2024-12-30
Antonio Noto: «Fdi e Pd promossi, Grillo bruciato»
Il sondaggista: «Il partito della Meloni è cresciuto per tutto il 2024, eppure solo il 7% degli italiani si dice di destra. Schlein si limita a pescare nel suo bacino elettorale. Nel 2025 la partita del consenso si giocherà sulla sanit໫Promossi a pieni voti Fratelli d’Italia e Partito democratico. Bene Forza Italia e Lega. Malissimo i 5 stelle. Beppe Grillo? Bruciato. Gli altri? Galleggiano. Il centro? Gli italiani non ce l’hanno più in testa, siamo tornati bipolari. E nel 2025 la partita del consenso non si giocherà su immigrazione e sicurezza, bensì su un tema divenuto fondamentale: la salute».Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi e navigato ascoltatore della voce dell’elettorato: facciamo un bilancio del 2024 della politica. Chi vince, chi perde, chi sogna un 2025 di gloria?«Fratelli d’Italia è ampiamente in testa alle classifiche, con un anno di crescita ininterrotta. Ha iniziato il 2024 al 26%, mentre oggi in base ai nostri numeri viaggia sul 29-30%. Rispetto al dato delle politiche ci sono tre punti in più, anche se il trend positivo sembra un po’ rallentare nelle ultime settimane».Anomalo che un partito di governo sia ancora in crescita di consensi dopo più di due anni di amministrazione? Ad un certo momento, per Fdi la luna di miele con gli italiani finirà?«Gli elettori, ancor prima che al partito di Fratelli d’Italia, si affidano alla figura di Giorgia Meloni. Teniamo presente un dato: gli italiani che si dichiarano apertamente di destra sono soltanto il 7%, dato che equivale ai consensi di Fdi prima del boom delle Politiche».Se gli italiani di destra sono il 7%, come si spiega il dato del partito di Meloni?«I numeri del partito sono molto più alti perché, a partire dal 2022, il presidente del Consiglio ha saputo intercettare anche larghe fasce di elettorato moderato, che ancora oggi confida fortemente nel progetto del premier. Il quale ha conservato praticamente intatta la sua credibilità agli occhi degli elettori».Dunque?«Dunque Meloni al momento si tiene stretta i suoi consensi. Certo, non tutti sono soddisfatti al cento per cento, ma la proposta programmatica trova favore, e gli italiani stanno aspettando che venga dispiegata concretamente. Il prossimo anno, in effetti, sarà quello in cui gli italiani pretenderanno più concretezza. Sebbene Meloni goda, in aggiunta, di un’innegabile vantaggio: non esiste attualmente un’opposizione credibile che possa costituire una vera alternativa». E le altre anime della coalizione di centrodestra?«Un altro partito che sta andando bene, pur in misura minore, è Forza Italia, oggi intorno al 9%. Situazione abbastanza stazionaria per la Lega, su cui non abbiamo registrato particolari oscillazioni».Neanche con l’assoluzione di Salvini nel processo Open Arms di Palermo?«Non ci sono sondaggi freschi, e poi bisogna dire che la formazione del consenso non avviene in tempo reale. Non è come cambiare canale alla televisione, ci vuole tempo, bisogna metabolizzare certe notizie. Di per sé l’assoluzione di Salvini non credo che genererà un consenso immediato nei confronti della Lega: più importante è capire che tipo di strategie politiche sull’immigrazione scaturiranno da quell’assoluzione».Su quale tema dovrà puntare il governo nel 2025?«Il tema evergreen è ovviamente l’economia, i salari, il potere acquisto. Ma l’altro argomento che sta crescendo moltissimo nel cuore degli italiani è quello della salute».Vaccini? Ospedali? Posti letto?«A partire dalla crisi del Covid, il trend è chiarissimo: c’è una grandissima attenzione degli italiani al tema. Ospedali, liste d’attesa, organizzazione del sistema sanitario. Dopo i soldi, nei pensieri degli italiani c’è dunque la salute. In base ai nostri dati, gli elettori considerano la materia ancor più importante della sicurezza e dell’immigrazione».Su quel fronte la coalizione dovrebbe esprimersi con più decisione?«Sulla salute il governo arranca un po’, bisogna lavorare non soltanto sul piano della comunicazione, ma anche sui provvedimenti concreti per garantire la qualità del nostro sistema sanitario. Ed è chiaro che su un tema del genere, legato al welfare, Elly Schlein, dall’opposizione, sembra giocare da una posizione più vantaggiosa».Concentriamoci sul Pd. Perché lo spostamento sulle posizioni della sinistra radicale e del linguaggio dei diritti pare stia pagando in termini di consenso?