2025-06-26
Il mio amico Alvaro amava la vita e le ha sempre perdonato i colpi bassi
Alvaro Vitali nei panni di Pierino (Getty Images)
Mi affezionai a Vitali ancora prima di incontrarlo, quando lessi una sua intervista dove mostrava sensibilità e buonsenso. Aveva la battuta pronta e non si abbandonò mai alla rabbia, neanche nei momenti più bui.Sono diventato amico di Alvaro Vitali, il nostro amato Pierino, prima ancora di conoscerlo. Se, infatti, l’amicizia è fatta di una stima e di una certa affinità di sentimenti, allora l’amicizia con lui nacque in me leggendo della sua vita, soprattutto della sua infanzia e giovinezza trascorsa con fatica ma con allegria, in una famiglia umile, facendo di tutto per guadagnarsi da vivere.Naturalmente, come moltissimi, avevo visto i suoi film che, per me, erano di un’irresistibile comicità e simpatia. Erano fatti di poche cose semplici, le stesse di cui ridevamo al bar che frequentavo da ragazzo. Ma ciò che mi colpì maggiormente fu quando lessi un’intervista, non ricordo né su che giornale né fatta da chi, ma ricordo invece nitidamente che, a parte le battute delle quali non poteva fare a meno come un pesce non può fare a meno dell’acqua, vi erano delle risposte sulla sua vita, sulla sua esperienza, su una famiglia mancata, sul rapporto con la nonna, che non avevano nulla di banale. Erano risposte dense di umanità e di buon senso, quel buon senso che nasce da un contatto magari rude con la vita ma che non riesce a rendere rude chi quella vita la vive. Le asperità della vita non ne avevano fatto un uomo arrabbiato con la vita, né nella sua giovinezza né in un altro periodo duro come gli ultimi anni della sua esistenza, vissuti nell’abbandono e nella solitudine. Mi capitò di conoscerlo quando ancora conducevo Quinta Colonna, e quando la redazione mi propose di intervistarlo ne fui felice, così come lo sono stato tutte le volte che l’ho fatto, compresa l’ultima volta tre settimane fa. Ormai camminava con difficoltà e si avvertivano problemi di respirazione, ma quando lo guardavi in quegli occhi ci vedevi la luce che è propria di chi la vita se la è conquistata, magari con un po’ di fortuna, ma certamente senza regali e in particolare senza sconti. Le interviste con lui volavano via, il tempo mi è sempre sembrato tiranno mentre lo intervistavo e questo per due motivi: il primo era che, nonostante una fase critica della sua vita, non aveva perso il senso della battuta che aveva dentro e che dimostrava con una velocità e una capacità di intuizione del punto comico della situazione che mi ricordava, appunto, il bar toscano che avevo frequentato per tanto tempo dove o imparavi a rispondere a battuta su battuta o eri destinato all’emarginazione e al silenzio. Il secondo motivo era che quando parlavi con Alvaro, affrontando i temi e problemi della vita, non ne uscivi mai con un pugno di mosche in mano. Ti riversava addosso una quantità di umanità che ti meravigliava e ti commuoveva perché con quella vocina flebile - soprattutto negli ultimi anni - esprimeva la profondità che è propria di chi non si è fatto mangiare quello che ha dentro da quello che ha passato fuori. Per questo ho detto all’inizio che sono diventato amico di Alvaro Vitali prima di conoscerlo e ora posso confermarlo, perché un po’ tra gli uomini succede quello che succede tra gli animali: ci si annusa e ci si riconosce. Lo avevo annusato da lontano e avevo l’impressione che profumasse di popolo. Questa stessa impressione si confermò in me alla grande quando lo conobbi personalmente. L’Alvaro che avevo davanti era lo stesso Alvaro che avevo in mente: prima come intuizione e poi come verifica puntuale nella realtà.La notizia della sua morte mi è giunta inattesa e a poca distanza dall’ultima intervista. Negli anni, pur vedendosi poco, in occasioni certo non frequenti, si era creata una simpatia e un’amicizia reciproche fatta di nulla esteriormente ma di tanto dentro di me e, sono certo, anche dentro di lui. Sono certo perché me lo disse: mi onorò di rendermi partecipe del suo sentimento di essere capito da me, così come io mi sentì capito da lui. Le radici contano e anche se provi a strapparle ritornano. Io non sono un attore né voglio infilarmi in quella discussione, talora per me nauseabonda, che ha circondato il personaggio cinematografico di Pierino, snobbato e talvolta vilipeso da un culturame tanto arrogante quanto stolto. Ma di tutto questo non mi interessa assolutamente nulla. Io ho conosciuto l’Alvaro Vitali uomo e mi mancherà, e la riprova di questo è il fatto che quando ho saputo della sua morte mi sono molto rammaricato di non averlo frequentato di più. Da lui avrei imparato certamente tante altre cose date dal racconto della sua sofferenza, della sua allegria, della sua capacità di lottare per arrivare e della sua capacità di rimanere gioioso anche nella sofferenza. È morto come era nato, sapendo trovare la felicità con poco, talvolta con nulla. Ciao Alvaro, mi mancherai tanto.
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Chiara Appendino (Imagoeconomica)