Recuperare crediti o un immobile da una procedura fallimentare non è affare semplice. Di tutte le procedure fallimentari aperte nel 2018 solo il 2,3% sono state chiuse lo stesso anno. In sostanza, solo un creditore su 50 ha la fortuna di risolvere in 12 mesi una vertenza fallimentare.
Recuperare crediti o un immobile da una procedura fallimentare non è affare semplice. Di tutte le procedure fallimentari aperte nel 2018 solo il 2,3% sono state chiuse lo stesso anno. In sostanza, solo un creditore su 50 ha la fortuna di risolvere in 12 mesi una vertenza fallimentare.Se dovete recuperare dei crediti o un immobile da una procedura fallimentare, a Messina mettetevi l'anima in pace. Cause che finiscono oggi sono iniziate quando al governo c'era Giuliano Amato, Baggio giocava ancora a pallone e al cinema erano appena usciti il primo Harry Potter e La compagnia dell'anello. Cioè: 18 anni e 5 mesi fa. Messina non è l'Italia, d'accordo, ma anche la media nazionale non è male: chi, giustamente, rivendica un pagamento deve aspettare per 7,1 anni e questo significa che i creditori delle procedure fallimentari in corso potrebbero fallire a loro volta prima di ottenere i soldi. Esagerato?Di tutte le procedure fallimentari aperte nel 2018 solo il 2,3% sono state chiuse lo stesso anno. In sostanza, solo 1 creditore su 50 ha la fortuna di risolvere in 12 mesi una vertenza fallimentare mentre il 12,1% è costretto ad aspettare da 18 anni. E questi sono i dati nazionali. Perché la situazione nelle Regioni è assurda. Vedi l'Umbria: il 75,7% dei procedimenti aperti tra 2010 e 2018 è ancora pendente. Per di più Spoleto è peggiore tribunale d'Italia perché lì i processi pendenti sono il 79,8%. In Molise si aspettano mediamente 12,5 anni, in Sicilia 12. La regione migliore è il Trentino Alto-Adige con 5,2 anni di attesa. Per quanto riguarda i singoli tribunali, invece, il migliore del 2018 è invece quello di Crotone (3,8 anni), seguito da Bolzano, Gorizia e Como (4,1 anni). A Ferrara la minor percentuale di procedure pendenti: 23,4%. Tra i peggiori, dopo quello di Messina, ce n'è uno della stessa provincia: a Barcellona Pozzo di Gotto bisogna aspettare di norma 17,5 anni.Certo, ci sono anche dati positivi: nel 2018 i tribunali fallimentari hanno chiuso il 2,8% dei procedimenti in più rispetto al 2017; l'anno scorso i tempi di chiusura di un fallimento sono calati di 4 mesi rispetto al 2017 e dal 2016 il numero di procedure chiuse supera quello dei nuovi fallimenti (merito della piccola ripresa economica). Ma le buone notizie finiscono qui.Se i tribunali fallimentari sono un disastro, quelli civili sono allo sfascio. Per una sentenza della Cassazione servono 2.949 giorni, cioè poco meno di otto anni suddivisi in: 514 giorni per il primo grado, 993 per l'appello e 1.442 per la Cassazione. Per dare un'idea basti dire che la durata media di un processo civile nei 47 Paesi del Consiglio d'Europa è di 715 giorni. Un quarto rispetto a noi.E non è che i politici non lo sappiano. Le hanno provate tutte (o quasi) per accorciare i tempi. Il provvedimento che si credeva risolutivo risale al 2001 quando venne approvata la cosiddetta "legge Pinto" dal nome del senatore prodiano che la propose. La "legge Pinto" impone un risarcimento alle persone coinvolte in processi che durano più di 6 anni. In pratica un processo in primo grado non può durare più di 3 anni, uno di secondo grado 2 anni e in Cassazione non può restare fermo più di un anno. Superati questi tempi scatta il diritto a una somma di denaro, minimo 400 e massimo 800 euro per ogni anno in più. Pensate che abbia risolto qualcosa? No, ha solo aumentato gli esborsi da parte dello Stato: oggi processi a rischio risarcimento sono 607.233. Visti i precedenti la riforma della giustizia del ministro Bonafede, approvato in Consiglio dei ministri "salvo intese", è già bruciata in partenza. Anche Bonafede vuole ridurre i tempi del processo a un massimo di sei anni. Proprio come Pinto. Con la differenza che il prodiano impose una multa a carico dello Stato, Bonafede, invece, pensa di riuscirci snellendo le procedure.
Friedrich Merz (Ansa)
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Ansa
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(IStock)
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