2020-08-04
Animali sgozzati con la benedizione del prete
Festa del sacrificio (Yawar Nazir:Getty Images)
A Bergamo l'addetto al dialogo interreligioso ha invitato tutti i parroci a «offrire sostegno ai fratelli e alle sorelle musulmani» in occasione della festa del sacrificio. Nessuno si indigna per il massacro rituale islamico di pecore e agnelli in nome di Allah.Gli islamici uccidono animali in una delle ricorrenze più sentite dal mondo musulmano, la festa del sacrificio che quest'anno si è svolta dal 30 luglio al 3 agosto, ma nessuno si scandalizza. Anzi, è accaduto che a Bergamo don Patrizio Rota Scalabrini, direttore dell'Ufficio del dialogo interreligioso della diocesi, nelle settimane precedenti all'evento abbia inviato una lettera a tutti i parroci in cui esortava «a offrire sostegno ai fratelli e alle sorelle musulmani nel trovare le modalità migliori per poter celebrare la festa», un rito che in arabo si chiama Eid al-Adha in ricordo della prova di fede di Abramo, pronto a sacrificare il figlio. Per intercessione di Allah finì invece immolato un montone, come accade ogni anno secondo la tradizione islamica: ogni capo famiglia sgozza un ovino, un caprino, un bovino o un camelide, con la recisione della giugulare, poi gli uomini di casa partecipano alle operazioni di scuoiamento e macellazione, infine si consuma la carne tra parenti. La festa dello sgozzamento rappresenta un'usanza barbara, non tollerabile in Italia perché «completamente fuori da ogni logica e sensibilità nostra», commenta a celebrazioni concluse il deputato della Lega, Daniele Belotti, che giudica anche sconcertante l'appello di don Scalabrini a pregare «per i credenti musulmani». Il parlamentare ha scritto al vescovo, Francesco Beschi, chiedendo come mai alcune parrocchie abbiano «messo a disposizione spazi degli oratori per celebrare questa festa e in passato anche la fine del Ramadan. Il tutto secondo le disposizioni islamiche, per cui è previsto uno spazio distinto per le donne e uno per gli uomini». Belotti ricorda che il Comune di Bergamo «ha voluto che gli spazi pubblici non possano essere concessi a coloro che “non garantiscano di rispettare i valori sanciti dalla Costituzione, professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti, omofobi, transfobici e sessisti"», quindi domanda al monsignore «come può la Chiesa assecondare chi, invece, continua a discriminare le donne, considerandole un essere inferiore?». Purtroppo, conclude il deputato, «visto che si trattava di islamici, né gli animalisti né quelli di sinistra sempre pronti a ergersi paladini delle donne, si sono fatti sentire. Silenzio totale». Molti musulmani avevano rassicurato che le celebrazioni sarebbero state solo momenti di preghiera, senza sacrifici di capre o montoni, ma da più parti sono state segnalate macellazioni clandestine in totale spregio delle disposizioni del ministero della Salute. Già lo scorso 11 giugno si chiedeva ai servizi veterinari di vigilare sulle macellazioni rituali, che «possono essere effettuate esclusivamente negli impianti di macellazione autorizzati». Invece a Burriasco, in Piemonte, i carabinieri hanno denunciato una persona per macellazione abusiva e tre per uccisioni di animali destinati alla celebrazione della ricorrenza dell'Eid al-Adha. I militari si sono trovati davanti le carcasse di 11 ovini e altrettante bestie stavano per essere sgozzate. Sabato scorso a Battipaglia, in provincia di Salerno, la polizia municipale ha sorpreso due marocchini mentre macellavano abusivamente due ovini per la festa del sacrificio. Ogni anno l'Enpa, l'Ente nazionale protezione animali, invita alla «massima vigilanza contro i mattatoi “fai da te"» e ricorda che «chiunque macella illegalmente un animale, oltre a violare molte norme igienico-sanitarie, commette un reato». La presidente Carla Rocchi sottolinea che il «fenomeno della macellazione rituale, che prevede l'uccisione dell'animale per dissanguamento», senza stordimento, comporta tremende sofferenze. Eppure in tutto il mondo, per questo rito crudele milioni di povere bestie vengono uccise e non c'è stata alcuna emergenza Covid-19 che abbia interrotto la tradizione. Su Africarivista si legge che a Dakar il ministero dell'Allevamento aveva lanciato a giugno una vendita online di montoni, che già il primo giorno aveva registrato più di 40.000 acquisti pagando ogni capo minimo 100 euro. Il coronavirus non ha fatto da deterrente nemmeno per gli affollatissimi raduni di islamici che sono stati autorizzati in tutta Italia, anche in zone falcidiate dal Covid-19 come Bergamo. Don Scalabrini ha invitato paradossalmente i fedeli a scorgere «nella presenza nelle nostre parrocchie di persone di fede musulmana e di centri islamici, una opportunità di incontro generativa», ma ci pensa Magdi Cristiano Allam a spiegare «perché la Chiesa cattolica che legittima l'islam sta tradendo Gesù e delegittimando il cristianesimo». Ieri, dopo aver affermato che «Maometto è stato un criminale che ha personalmente combattuto, ucciso, sgozzato e decapitato i suoi nemici», mentre «Gesù non ha mai ucciso nessuno», ma ha «all'opposto donato la sua vita per redimere l'umanità», il giornalista e scrittore si è detto «disponibile a fare in modo assolutamente volontario un corso di formazione specifico sull'islam» al direttore dell'Ufficio del dialogo interreligioso e al vescovo di Bergamo.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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