardava infatti il tema dei fondi e delle banche. In ballo ci sono una decina di offerte che variano molto sia per l’entità economica che per la struttura. Da una parte quelle dei fondi: si sono già mossi i private equity come Apollo, Apax, Carlyle, Three Hills Capital Partners, Searchlight e buon ultimo Oaktree (che ha giù un prestito in ballo con l’Inter) che secondo quanto riferito dalla Reuters ha messo sul piatto 1,75 miliardi di dollari per il 5% della newco. Dall’altra ci sono le banche Citi, Goldman Sachs, JPMorgan, Barclays e Jefferies. I primi chiederebbero di avere un ruolo anche nella futura governance dei diritti televisivi, le seconde invece sarebbero attive con un ruolo solo finanziario. La Lega ha deciso di nominare con un processo ben definito una società esterna con il compito di valutare queste offerte. Ieri, infatti, c’è stata la prima scrematura rispetto alle proposte di 10 advisor chiamati in causa. Nella short list sono rimasti in sei: Citi, Lazard, Rothschild, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Center View Partners. Il 5 maggio in occasione della prossima assemblea in presenza verrà scelta la società che avrà quindi il compito di valutare quanto messo sul piatto da fondi e banche. L’obiettivo comunque è quello di racimolare almeno 1 miliardo all’anno dai diritti interni per la serie A. E uno dei progetti è quello che cosiddetto «bando matrioska»: sia Sky sia Dazn potrebbero così trasmettere quasi tutte le partite in co-esclusiva. Si ipotizza: nove incontri su 10 tra le due piattaforme per ciascuna giornata di campionato con l’utente finale che deciderà a quale piattaforma abbonarsi. In questo modo resterebbe in ballo la decima partita che andrà comunque su una emittente diversa: in ballo ci sarebbero Mediaset e Amazon. Ma siamo solo alle battute iniziali di una partita che promette scintille e sorprese.
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Il provvedimento spot sull’antirazzismo della Figc ha creato un precedente pericoloso e i fischietti lo dicono chiaro: «C’è un regolamento». Il belga domani in campo contro la Juve, Daspo per 171 ultrà che lo offesero. Roma, Milan, Fiorentina, Juve e Napoli votano contro la decisione dell’assemblea Citi, Lazard, Rothschild e Goldman nella lista dei sei per valutare le offerte dei fondi. Lo speciale contiene due articoli. Il buonismo del calcio italiano s’infila in un vicolo cieco chiamato Romelu Lukaku. La grazia concessa al centravanti dell’Inter, che aveva zittito il pubblico juventino dopo aver trasformato il rigore del pareggio, pare che non sia destinata a fare scuola. Il presidente degli arbitri, Carlo Pacifici, ieri ha spiegato che gli insulti razzisti subiti in precedenza non contano: il giocatore che va sotto la curva avversaria a provocare i tifosi sarà ammonito, come da regolamento. Forse a questo punto converrebbe avere il coraggio di cambiare le regole, oppure dovremo assistere ad altri interventi straordinari del presidente della Figc Gabriele Gravina di fronte a casi simili. E comunque, se si voleva la conferma che non è con la fuffa zuccherosa dei Gravina che si risolve il problema del razzismo negli stadi, ecco che ieri si è mossa la Questura di Torino, che ha annunciato ben 171 Daspo nei confronti di tifosi della Juventus per i cori razzisti durante la semifinale di andata di Coppa Italia. Lo strappo di Gravina era stato uno spot a costo zero, almeno nelle intenzioni del presidente della Federazione, sul fronte della lotta al razzismo. Dopo il gol del pareggio, Lukaku si era rivolto ai tifosi della Juve, che lo avevano insultato per tutta la partita con cori razzisti, portandosi il dito indice alla bocca. Una provocazione esplicitamente vietata dal regolamento di gioco e che ha portato l’arbitro Davide Massa a estrarre il cartellino giallo e poi a espellere il campione belga per doppia ammonizione. Il tutto con l’effetto di produrre anche la squalifica di una giornata da scontare nella gara di ritorno, prevista a Milano per domani. Qui ha ritenuto di intervenire il presidente Gravina, che ha tolto la squalifica a Lukaku usando un potere di grazia «in via eccezionale e straordinaria». Le motivazioni sono contenute in una nota ufficiale della Figc: «È emerso in maniera inequivocabile dalla relazione della procura federale che il suddetto calciatore è stato fatto oggetto, in più occasioni, di gravi, ripetute e deprecabili manifestazioni di odio e discriminazione razziale tali da poter giustificare comportamenti formalmente non regolamentari e come tali valutati dal direttore di gara». Non solo, ma l’idea di graziare Lukaku è stata presa con un preciso intento politico, «ritenuto che il principio della lotta ad ogni forma di razzismo costituisce uno dei principi fondanti dell’ordinamento sportivo, nella sua dimensione internazionale e nazionale». Bellissime parole, per carità. Peccato che con questa decisione si è consentito a un tesserato di violare le regole e di farla franca poiché è un giocatore di colore, il che è una forma di razzismo involontario. Senza contare il fatto che adesso bisognerà vedere come si comporterà la Figc in casi simili che riguardassero giocatori slavi, chiamati «zingari», o napoletani, chiamati «terroni» e via insultando. Di sicuro, gli arbitri non sembrano al momento disposti a far finta di niente, a meno di eccessi di