2018-06-30
Con Trump la giustizia Usa torna alle origini
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Il presidente annuncerà il 9 luglio il sostituto del dimissionario Anthony Kennedy alla Corte suprema. È una scelta che segnerà il Paese per i prossimi anni: The Donald vuole un togato conservatore e giovane: l'obiettivo è mettere il collegio al sicuro dalle mire dei liberal per diversi anni e proteggere l'immutabilità dei principi della Costituzione.Rivoluzione in arrivo alla Corte suprema statunitense? Uno dei suoi componenti, il giudice Anthony Kennedy, ha difatti annunciato la sua intenzione di ritirarsi all'età di 81 anni, lasciando così vacante uno dei nove seggi che compongono il massimo organo giudiziario degli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha già pronta una lista di candidati, tutti tendenzialmente conservatori (oltre che relativamente giovani), tra cui scegliere il nome adatto per effettuare la sostituzione. Non resta che attendere la decisione definitiva, che sarà resa nota il prossimo 9 luglio.Non bisogna infatti dimenticare che, in base alla Costituzione, i componenti della Corte suprema siano nominati dal presidente degli Stati Uniti, previa ratifica da parte del Senato. Il punto è che i democratici sono comunque sul piede di guerra, accusando Trump di voler politicizzare le nomine con l'obiettivo di spostare gli equilibri della Corte pesantemente a destra. Da diversi decenni infatti il massimo organo giudiziario americano è diviso al suo interno tra due correnti ideologiche contrastanti: gli «originalisti» (che, tendenzialmente repubblicani, sostengono che la Costituzione vada interpretata secondo principi immutabili) e gli «storicisti» (che, solitamente democratici, affermano che la Costituzione vada applicata in base allo spirito dei tempi).Per quanto il giudice Kennedy sia stato nominato da Ronald Reagan nel 1988, si tratta comunque di un profilo che ha emesso spesso delle sentenze eterodosse rispetto al credo conservatore schierandosi, nel caso di alcune sentenze, con la corrente liberal della Corte. Per questo, molti democratici hanno di frequente visto in lui una sorta di paladino dei valori progressisti e temono adesso un ulteriore slittamento a destra della Corte. Allo stato attuale, sono infatti cinque i magistrati conservatori a fronte di quattro collocati su posizioni liberal. Trump ha affermato di voler procedere con una nomina destrorsa ma ha anche lasciato intendere di voler far presto. Al momento la maggioranza repubblicana al Senato risulta infatti particolarmente risicata e il prossimo novembre gli equilibri politici interni alla Camera alta potrebbero mutare in seguito alle elezioni di metà mandato.Ragion per cui il Partito repubblicano deve sbrigarsi se vuole blindare una nomina in linea con le proprie posizioni ideologiche e bissare così quanto già accaduto nel 2017, con la conferma del giudice Neil Gorsuch, al posto del defunto Antonin Scalia, principale rappresentante originalista della Corte: era il febbraio del 2016, quando un autentico mostro sacro agli occhi di buona parte delle galassie conservatrici morì. Per cercare di stemperare le tensioni ed evitare una crisi istituzionale, l'allora presidente, Barack Obama, propose di nominare il giudice Merrick Garland: un centrista che finì con lo scontentare sia la destra (che lo considerava troppo blando) sia i liberal (che lo vedevano troppo moderato). I repubblicani - che avevano la maggioranza al Senato - bloccarono così la nomina. In particolare, il leader della maggioranza, Mitch McConnell, giustificò l'ostruzionismo citando la cosiddetta «regola di Biden»: riferendosi, cioè, a quando nel 1992 Joe Biden sostenne che l'allora presidente, George H. Bush, non dovesse nominare un nuovo giudice alla Corte Suprema, in quanto arrivato ormai al suo ultimo anno di mandato. Una situazione evidentemente analoga a quella di Obama nel 2016.Lo stallo istituzionale restò in piedi fino all'elezione di Trump che