2025-08-22
        I tarocchi di Schillaci
    
 
In ben otto pubblicazioni da lui firmate sono state trovate immagini che si riferivano a esperimenti diversi da quelli illustrati, invalidando il risultato. Nella migliore delle ipotesi, mancato controllo. Nella peggiore, truffa.Il passato votato alla scienza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, non sarebbe perfettamente limpido. Nella migliore delle ipotesi, tanti errori e approssimazione, nella peggiore si può parlare di truffa.Nel settembre 2023, Il Manifesto pubblicava un’inchiesta condotta da Andrea Capocci che sollevava una serie di dubbi sul conto di alcune anomalie in otto pubblicazioni firmate tra il 2018 e il 2022 dal ministro Schillaci. L’anomalia consiste nella replicazione di immagini che in sostanza vengono usate più volte per illustrare esperimenti diversi. Per esser chiari, come scrive l’autore dell’inchiesta - che è assegnista di ricerca al dipartimento di Fisica dell’Università la Sapienza di Roma e quindi sa di cosa scrive - scambiare due immagini al microscopio in una pubblicazione scientifica ne mette inevitabilmente in discussione la validità ed è uno dei mezzi utilizzati più di frequente per truccare le ricerche. Secondo gli esperti si ricorre all’imbroglio quando l’esperimento della ricerca non ha dato i risultati attesi o addirittura quando non sono stati portati a termine i test. Il modo per taroccare il risultato più facile è proprio quello di utilizzare un’immagine ottenuta in altre circostanze e modificarla ad hoc.È praticamente impossibile provare la frode perché potrebbe trattarsi di un errore che può capitare a chiunque. Il sospetto naturalmente cresce quando si mette in evidenza che le ricerche con replicazione di immagini sarebbero almeno otto in soli quattro anni. Ed è lì che qualcosa non quadra. Perché quando quello che viene considerato un errore si ripete troppo spesso, chi guida un laboratorio di ricerca dovrebbe essere chiamato in causa. È chiaro, infatti, che nella migliore delle ipotesi esiste un collaboratore perlomeno distratto, quindi o chi vigila non lo fa bene, oppure tutta l’équipe potrebbe essere connivente. Allora sì che si può chiamare truffa. Inutile spiegare quanto sia sbagliato pubblicare una ricerca con risultati «aggiustati» per la scienza in sé. È giusto aggiungere, però, che la ricerca viene finanziata e quindi produrre risultati taroccati inevitabilmente si traduce in una frode vera e propria. Chi pubblica tanto, poi, in genere viene poi finanziato tanto, acquisisce credibilità nel mondo accademico e della ricerca e infine, appunto, fa carriera. Come scrive Il Manifesto, la probabilità che qualcuno controlli e scopra la truffa è bassissima perché servono strumenti informatici piuttosto sofisticati. Strumenti che Andrea Capocci e il giornale per cui scrive possiedono. Si chiama ImageTwin il software impiegato ed è in grado di confrontare le immagini utilizzate nella letteratura scientifica, identificando eventuali duplicati e ritocchi digitali grazie all’uso dell’intelligenza artificiale. Insomma non c’è margine di errore. Le immagini beccate sono almeno una decina, le ricerche erano firmate anche da Schillaci che all’epoca ricopriva il ruolo di preside della facoltà di medicina dell’università di Tor Vergata prima, e di rettore dello stesso ateneo poi. Le ricerche coinvolte sono otto, almeno in quattro di queste Schillaci oltre a firmare ne risulta responsabile. Nella prima di queste si dichiara responsabile della validazione, della revisione e della correzione dello studio. La ricerca si intitola Microcalcifications Drive Breast Cancer Occurrence and Development by Macrophage-Mediated Epithelial to Mesenchymal Transition e si può trovare facilmente facendo una ricerca online. Si tratta di uno studio che si focalizza sulle cellule ossee contenute nelle metastasi di un tumore al seno pubblicato nel 2019 sull’International Journal of Molecular Sciences. Le immagini, però, sono prese da un altro studio, pubblicato sulla rivista Cell Death Discovery nel 2018 e non firmato da Schillaci, che non avrebbe a che fare con le cellule di tumore al seno. Nel secondo studio finito sotto accusa, Schillaci è responsabile della supervisione, dell’ideazione, della ricerca, della validazione e della prima stesura e ne è il «corresponding author», cioè l’autore da contattare per approfondimenti e spiegazioni. Spiegazioni che bisognerebbe avere, dal momento che la stessa immagine viene usata per testimoniare la presenza di cellule prostatiche positive alla proteina Bmp-2 e la presenza di cellule tumorali positive al recettore della vitamina D.Naturalmente l’argomento è molto tecnico, ma il problema consiste nell’invalidazione della ricerca che, anche fosse fatta per errore e non per truffa, vorrebbe dire che Schillaci nella migliore delle ipotesi non ha fatto bene il suo lavoro, ovvero controllare. Lui che al metodo scientifico e alla scienza tiene molto, talmente tanto da rimangiarsi delle nomine da lui stesso effettuate adducendo queste scuse. Gli studi in cui svolge un ruolo di responsabilità sono altri due. Uno pubblicato sul Journal of Clinical Medicine nel 2020 dove compare un’immagine già usata per dimostrare la riuscita di un altro esperimento pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences nel 2019. Nell’altro, pubblicato sul Journal of Clinical Medicine nel 2021, viene usata un’immagine al microscopio presente anche in uno studio del 2019 pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences a firma di Schillaci e collaboratori. Anche qui risulta responsabile di ideazione, metodologia, supervisione, scrittura, revisione e correzione dello studio del 2021. Nella migliore delle ipotesi non sapeva nulla, tradotto non verificava. Non un ottimo pregresso per continuare a gestire la sanità italiana.
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