2019-05-13
L’arte suprema del giardinaggio. Consigli utili per i nostri tempi aridi
Per fare un albero (e fiori, e piante, e verdura) ci vuole un seme. E serve anche pazienza, volontà, oltre a una certa dose di filosofia. La vita vegetale assomiglia tanto alla nostra, perciò da secoli e secoli gli uomini amano la terra e quel che ci cresce dentro. Ma oggi la natura è l'elemento che l'iperurbanismo ha maggiormente cassato Riportiamo alla luce le radici dimenticate.È possibile concepire il giardino, spazio esterno per eccellenza, come spazio interiore? Sì e l'esclusiva di questo simbolismo spirituale non ce l'ha, come pretendono gli atei italiani, ostili alla cristianità ma innamorati di qualsiasi altra religione, il giardino zen. Quest'ultimo, complice il distacco dalla cultura nostrana, sembra quasi incarnare l'unico giardino possibile, è diventato un feticcio, soprattutto nella sua versione pocket, una riproduzione in scatolina con mini rastrello per la (mini) ghiaia e mini rocce. Seppure si tratti di modaiole e superficiali icone postmoderne, è tuttavia emblematico che del giardino zen orientale si producano riproduzioni occidentali, mentre del giardino occidentale, non meno spirituale e in più nostro, no. Il lemma «giardino» proviene dalla radice indogermanica gart, che significa «circondare». I giardini sono (e sono stati) quasi sempre delimitati da una recinzione e, nel caso di giardini privati prospicienti le case, la proprietà. Rubando il motto alle femministe, chi ha la fortuna di possedere un giardino non può che pensare: «Il giardino è mio e me lo godo io». Il giardino è, oggi che la terra è così lontana dalle nostre città, un assoluto sovrappiù dell'abitazione.Il nome latino per giardino è… ben più di uno. Innanzitutto hortus, che traduciamo con «orto», poi viridarium, da cui «vivaio», nel quale si crescevano nuove piante, pomarium, il frutteto, nemus, la boscaglia più selvatica dove si celebravano anche riti sacri, come il Bosco sacro di Nemi, nei Castelli romani, sopra al lago di Nemi, anticamente dedicato al culto della dea Diana, protettrice della caccia. Per ogni funzione del giardino, c'era un nome. Nel bel libro di Ruth Ammann, Il giardino come spazio interiore, edito da Bollati Boringhieri, l'architetto e psicoterapeuta, nonché giardiniera per passione, di Zurigo, considera l'equivalenza tra giardino vero e proprio e giardino interiore assoluta e la utilizza anche nella psicoterapia, tramite le tecniche della sandplay therapy o terapia del gioco della sabbia. Ideata dalla psicologa svizzera Dora Kalff, allieva di Carl Gustav Jung, consiste nel far creare al paziente «quadri» di sabbia, in una cassetta, per esprimere contenuti inconsci.Come la sandplay permette di comunicare contenuti in un linguaggio simbolico anche a chi sia molto chiuso, così il giardino è, per la Ammann, una tavolozza e uno spazio scultoreo della nostra anima: «Nel corso degli anni, grazie alle mie diverse attività professionali e private, si è sempre più rafforzata in me la convinzione, che già nutrivo da bambina, che il giardino dell'anima e l'anima del giardino siano un'unica realtà. Giardini e anime si appartengono, costituiscono uno spazio segreto tra ciò che è chiaro e ciò che è oscuro, tra cultura e natura, tra coscienza e inconscio, tra spirito e corpo. Mediante l'amore per il giardino, vorrei invogliare a dedicarsi alla propria anima e insieme anche al mondo psichico (ossia ai giardini dell'anima) del prossimo. Mi sembra di capire che trascuriamo il mondo dell'anima, il che porta a un inaridimento e a un deciso impoverimento dell'umanità». La Ammann esplora il concetto di giardino in lungo e in largo. Le differenze culturali: «Nelle nostre zone, perlopiù i giardini circondano le case, ossia la casa si trova nel giardino; nel Meridione e nei Paesi arabi, invece, i giardini sono spesso nascosti dietro alte mura, oppure si trovano nella casa stessa, vale a dire che le case sono state costruite intorno al giardino. Quei giardinetti