optò per il conservatore Neil Gorsuch, riuscendo a ottenere la conferma senatoriale grazie a uno stratagemma parlamentare che abbassava il quorum di voti tradizionalmente richiesto (la cosiddetta «opzione nucleare»). Gorsuch era tra i nomi nella lista presentata da The Donald durante la campagna elettorale del 2016 per la sostituzione di Antonin Scalia. Fu allora che l'attuale inquilino della Casa Bianca, che prima sembrava non dare molto peso alla Corte suprema in chiave elettorale, scoprì l'importanza per l'elettorato repubblicano dell'interpretazione originalista della Costituzione.La nomina di Gorsuch scontentò ovviamente i deputati democratici che accusarono la Casa Bianca e il Partito repubblicano di politicizzare la Corte. Esattamente, insomma, come sta accadendo oggi con il caso della sostituzione di Kennedy. Anche perché, negli ultimi mesi, l'attuale presidente ha effettuato un numero nutrito di nomine destrorse anche per quanto concerne le corti inferiori. Ciononostante, la questione della politicizzazione risulta un po' più complessa. Da una parte, è ovvio che Trump stia seguendo una strategia per accattivarsi le simpatie della destra americana più tradizionale, da sempre molto sensibile alla questione della Corte (soprattutto per quanto attiene ai temi eticamente sensibili). Non sarà del resto un caso la vicinanza del presidente alla Federalist Society, una associazione giuridica - fondata negli anni Ottanta - che difende strenuamente una giurisprudenza di impronta originalista e ha tra i suoi membri di spicco anche il presidente della Corte suprema, John Roberts. Dall'altra parte, non bisogna tuttavia dimenticare che la Costituzione garantisca ai giudici due fondamentali diritti: l'inamovibilità e l'intangibilità del trattamento economico. Per questo non di rado accade che i giudici emettano verdetti in contraddizione con la linea del partito cui teoricamente dovrebbero appartenere. E, in questo complicato groviglio politico, lo scontro estivo al Congresso si preannuncia più duro che mai.Senza poi trascurare che, con la nuova nomina, Trump possa apprestarsi a mutare profondamente la società americana dei prossimi anni. Non bisogna infatti dimenticare che il massimo organo giudiziario statunitense funga non solo da Corte di cassazione ma anche da Corte costituzionale: un elemento che gli consente di influenzare decisamente il sistema sociopolitico dello Zio Sam. Il tutto è del resto testimoniato da alcuni recenti pronunciamenti. Nei giorni scorsi, la Corte suprema ha per esempio definito ammissibile il travel ban voluto dal presidente, respingendo le accuse di incostituzionalità che gli erano state mosse.Un altro caso interessante è stato poi quello di Ross Ulbricht, un uomo che gestiva un sito web specializzato nella vendita di droghe illegali. Arrestato nel 2013, gli era stato comminato un ergastolo due anni dopo. Ha cercato di fare ricorso. Ma gli è andata male. Giovedì scorso, la Corte suprema ha infatti rifiutato di annullargli la condanna. Secondo la difesa, gli agenti federali che indagavano su di lui avrebbero controllato illegittimamente la sua attività su Internet, violando così alcuni suoi diritti costituzionali. Peccato per lui che i giudici abbiano seccamente respinto il ricorso, ribadendo la sentenza di grado inferiore. A nulla è servita la mobilitazione di svariate associazioni politiche (da destra a sinistra) in sostegno di Ulbricht: il destino giudiziario di questo libertario, cultore della filosofia di Ludwig von Mises, sembra ormai segnato, oltre che sospeso tra chi lo considera un martire della libertà e chi nulla più che un criminale. Infine, abbiamo la sentenza a favore del pasticcere che, per motivi religiosi, si era rifiutato di realizzare una torta nuziale a tema gay. Ecco: tutti questi esempi mostrano l'estrema importanza che la Corte suprema ricopre. E che forse l'eco di Trump potrebbe farsi sentire per molti anni in futuro.
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