
La studentessa di 19 anni è stata aggredita a Macerata, la città dove Pamela fu fatta a pezzi e il questore è minacciato di morte.Si è appostato all'una mezza della notte in un vicolo a due passi dal Duomo, le è saltato addosso da dietro, le ha tappato la bocca e le ha urlato: «Dobbiamo scopare» cercando di trascinarla in un androne mentre la palpava ovunque tentando di strapparle il piumino e il maglione. La ragazza, 19 anni appena, primo anno di università tornata a casa per le vacanze, stavolta ha avuto la forza di reagire ed è riuscita a fuggire. Ha gridato così forte e ha cercato di morderlo che l'aggressore ha esitato. Un secondo e lei è riuscita a liberarsi e correre a perdifiato fino a casa, cento metri più oltre in via Don Minzoni.Ha chiamato la Polizia prima di sprofondare in uno stato di shock da cui nonostante le cure non si è ancora ripresa. Ora l'aggressore è in carcere a Montacuto con l'accusa di tentato stupro. Non siamo in una grande città; ancora una volta siamo a Macerata, 40.000 abitanti, nel centro storico, dove la scorsa notte è avvenuta l'aggressione, meno di seimila. È altro sale che si sparge su una ferita mai rimarginata: l'orribile fine, due anni fa, di Pamela Mastropietro, la diciottenne romana stuprata e fatta a pezzi dal nigeriano Innocent Oseghale che sta scontando l'ergastolo. Stavolta le manette le hanno messe a un marocchino, 33 anni. La polizia ha fornito solo le iniziali: H. A. Ma ha detto qualcosa di assolutamente inquietante: il nordafricano era uscito da Sollicciano, il carcere fiorentino, da appena tre giorni. Lo avevano arrestato per spaccio. Senza fissa dimora, uscito di galera era arrivato a Macerata. E la domanda è: perché proprio qui? Su questo il Questore Antonio Pignataro - che nel periodo di Natale ha raddoppiato la vigilanza sul territorio consentendo l'arresto immediato dell'aggressore - ha chiesto ai suoi uomini di indagare a fondo. Possibile che a Macerata oltre al covo degli spacciatori nigeriani e nordafricani ci sia una rete di «solidarietà» criminale? Di questo Pignataro è convinto e per questo rischia. A pochi passi da dove si è compiuta l'aggressione campeggia ancora una scritta che il Comune, a giunta Pd, fa fatica a cancellare: «Pignataro muori». Da due anni, dal suo arrivo quindici giorni dopo l'uccisione di Pamela, Pignataro è bersaglio di minacce; anche di morte. Ha ricevuto a parole la solidarietà anche del sindaco Romano Carancini (un pd duro e puro che però ultimamente è stato scaricato anche dal partito) che peraltro è stato accomunato al Questore in alcuni manifestini, ma nei fatti Pignataro è stato isolato dalla maggioranza politica di sinistra perché con la sua azione ha rotto l'incantesimo della cittadina tranquilla, governata dal Pd dove l'accoglienza ai migranti è un «valore». Per qualcuno in questa città l'accoglienza si è trasformata in tanto denaro contante e le inchieste del Questore hanno disturbato il «mercato». Certo l'immagine della città ben governata è andata in frantumi perché Pignataro ha fatto centinaia di arresti soprattutto tra i nigeriani, i pakistani e i magrebini e sequestrato quintali di droga. La verità che emerge dalle azioni della Polizia e dei Carabinieri è che Macerata è un centro di spaccio: la provincia è peraltro la terza in Italia per reati di droga. Più volte - dopo il raid di Luca Traini, condannato a 12 anni per strage, che per vendicare la diciottenne romana uccisa ha sparato contro sei persone di colore, tre delle quali poi arrestate per droga - si è affermato che qui opera la mafia nigeriana anche se il procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio ha sempre smentito questa ipotesi. Sta di fatto che le organizzazioni di spaccio a Macerata ci sono e sono fortissime. È probabilmente per questo motivo che A.H. è venuto a rifugiarsi qua. Su questa ipotesi lavora Maria Raffaella Abbate, capo della Mobile, mentre la città torna a dividersi tra chi dice basta all'immigrazione incontrollata e chi continua a parlare di allarme costruito ad arte dai «fascisti», ricordando che la Lega è passata dal 4 al 38% dei voti. Resta il fatto però che a dieci chilometri da qui c'è l'hotel house, il megacondominio dove vivono in 3.000 di 34 etnie diverse, dove è stato scoperto un cimitero clandestino e ogni giorno ci sono arresti per droga. Resta il fatto che a Macerata ci sono strade dove è meglio non entrare: sono il regno degli spacciatori e degli sfruttatori delle prostitute nigeriane. Sono le strade del centro ormai spopolato dove una ragazza di 19 anni ha rischiato di essere violentata da un avanzo di galera in una città che minaccia il Questore e chiede sui social comprensione per i clandestini.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