nascosti o quei patios sono protetti dagli sguardi estranei, mentre noi mitteleuropei esponiamo perlopiù i nostri giardini allo sguardo dei passanti (...). Non sarà che queste differenze riguardino anche il modo in cui i popoli, nordici e meridionali aprono e mostrano le loro anime o le chiudono?». Crediamo di sì… Ancora, la simbologia erotica relazionale: «Ho spesso sentito dire che gli uomini chiamano la loro amata o la sua femminilità più intima il loro “giardinetto" e con ciò vogliono probabilmente intendere che la loro amata sia o abbia un giardinetto in cui essi possono passeggiare o coltivare l'amore. Le cose potrebbero però stare anche in termini diversi: nella relazione erotica con l'amata essi possono curare e coltivare il proprio giardinetto naturale, ossia le loro pulsioni, emozioni e sentimenti». Come il sesso crea vita umana, così coltivare il giardino crea vita vegetale. La caratteristica principale che ci ricorda il giardino, infatti, è proprio questa. La fecondità, in questo caso della terra. Ed è questa la ragione che fa innamorare sempre più persone del giardinaggio. Secondo un'indagine della tedesca Gfk, un italiano su tre ha come hobby il giardinaggio: nel proprio giardino o orto di proprietà, negli orti urbani (spazi di terra che i comuni affidano ai cittadini che ne facciano richiesta), sul balcone o nella veranda, persino il davanzale della finestra o addirittura uno spazio in casa vicino alla finestra si può utilizzare per coltivare. Fiori, piante, ma anche frutta, verdura e piante aromatiche per cucinare. Uno spazio verde nel quale muoversi agevolmente, di almeno qualche metro quadrato, permette di utilizzare come «vaso» l'intero appezzamento di terreno e l'effetto dell'esperienza è ben diverso rispetto al vaso sul davanzale. Tuttavia, se non è possibile fare le cose più in grande, basta un solo vaso con una pianta dentro per meravigliarsi della magia della natura. Le piante sono vita e farne l'esperienza, osservandole, possiede qualcosa di fortemente poetico. Ci «parlano»: con poca acqua le foglie si ammosciano, sembrano quasi svenire, con troppa la pianta soffre e può perire. Gli stessi effetti che si hanno rapportandosi a persone che danno troppo poco o che ci soffocano con un eccesso di attenzione. Con la luce (solare, dunque naturale) giusta ci stupiscono producendo fiori e crescendo rigogliose, con poca luce possono anche seccare. Un po' come i bambini che crescono in un clima allegro e amorevole e quelli che invece vengono su «senza luce» da parte della famiglia. Più terra hanno, più crescono, meno ne hanno, meno crescono. Anche noi stiamo meglio in una villa che in un monolocale di 15 metri quadri. Un vaso buono per quando le piante sono piccole non va più bene quando sono cresciute. Come noi: ciò che faceva per noi in un'epoca della nostra esistenza, ci può star stretto in seguito. Troppi parassiti possono ucciderle, ma se interveniamo saranno di nuovo in salute, e la prevenzione è importante. Un po' come noi di fronte alle malattie.Sono molti i punti di somiglianza tra la vita vegetale e la nostra. Eppure, la natura è l'elemento che la vita iperurbana ha maggiormente cassato dalla nostra quotidianità: il cittadino tipico odia le radici degli alberi che sbucano fuori dal cemento. Gli alberi vengono sempre più tagliati, lasciando tronchi morti, bassi e mozzi, perché manutenere un albero costa di più che sbarazzarsene: il beneficio di una città con tanti alberi non sembra più essere un'aspirazione contemporanea. Il gruppo Facebook Green city Roma, 3.300 membri, per esempio, monitora la gestione attuale del verde capitolino, contestando vari interventi: in uno degli ultimi post si vede la fotografia del Mausoleo ossario garibaldino del Gianicolo, dove è stato posto un pino molto giovane per rimpiazzare un albero caduto anni fa. Il pino, abbandonato, è seccato... In un altro post, si denuncia come spesso, poco prima delle elezioni, i politici si facciano ritrarre a piantare giovani alberelli