
Nell’ultimo pezzo, «Maschio», in cui inverte i ruoli di genere, la pop star accosta perversioni e religione. A 42 anni da «Like a virgin» e 59 da Lennon («Siamo più famosi di Gesù»), la provocazione sa di vecchio.Ci aveva solleticati il suo ménage à trois fluido, in Mon amour; abbiamo gustato l’interpretazione delicata e lasciva con Tananai, in Storie brevi; abbiamo ballato sul revival anni Ottanta dedicato all’uomo che, incredibilmente, l’aveva snobbata (Bellissima); stavolta, però, Annalisa ha preso una stecca. Il suo nuovo singolo, Maschio, musicalmente riuscitissimo, indulge tuttavia a un gratuito e inutile dileggio della religione, spernacchiando Cristo e la Madonna, in un quadretto di erotismo da recitina. Imbellettato dal solito indigesto predicozzo femminista.Il ritornello del pezzo, ovviamente congegnato per diventare una hit estiva e arricchito dalle indiscusse doti vocali dell’artista ligure, è esplicito: «Ma te lo giuro su Maria, / l’amore cieco è una teoria». E poi: «Se fossi nella tua camicia / o anche più giù, / mi diresti pervertita / o peggio, fai tu. / Ma perdona i miei peccati / come ha fatto Gesù, / come hai fatto con le altre». Nella coreografia del video, sapientemente costruito seguendo la traccia dell’inversione dei ruoli, con l’alternarsi della versione femminile e di quella virilizzata della Scarrone, la diva mima il segno della croce, mentre ammicca alla telecamera.È vero che i credenti hanno fatto il callo a quelli che Leone XIV definisce i «contesti in cui la fede è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti» e, quindi, viene ridicolizzata. È vero che la libertà creativa e la libertà d’espressione, in Occidente, sono giustamente sacre quanto le chiese - associare Maometto alle fantasie sessuali sarebbe suicida in Iran, ma come sanno quelli di Charlie Hebdo, rischia di diventare un lusso persino in Francia. È vero, infine, che se c’è qualcosa di cui abbiamo bisogno è di meno censura, dopo un decennio di paranoie woke e di puritanesimo arcobaleno. Però un conto sono le mordacchie e un conto è l’igiene del linguaggio; un conto è la provocazione - trucco inflazionato - e un conto è lo sfregio. Maschio avrebbe funzionato anche senza tirare in ballo il Figlio di Dio e sua madre. Mica per rispetto; per delicatezza. Per buona creanza verso qualche milione, o meglio, qualche miliardo di persone per le quali una pop star succinta che impartisce benedizioni, mentre parla di perversioni, è un oltraggio. Il che non vuol dire che la performance di Annalisa meriti il famigerato «pugno» evocato una volta da papa Francesco. I cattolici sono ben più sportivi degli ideologi Lgbt. Più che di religione, qui è questione di stile. E lo stile non si impone, si pratica; non sorge dai divieti, bensì dal buongusto.La rossa savonese, incoronata icona gay e madrina dei Pride, è prigioniera della sua trasformazione da ragazza della porta accanto a virago, che le ha regalato un successo strepitoso. In fondo, la voce è rimasta quella di sempre; a cambiare è stata la mise. L’escalation trasgressiva l’ha portata dall’ammucchiata bisex al tormentone da sacerdotessa depravata. L’anno prossimo cosa le toccherà provare? Una bestemmia incisa al contrario nel disco?Annalisa si è avventurata nell’abituale omelia di genere: «Quanto differente può essere la stessa azione, la stessa frase, lo stesso pensiero», ha commentato, «nei panni di un lui? Che sogno, essere lui!». Beyoncé (If I were a boy) ci era arrivata nel 2008. Gli ingredienti della minestrina retorica ci sono tutti: il ragazzo che piange di nascosto e si vergogna di mostrare la sua fragilità; che non bacia «per orgoglio»; che è un privilegiato sociale; e la ragazza che, a differenza della controparte, viene giudicata una poco di buono se ha gusti spinti sotto le coperte. In realtà, quelli che si «rovinano la carriera» e «svuotano il portafoglio» per la partner sono spesso signori ridotti a prede delle furbette. Magari servirebbe un brano sugli stereotipi tuttora incrollabili, tuttora alimentati dalle donne presunte emancipate, che ad esempio costringono il maschio a «starci» per il solo fatto che una signorina gli si concede. Viva l’ironia di Giorgio Gaber: «Secondo me, una donna che si offre a un uomo sessualmente ed è respinta, rimane sconcertata. / Non ci può credere. / Il suo primo pensiero è che lui sia omosessuale».La verità sul ribellismo da cui è nata la pernacchia a Gesù e Maria ha poco a che fare con il vilipendio della religione. Il punto è che non c’è più nulla a cui ribellarsi. Le autorità morali, spirituali, culturali e politiche sono state già tutte demolite. La trasgressione è ridotta a manierismo. «Ho visto lui che bacia lei che bacia lei che bacia me», nel 2023, non suonava più innovativo del Pensiero stupendo di Patty Pravo, nel 1978: «E tu ancora / e noi / e lei un’altra volta fra noi». Achille Lauro conciato da pavone a Sanremo destava meno scalpore dei costumi di Renato Zero, contemporaneo di David Bowie, che le fasi dell’ambiguità sessuale le aveva già attraversate tutte nei Settanta. Anche le perversioni da assolvere col segno della croce non meravigliano più, 59 anni dopo l’intervista di John Lennon («I Beatles sono più famosi di Gesù») e 42 anni dopo che una che si faceva chiamare Madonna ha cantato Like a virgin. Annalisa non era ancora nata.
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella: «Il rapporto delle Nazioni unite sulla surrogata conferma che si tratta di una violenza contro le donne e che va combattuta ovunque. Proprio come ha deciso di fare il governo, punendo i connazionali che ne fanno ricorso all’estero».