2024-08-23
«Amatrice, il 110 freno alla ricostruzione»
Il commissario straordinario per la ricostruzione di Amatrice, Guido Castelli (Imagoeconomica)
Domani l’ottavo anniversario del sisma. Il commissario Guido Castelli: «Concorrenza inattesa, le aziende preferivano interventi più remunerativi come i cappotti. Dal 2023 i cantieri hanno cambiato passo: le erogazioni di fondi da parte di Cdp sono salite del 31% in un anno».Era il 24 agosto del 2016 quando un potente terremoto mandò in frantumi mezza Italia centrale. Sono passati otto anni e cinque commissari si sono avvicendati a capo della struttura per la ricostruzione. Otto anni, ma ad Amatrice, epicentro del cratere del sisma, c’è ancora chi abita nelle Sae, i prefabbricati per l’emergenza. Il sindaco Giorgio Cortellesi ha scritto al premier, Giorgia Meloni, invitandola a vedere lo stato dei lavori. Ai problemi del territorio nel frattempo si sono aggiunti la difficoltà di reperire le imprese di ricostruzione, assorbite altrove nei cantieri del Superbonus, i rincari e la penuria delle materie prime, i maggiori costi energetici. Con l’attuale gestione commissariale, di Guido Castelli, numerosi intoppi burocratici sono stati sciolti e dovremmo essere a una svolta. Al commissario abbiamo chiesto di fare il punto sulla ricostruzione. Cominciamo da quella privata. Quante richieste di contributo sono arrivate? «Per la ricostruzione di immobili residenziali o produttivi danneggiati ne sono arrivate 31.177, per un valore di 13 miliardi e 746 milioni di euro. Di queste, 19.899 richieste sono state approvate dagli Uffici speciali per la ricostruzione (circa il 64% del totale), con una concessione di circa 8,5 miliardi di euro, di cui circa la metà liquidati».C’è stata un’accelerazione?«Le somme erogate da Cassa depositi e prestiti (Cdp) confermano quel “cambio di passo” avvenuto nel 2023. Ammontano a 76 milioni le ultime erogazioni da Cdp, nel quindicinale che va dal 25 luglio al 12 di agosto scorso, un record considerando l’estate, e +31,3% sullo stesso periodo del 2023. Ad agosto salgono così a quasi 4,79 miliardi di euro le erogazioni sulla ricostruzione privata».E per la ricostruzione pubblica a che punto siamo?«La programmazione post sisma 2016 prevede 3.509 interventi, per un valore complessivo di 4,2 miliardi di euro. Complessivamente, è stato avviato il 95% delle opere programmate, il 66% delle quali è in fase di progettazione (il 25% di questi progetti è già stato approvato), il 16% vede i lavori già in corso e il 12% completati. È un progresso significativo. All’inizio del 2023 quasi il 50% degli interventi erano da avviare. Al netto delle progettazioni ancora in corso, spesso dovute anche alla complessità degli interventi, i progetti approvati hanno registrato un significativo avanzamento (dal 3% al 25%)».Qual è la situazione delle macerie da smaltire?«Dallo scorso anno è iniziato un massiccio lavoro di rimozione delle macerie, ma molto c’è ancora da fare. Oltre ai ritardi accumulati nei primi anni dopo la sequenza sismica dei quattro terremoti (dal 24 agosto 2016 al 18 gennaio 2017), bisogna ricordare che lavoriamo su territori delicati: le macerie devono spesso essere prima catalogate e, in ogni caso, spetta alla Soprintendenza assicurare che le operazioni si svolgano nel rispetto del Codice dei beni culturali. Pensiamo a Camerino, che ha l’area rossa più grande del sisma, oggi ristretta grazie alla messa in sicurezza e dove i cantieri del prezioso centro storico stanno partendo».Quante persone sono rientrate nelle case?«Negli ultimi due anni più di 2.000 nuclei familiari, circa 5.000 persone. Oggi dalla piattaforma Sem risultano esserci ancora poco più di 11.000 nuclei familiari fuori casa. Stiamo lavorando intensamente per dare priorità a chi è ancora fuori casa».Quante famiglie vivono ancora nelle Sae, le casette di emergenza?«Nelle Sae risultano sistemati circa 2.700 nuclei familiari, che sono una quota degli 11.000 nuclei che devono rientrare a casa».Dopo otto anni, molti sono andati a vivere altrove. Non c’è il rischio di ricostruire case che resteranno vuote?«Il primo nemico da combattere è lo spopolamento. L’abbandono delle aree colpite dal terremoto era iniziato prima del sisma. La ricostruzione innovativa e in sicurezza deve porre le condizioni per un ritorno ad abitare i nostri bellissimi borghi sull’Appennino. Una montagna ripopolata è la condizione per presidiare la fragilità idrogeologica, messa sotto stress dal cambiamento climatico. È una questione nazionale». Quanto ha rallentato la ricostruzione il 110%?«È stata una concorrenza inattesa per la ricostruzione. Oltre ai danni ai conti pubblici, il Superbonus ha drenato risorse professionali e d’impresa verso interventi edilizi più “semplici” e più redditizi. Nelle attività si è privilegiato il cappotto energetico piuttosto che le misure antisisma. Resta il fatto che il Superbonus ha consentito di integrare le risorse disponibili per le riparazioni nei casi in cui le tabelle dei costi parametrici scontavano una distanza siderale dalla realtà, con gli accolli dei cittadini sempre più gravosi. In alcuni casi, che ora si rendono frequenti, è capitato anche che le ditte abbiano preso commesse lavorative superiori alla propria capacità finanziaria, circostanza che ha, in questi specifici casi, provocato il blocco dei cantieri per responsabilità non ascrivibili alla “burocrazia”. L’uscita dal sistema Superbonus 110% per l’area del cratere è stata resa “morbida” dal governo che ha consentito l’integrazione tra il beneficio e il contributo sisma fino al 31 dicembre 2025, all’interno di un plafond stanziato di 330 milioni per il solo 2024. Il consumo sarà monitorato per garantire le certezze a quella parte della ricostruzione privata che si sta avvalendo del Superbonus in aggiunta al contributo di ricostruzione».Quanto hanno influito gli aumenti dell’energia e delle materie prime?«Il Covid, il conflitto in Ucraina, poi le tensioni in Medio Oriente hanno modificato il quadro dell’economia mondiale. Inevitabile una ripercussione su ogni lavoro in corso. Soprattutto se si tratta del più grande cantiere d’Europa, come è quello del cratere del sisma: con 8.000 chilometri quadrati di superficie e danni stimati di 28 miliardi. I costi dell’energia e delle materie prime hanno fatto lievitare del 25-30% le previsioni di spesa».Quando finirà la ricostruzione? Si può azzardare un’ipotesi?«Finalmente abbiamo un cronoprogramma per gran parte dei territori colpiti. Diciamo anche che 11.000 cantieri, dei 20.000 aperti sono stati felicemente chiusi. Quando l’ultimo mattone sarà messo a posto è difficile dirlo. In Friuli la ricostruzione si completò dopo 20 anni dal sisma. È importante una tendenza documentata dal Cresme: gli investimenti stanno rivitalizzando il contesto locale, arginando l’uscita della popolazione e favorendo il rientro di residenti trasferitisi in aree limitrofe».
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