2024-06-20
L’Antitrust comanda. Il sì della Vestager a Ita-Lufthansa ci costa 300 milioni
I tedeschi ne pagano 325 per il 41% del vettore, i limiti imposti riducono di pari importo i ricavi. Andrea Giuricin: «Decisione politica».Alleluja, Alleluja: habemus via libera dell’Antitrust europeo alle nozze tra Ita e Lufthansa. Mancano solo l’ufficialità e i dettagli dei cosiddetti remedies, cioè le limitazioni imposte alle due compagnie in termini di slot e tratte in modo da non ledere la concorrenza dei voli, e l’affare potrà dirsi concluso. Il primo passo è rappresentato dal passaggio del 41% del vettore nato dalle ceneri di Alitalia, dal Tesoro italiano (che ne detiene il 100%) al gruppo tedesco guidato dall’ad Carsten Spohr per 325 milioni di euro. Via libera che però non è stato per nulla semplice e soprattutto che è costato, in termine di perdita di fatturato in primis ma anche di potenziali utili, più o meno lo stesso importo dell’operazione stessa: circa 350 milioni. Un affare? «La premessa», spiega alla Verità Andrea Giuricin, economista dei Trasporti all’Università Milano Bicocca, è che per Ita era essenziale trovare un partner e che Lufthansa da questo punto di vista era il miglior alleato che si potesse individuare sul mercato. A differenza di Air France, infatti, adotta una strategia multihub e come successo anche con Swiss Airlines e Brussels Airlines tenderà a rafforzare il principale aeroporto del Paese che per Ita in questo momento è Fiumicino. Da Roma si proverà a intensificare il traffico con il Sudamerica (dove Lufthansa ha qualche deficit), Nord America e Africa, un po’ perché l’Italia ha un legame e un rapporto storico con i Paesi sudamericani e un po’ perché venta una posizione ideale per sviluppare le rotte verso Sud, che sono considerate quelle a maggior tasso di crescita nei prossimi anni». Detto questo, va però anche evidenziato che Ita e Lufthansa hanno chiuso l’accordo nel mese di maggio del 2023. Insomma, hanno dovuto aspettare più di anno prima che l’Antitrust si decidesse. Durante questo anno si è persa la possibilità di programmare, come nuovo gruppo, la stagione estiva, che per le compagnie aeree è la più profittevole, e soprattutto si è navigato a vista su programmazione e investimenti. Per dire, solo l’impossibilità di entrare in Star Alliance (il gruppo dei vettori capeggiato da Lufthansa) e il fatto di essere stati estromessi da SkyTeam, che ricomprende oltre ad Air France anche Delta Air Lines e China Airlines ha pesato in termini di code sharing circa 100 milioni. Il code sharing è una collaborazione commerciale attraverso la quale due compagnie condividono lo stesso volo e così hanno la possibilità di ampliare la loro offerta su destinazioni rispetto alle quali sono normalmente scoperte. Ecco, aspettando la decisione Antitrust, per un anno Ita è rimasta fuori sia dall’allenza della quale faceva parte, SkyTeam, sia da quella nella quale sarebbe dovuta entrare Star Alliance. Con perdite per circa 100 milioni. Così nonostante i buoni numeri, Ita ha chiuso il 2023 con un Ebit negativo del 3,1% contro l’utile prima di detrarre le imposte (l’Ebit appunto) delle principali compagnie aeree europee positivo, in media, per l’8,5%.Ma torniamo sui remedies. Sulle condizioni che Margrethe Vestager ha imposto al Mef (azionista di Ita) e a Lufthansa per dare il suo lasciapassare. Condizioni che non si conoscono ancora nei dettagli, ma solo a grandi linee. «Credo sia stato corretto», continua Giuricin, «chiedere alcuni sacrifici sulle coppie di slot e quindi i voli (si parla di 22) che le due compagnie sacrificherebbero come controproposta per ottenere il via libera da Bruxelles, così come era nelle cose che venissero chieste delle limitazioni sulle rotte verso Germania, Belgio e Austria, proprio perché c’erano delle duplicazioni. La decisione avrà un impatto in termini di minori ricavi per un centinaio di milioni di euro, ma ha una stringente logica di supporto alla concorrenza». Diversa invece sembra la partita sulle rotte intercontinentali, le più profittevoli. Sembra che le parti abbiano trovato un compromesso, guarda caso subito dopo le elezioni europee, quando le poltrone che contano, quelle della Commissione ma non solo, tornano in ballo. «In linea di principio», evidenzia ancora l’esperto, «il via libera rappresenta un buon successo di questo governo, che alla fine è riuscito a sbloccare una situazione che era diventata soprattutto politica. Ma proprio il fatto che fosse diventata politica rappresenta un insuccesso della Commissione, dell’Antitrust e della DgComp che dovrebbe avere un ruolo tecnico. Alla fine i remedies imposti sulle rotte intercontinentali (nel mirino i collegamenti con Usa e Canada, in particolare San Francisco, Washington, Chicago e Toronto) peseranno per qualche centinaia di milioni euro sui ricavi del nuovo gruppo ma si fa fatica a individuarne la ratio. Perché per esempio su un volo che parte da Bologna e fa scalo per poi arrivare a New York ci debbano essere dei limiti è poco comprensibile, visto che lo scalo intermedio può riguardare qualsiasi città europea. A un certo punto, quando le condizioni erano ancora più stringenti, c’è stato davvero la possibilità che l’affare saltasse e sembrava davvero che ci fosse una volontà politica di remarecontro».