in città per vendersi come ecologisti agli occhi degli elettori, per poi lasciarli seccare. Forse, anche per questo motivo ci si dedica al giardinaggio: per riempire di verde il proprio spazio domestico, visto che quello urbano, a parte qualche parco, lascia molto a desiderare. Secondo il sondaggio di cui sopra, condotto in 17 Paesi e intervistando 23.000 persone, il 7% degli intervistati si dedica al giardinaggio una volta al giorno, il 25% almeno una a settimana, il 19% una al mese, il 21% talvolta, il 28% mai. Tra uomini e donne non c'è grande differenza, mentre, sia a livello nazionale, sia internazionale, i primi appassionati giardinieri sono gli ultrasessantenni (generazioni cresciute meno nel cemento rispetto a quelle più giovani), poi i quarantenni. La fascia meno verde, a dispetto della copiosa e rumorosa raccolta di adolescenti italiani che si definivano green intorno all'ecologista Greta Thunberg nel recente sciopero sul nostro suolo, sono i teenager tra 15 e 19 anni: il 59% non si dedica mai al giardinaggio. E invece farebbe loro molto bene, a maggior ragione se vogliono essere davvero green, perché il giardinaggio ricorda quanto l'habitat dell'uomo sia la natura e non la plastica e, anche in altri sensi, è una primaria scuola di vita. In più, appare un po' ingenuo farsi folgorare dal voler salvare il mondo senza nemmeno essersi mai presi cura di una pianta di basilico. Il giardinaggio andrebbe assolutamente incrementato, anche nelle scuole, perché comporta soltanto benefici.Innanzitutto, un giardino (o un davanzale) belli da vedere sono uno spettacolo affascinante e armonico. Inoltre, si possono autoprodurre non solo fiori, ma anche frutti e verdure da mangiare. La soddisfazione, per esempio, di staccare una fragola annaffiata e cresciuta con le proprie mani (le fragole sono molto semplici da coltivare e basta un vasetto) invece di agguantare una confezione (che magari nemmeno è italiana) al supermercato è notevole. Il giardinaggio non aiuta soltanto ad alzare l'autostima, come in fondo fa qualsiasi attività nella quale riusciamo a raggiungere dei risultati, non ossigena soltanto il nostro ambiente: è una pratica dagli effetti fortemente rilassanti, forse proprio perché ci rimette in contatto con l'uomo ancestrale, che come supermarket aveva la natura. Nel delizioso tomo Il giardinaggio in piccoli spazi. Idee di facile realizzazione per balconi, fioriere e spazi esterni, di Kay Maguire, vengono mostrati numerosi progetti per «creare una mini oasi nella città frenetica». Dallo stagno in vaso alle informazioni sui parassiti e come sconfiggerli, c'è di tutto e di più. Volete mangiare la vostra insalata per 12 mesi? «In un punto soleggiato e riparato è possibile coltivare la propria insalata per tutto l'anno. L'insalata cresce rapidamente: molte varietà sono pronte dopo 6/8 settimane. Facendo semine scalari (seminando piccole quantità ogni due settimane), si avrà una fornitura continua invece che un unico raccolto abbondante». Occorrono semi di insalata, un vaso largo almeno 30 centimetri e profondo 20 o alcuni piccoli vasi per ogni singola varietà, terriccio universale, fertilizzante in granuli a lenta cessione, tessuto-non-tessuto o campane di vetro. Riempite di terriccio il vaso fino a 2 centimetri sotto il bordo e pressatelo bene. Con le dita o dello spago suddividete la superficie del terriccio in sezioni, tante quante sono le varietà di ortaggi da seminare. Seminate ogni sezione e innaffiate. I semi più fini si sparpagliano radi lungo solchi fatti nel terreno, i semi grossi si lasciano cadere in fori fatti con il dito (notate la valenza metaforica di questa istruzione: il seme piccolo non deve essere interrato troppo, altrimenti il germoglio non riuscirà a emergere; il seme grosso, essendo più forte, può faticare di più). Raccogliete le verdure appena sono pronte. Fatto il raccolto, rivoltate la terra, spargete un po' di fertilizzante a rilascio lento e seminate ancora una volta.
Jose Mourinho (Getty Images)