2025-08-06
Spaccio, condannato colombiano in affido al giudice pro migranti
Iolanda Apostolico alla manifestazione nel 2018 per lo sbarco dei migranti dalla Diciotti (Ansa)
Uno dei «figli adottivi» stranieri della Apostolico aveva 357 grammi di marijuana, 14 di coca e 94 di hashish: ha beccato 1 anno e 11 mesi, scampando la galera per un mese. Il magistrato che manifestò contro Salvini e per primo disapplicò il decreto Cutro ha un terzo rampollo: pure lui processato e salvato dalla sua testimonianza.«Scusi, lei spaccia?», chiese Matteo Salvini al citofono di un pusher del quartiere Pilastro di Bologna. Chissà come sarebbe piaciuto al leader del Carroccio rifare oggi, in versione speciale, quel siparietto sotto la casa della ex giudice Iolanda Apostolico, 61 anni, tre figli, originaria di Cassino ma da oltre 20 anni a Catania. Proprio a Catania, il 17 luglio scorso, la polizia effettua un arresto per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio. Gli agenti dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico sono in piazza Manganelli, pieno centro. Poco dopo le 16 controllano un giovanotto: Luis Ocoro Vinasco, classe 2001, residente a Catania, ma nato in Colombia, figlio affidatario della giudice Apostolico. Saltano fuori 350 grammi di marijuana, 14 di coca e 94 di hashish. Oltre a 655 euro in contanti. Un bazar da manuale. Il genere di sequestro che nelle conferenze stampa viene messo in bella mostra accanto al metro graduato e alla bilancia di precisione. Ma che questa volta passa sotto silenzio. Il pm di turno dispone gli arresti domiciliari, a casa della mamma affidataria (dove il ragazzo ha eletto domicilio), in attesa della direttissima. Il 18 luglio Vinasco è davanti al giudice, in Tribunale a Catania. Dove rimedia una condanna a 1 anno e 11 mesi, giusto un mese in più e la pena non gli sarebbe stata sospesa. Questione di millimetri, come al fotofinish. Lì un tempo la Apostolico vergava ordinanze e sentenze a tema immigrazione. Fu la prima toga a disapplicare il decreto Cutro, bollandolo come «incompatibile con le norme Ue» e «non in linea con i principi della Costituzione». E, con un colpo di penna, quello che lei definisce atto giurisdizionale e altri chiamano scelta politica travestita, il 3 settembre 2023, liberò tre tunisini trattenuti nel Cpr di Pozzallo. Nel giro di 72 ore Matteo Salvini pesca dagli archivi un video del 25 agosto 2018 (all’epoca era ministro dell’Interno): porto di Catania, nave Diciotti bloccata, folla che urla «assassini» e «animali» alla polizia. In mezzo alla mischia c’è proprio la giudice Apostolico. Non un grande spot per l’immagine di imparzialità. «Scandaloso», scrive sui social Salvini. E rincara: accanto a lei, il compagno, Massimo Mingrino, funzionario del palazzo di giustizia, «pubblicamente schierato contro la Lega». Mingrino sui social non ha mai fatto mistero di guardare con simpatia alle posizioni di Potere al popolo. E quando si tratta di politiche sull’immigrazione non fa sconti a nessuno: bastona la destra, ma anche i governi di centrosinistra. «Minniti, Salvini, Lamorgese», posta il 4 aprile del 2021, «una sequenza senza interruzione. Istituzioni che lasciano crepare centinaia, migliaia di persone in mare, mentre le imbarcazioni della nostra Guardia costiera languono nei porti, spesso e volentieri con i motori accesi. Potrebbero salvare centinaia di vite ogni giorno». Ma bastò scorrere la sua timeline per trovare un altro post: «’fanculo Salvini». E sotto, per coerenza coniugale, il like della moglie. Lei tace anche in pubblico: «Sono al lavoro». Ma ai colleghi racconta un’altra storia: era lì per evitare scontri tra polizia e manifestanti, in maggioranza cattolici, con una spruzzata di sinistra. La bufera approda al Csm: 13 consiglieri togati chiedono una pratica a sua tutela per la «grave delegittimazione professionale». Magistratura Indipendente si sfila: «Non facciamo politica». Ma Apostolico non è una neofita della giustizia. Nel 2021 sul Bollettino ufficiale del ministero della Giustizia viene annotato che «ha superato la quinta valutazione di professionalità». Una verifica del Csm che, ogni quattro anni, mira ad accertare l’indipendenza, l’imparzialità, la capacità, l’impegno, la diligenza e la laboriosità del magistrato. Tutti requisiti che la legge vuole separati dalle simpatie personali, anche se queste finiscono in video virali. La Apostolico, nel 2021, quindi, indossava la toga già da una ventina d’anni. Due gli uffici principali che l’hanno vista protagonista a Catania: il Tribunale del Riesame, il collegio delle misure di prevenzione e, infine, il gruppo specializzato in diritti della persona e immigrazione. Prima sezione civile. Dove finiscono i provvedimenti di trattenimento o di espulsione da convalidare. Non è mai stata iscritta alle correnti della magistratura, e ci tiene a sottolinearlo. Ma dopo il caso Cutro, il suo profilo Facebook diventa invisibile: un’operazione di pulizia preventiva. Che sulla stampa finisce quasi in coincidenza con un’altra storia. Il figlio, Francesco Moffa, nel 2019 partecipa a una contromanifestazione dei centri sociali a Padova contro un corteo antiabortista di Forza nuova. Gli scontri degenerano, volano pugni (anche contro gli scudi della polizia), restano a terra dei feriti. Moffa viene accusato di resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Il 25 ottobre 2022, in aula, tra i testimoni c’è anche lei: Iolanda Apostolico. Non come giudice, ma come madre. Racconta che il figlio le aveva telefonato subito dopo la manifestazione, denunciando la violenza della polizia. Le aveva mostrato un video con un ematoma alla gamba e i jeans di un’amica intrisi di sangue. Il giudice monocratico di Padova le crede e, nel febbraio 2023, assolve 13 imputati su 14. Lei matura la decisione di lasciare la toga. E quasi un anno dopo, il 4 dicembre 2024, il Plenum del Csm chiude la partita: le dimissioni della giudice Apostolico vengono accolte, con effetto dal 15 dicembre. Una sola astensione. Fine carriera.
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(Totaleu)
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