«Sicuramente il posizionamento di Schlein ha generato un risultato positivo: quello di riacquisire una sinistra interna che in passato era fuoriuscita dal Partito democratico. Nell’ultimo sondaggio, a dicembre, il Pd ha consolidato un 24,5% di consensi, cioè 4 punti e mezzo in più rispetto all’inizio dell’anno».Però?«Il rovescio della medaglia sta nel fatto che una parte dell’elettorato del Pd non si riconosce affatto nella linea della segretaria, anche se per il momento ha deciso di non divorziare».Tuttavia, la crescita del Pd è tutta interna al centrosinistra?«Ecco una differenza importante tra le due primedonne al centro della scena, Meloni e Schlein: entrambe crescono nei consensi, ma con “flussi” diversi. Meloni, con il suo ruolo istituzionale, attira voti anche da ambienti non di destra; Schlein pesca soltanto nel suo bacino elettorale più ideologizzato, che in qualche modo è già fidelizzato. Oppure ruba voti ai 5 stelle: su molte battaglie, i due partiti si sovrappongono. Al Partito democratico di Elly Schlein manca insomma un partito alleato che possa avanzare proposte complementari alla sua».C’è spazio al centro per nuove creature politiche? L’ambiente centrista è molto affollato, ma di idee concrete non se ne vedono.«Uno spazio contendibile esiste, ma è il metodo che è sbagliato: non è il posizionamento che fa la differenza, non ha senso dichiararsi “di centro”, ma conta il progetto, e la compatibilità con gli alleati. Anzi, a dire la verità, è lo stesso concetto di “centro” ad essere tramontato nella testa degli italiani: i tempi dell’Ulivo di Romano Prodi sono finiti da un pezzo. In Italia siamo tornati bipolari: circa il 18% degli elettori si autodefinisce centrista e moderato, però poi quando va a votare si schiera a destra o a sinistra».L’idea del campo largo è ancora in piedi?«Il campo largo esiste solo sulla carta ma non sussiste politicamente. Se nei sondaggi facciamo la somma aritmetica dei partiti di centrosinistra, eguagliamo il centrodestra: ma è solo un dato statistico, non una realtà politica. Pesano ovviamente le incompatibilità che separano partiti così diversi tra loro». Da dove nasce l’astensione record delle ultime tornate elettorali?«I cittadini vanno a votare quando credono che il loro voto abbia un qualche valore. Alle elezioni politiche l’affluenza ancora regge, perché gli italiani in quell’occasione si sentono chiamati a una scelta che impatta seriamente nelle loro vite. È nelle amministrative che si registra la grande emorragia di votanti».Come se lo spiega?«Ormai le amministrative vengono considerate elezioni di serie B. E questo accade anche perché, col passare degli anni, la figura dei sindaci e dei governatori si è molto svalutata. Si pensa che il sindaco, ormai, abbia solo il potere di aggiustare qualche marciapiede, e poco più, vista la penuria di bilancio che devono fronteggiare gli enti locali. E pensare che, nel lontano 1993, i sindaci erano i veri protagonisti, gli unici in grado di cavalcare l’ondata di partecipazione politica di quegli anni». Perché i 5 stelle hanno avuto un tracollo?«Perché è un Movimento completamente diverso rispetto ai fasti di un tempo: è cambiato il leader, sono cambiate le alleanze. Una volta la parola d’ordine era “soli alla meta”, oggi bisogna riconoscere che si sono alleati un po’ con tutti. Negli ultimi giorni il Movimento viaggia intorno all’11-12%, quindi c’è stata una flessione importante. Però il partito conserva uno zoccolo duro, soprattutto al Sud. In ogni caso non sparirà».Un eventuale partito di Beppe Grillo potrebbe avere un appeal?«Dopo il divorzio tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, abbiamo fatto e le nostre analisi, e le inclinazioni nel Movimento 5 stelle sono queste: circa un terzo degli elettori pentastellati si sente più vicino a Grillo, mentre gli altri due terzi sono con Conte. Tuttavia, questo non significa affatto che i filo-Grillo siano pronti a seguire il comico in una nuova avventura. Anzi, la storia ci insegna che quando un leader perde credibilità, non riesce mai a tornare all’antico splendore. È stato così anche con Renzi e Salvini. Un po’ come un fiammifero: una volta bruciato, non lo si può riaccendere».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.