zelo. Ieri il nuovo presidente dell’Aia, Carlo Pacifici, ha escluso che d’ora in poi ci siano valutazioni accondiscendenti nei confronti di esultanze polemiche alla Lukaku. «La grazia è una prerogativa del presidente federale. Da parte nostra non cambia nulla, continueremo a prendere le decisioni secondo quelle che sono le regole in atto e chi andrà a zittire il pubblico dopo esser stato insultato sarà ammonito, come prevede il regolamento». A parte il fatto che i giocatori sono pagati profumatamente anche per essere dei professionisti capaci di alzare le spalle di fronte agli insulti, senza scatenare risse e violenze, resta il fatto che la decisione di Gravina è un precedente che peserà e purtroppo non servirà molto tempo per vedere se il giochetto della grazia verrà applicato a tutti i calciatori che provocano il pubblico dopo esser stati insultati. A voler entrare nella logica del presidente, forse tanto varrebbe avere il coraggio di cambiare il regolamento e introdurre una specie di scriminante per il giocatore insultato. Sarebbe sempre un rimedio vuoto e un po’ ipocrita, ma almeno sarebbe più equo perché varrebbe per tutti. Gravina però, su Lukaku voleva dare un segnale forte anche a livello internazionale e forse sulla grazia-spot ha pesato anche la candidatura dell’Italia a ospitare gli Euro 2032. Chi invece ha badato al sodo è la Questura di Torino, che per i fatti della sera del 4 aprile punirà cori razzisti e ululati juventini con 171 Daspo, in gran parte diretti a tifosi che erano nel primo anello della Curva Sud. Sono in corso accertamenti anche sui tifosi dell’Inter che hanno intonato un coro «Liverpool, Liverpool» con riferimento alla tragedia dell’Heysel. In attesa del prossimo caso Lukaku (e di come verrà trattato), va segnalato un altro problema non da poco. Domani sera c’è la partita di ritorno a San Siro contro la Juventus e se il centravanti in campo per grazia presidenziale dovesse segnare, e magari risultare decisivo per il passaggio del turno, chissà che cosa direbbero i sostenitori bianconeri. C’è solo da sperare che Lukaku non faccia altri gesti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arbitri-stizziti-per-grazia-lukaku-2659905532.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lega-divisa-la-radio-sul-calcio-a-rds" data-post-id="2659905532" data-published-at="1682418498" data-use-pagination="False"> Lega divisa: la radio sul calcio a Rds Il nome era dato per scontato: inizialmente nella gara per affiancare la Serie A nella realizzazione del nuovo canale radio c’erano tre gruppi: Rtl (edita da Rtl 102.5 Hit Radio) Rds (Radio Dimensione Suono) e il gruppo Triboo (editore fra l’altro di Radio Nerazzurra). Poi, dopo un primo processo di selezione i partner in corsa sono rimasti due: Rds e Triboo. E alla fine, come ampiamente previsto, ha prevalso la prima. Non altrettanto scontato però era lo schieramento delle squadre, soprattutto top, della massima serie del campionato di calcio. Avrebbero detto sì al progetto? La divisione, nell’aria da tempo, ha portato, secondo quanto risulta alla Verità al voto contrario di alcune big. Tra queste in particolare Roma, Milan, Fiorentina, Juve e Napoli. Se si va a vedere la classifica a oggi: prima, terza, quarta e quinta del campionato. Ma quella della radio non era l’unica decisione da prendere. L’altro piatto forte dell’assemblea riguardava infatti il tema dei fondi e delle banche. In ballo ci sono una decina di offerte che variano molto sia per l’entità economica che per la struttura. Da una parte quelle dei fondi: si sono già mossi i private equity come Apollo, Apax, Carlyle, Three Hills Capital Partners, Searchlight e buon ultimo Oaktree (che ha giù un prestito in ballo con l’Inter) che secondo quanto riferito dalla Reuters ha messo sul piatto 1,75 miliardi di dollari per il 5% della newco. Dall’altra ci sono le banche Citi, Goldman Sachs, JPMorgan, Barclays e Jefferies. I primi chiederebbero di avere un ruolo anche nella futura governance dei diritti televisivi, le seconde invece sarebbero attive con un ruolo solo finanziario. La Lega ha deciso di nominare con un processo ben definito una società esterna con il compito di valutare queste offerte. Ieri, infatti, c’è stata la prima scrematura rispetto alle proposte di 10 advisor chiamati in causa. Nella short list sono rimasti in sei: Citi, Lazard, Rothschild, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Center View Partners. Il 5 maggio in occasione della prossima assemblea in presenza verrà scelta la società che avrà quindi il compito di valutare quanto messo sul piatto da fondi e banche. L’obiettivo comunque è quello di racimolare almeno 1 miliardo all’anno dai diritti interni per la serie A. E uno dei progetti è quello che cosiddetto «bando matrioska»: sia Sky sia Dazn potrebbero così trasmettere quasi tutte le partite in co-esclusiva. Si ipotizza: nove incontri su 10 tra le due piattaforme per ciascuna giornata di campionato con l’utente finale che deciderà a quale piattaforma abbonarsi. In questo modo resterebbe in ballo la decima partita che andrà comunque su una emittente diversa: in ballo ci sarebbero Mediaset e Amazon. Ma siamo solo alle battute iniziali di una partita che promette scintille e sorprese.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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