2021-10-18
Gli Alpini entrano nel 150°anniversario. Un patrimonio da valorizzare
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Lorenzo Guerini e il Generale Claudio Berto al Museo Nazionale degli Alpini di Dos Trento (Ministero della Difesa)
Con la visita di Guerini al rinnovato Museo Nazionale di Dos Trento si apre il periodo delle celebrazioni dedicate alle penne nere, che hanno segnato la storia d'Italia dal 1872 alla lotta al coronavirus.Gli Alpini sono entrati ufficialmente nel loro 150° anniversario, un occasione per presentare al pubblico il rinnovato Museo Storico Nazionale del Dos Trento, nei pressi della città che fu tra i simboli della vittoria nel 1918. Per l'occasione la prima riapertura dopo il lungo stop imposto dalle misure restrittive per la pandemia è stata per il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, accompagnato dal Comandante delle Truppe Alpine Generale Claudio Berto e dal Presidente dell'Associazione Nazionale Alpini Sebastiano Favero. «E'un'opera importante- ha sottolineato il Ministro riferendosi alla struttura di Dos Trento- che restituisce alla città, ai giovani e a tutti gli Italiani un luogo importante di memoria e di riflessione». «Stiamo lavorando - ha proseguito Guerini - per valorizzare questi presidi di cultura e memoria grazie ad un accordo con il Fondo per l'Ambiente Italiano (Fai) ed il Ministero per i Beni Culturali. Un esempio da realizzare in altre parti del Paese». Le truppe da montagna, che il museo trentino celebra a fianco del mausoleo dedicato a Cesare Battisti, furono infatti costituite a Napoli di fronte al Re Vittorio Emanuele II il 15 ottobre 1872, quando pose la firma ad un progetto strategico-militare portato avanti da un gruppo di ufficiali del neonato Regio Esercito Italiano tra cui Perucchetti e Ricotti. L'intento era quello di migliorare la difesa dell'arco alpino dell'Italia Unita utilizzando uomini nati sulle montagne, in grado di conoscere il territorio e di sapersi muovere agevolmente su terreni ostili anche per periodi prolungati. A presidio delle cime e dei passi avrebbero garantito una condizione di sicuro vantaggio su eventuali tentativi di penetrazione nemica con la successiva collaborazione dell'Artiglieria Alpina. Le penne nere in armi ebbero il battesimo del fuoco sotto il tricolore durante la prima guerra coloniale in Etiopia del 1896 terminata con la disfatta di Adua alla quale gli Alpini parteciparono con un contingente di circa 1.000 penne nere. Pochi anni più tardi gli Alpini saranno protagonisti di un altra guerra coloniale, quella Italo-Turca del 1911 che porterà alla conquista della "quarta sponda" d'Italia, la Libia. Tre anni più tardi sarà lo scoppio della Grande Guerra a consacrare (con il sangue dell'Ortigara, del Monte Nero e altre battaglie per le cime) il mito dell'Alpino, le cui Brigate furono erroneamente lasciate in seconda linea nei primi mesi di combattimento sulle Alpi orientali, aspetto che porterà allo stallo del fronte e alla lunga e logorante guerra di trincea. Nel 1919 i reduci daranno vita all'associazione d'arma dell'Associazione Nazionale Alpini, allo scopo di riunire e mantenere vivi lo spirito di corpo e quello di solidarietà durante i periodi di pace. Dopo una nuova guerra d'Africa, tra il 1935 e il 1936 che costò la vita ad oltre 200 penne nere, il più grande sacrificio per gli Alpini avrebbe fatto seguito in pochi anni con le lunghe e sanguinose campagne di Grecia e Russia, culminata per le truppe da montagna con la battaglia di sganciamento di Nikolaewka e la drammatica ritirata attraverso il gelo della steppa che inghiottì le vite della quasi totalità del contingente, rimanendo una delle pagine maggiormente citate nella storiografia e nella letteratura. Nell'immediato dopoguerra la figura illuminante di un cappellano degli Alpini reduce di Russia, il beato Carlo Gnocchi, illuminerà il cammino che gli Alpini in armi (e non) avrebbero seguito senza sosta. La solidarietà verso chi è in difficoltà fu portata ai massimi livelli dalla fondazione dei "mutilatini", che getterà le basi di quello che oggi porta il nome del beato alpino, un fiore all'occhiello della assistenza medica e riabilitativa nota in tutto il paese. Gli Alpini, che più tardi si organizzeranno tramite l'Ana come realtà operativa specializzata negli interventi di protezione civile, spiccheranno per efficienza e dedizione nelle gravi calamità che colpirono il Paese dal dopoguerra in poi. Tutti ricorderanno le penne nere impegnate nel supporto alle famiglie vittime della tragedia della diga del Vajont che nel decennio successivo entreranno definitivamente nel cuore degli Italiani con l'esemplare intervento di soccorso e ricostruzione seguito al terremoto del Friuli nel 1976. Parallelamente alla riorganizzazione delle grandi unità e agli interventi all'estero a partire dalla Bosnia e dal Kosovo alla fine degli anni '90, gli Alpini delle forze di proiezione Nato sono stati impiegati in prima linea nelle missioni internazionali in Afghanistan ed Iraq nonché negli interventi sul territorio italiano previsti dall'impiego "dual use" come l'operazione Strade Sicure e tutti gli interventi in occasione dei terremoti in Abruzzo, Umbria, Emilia e Lazio dello scorso decennio. Solo ultimo cronologicamente ma non meno importante degli altri l'intervento di alpini sia in armi che inquadrati nella Protezione civile Ana dapprima nella zona di Bergamo pesantemente colpita nel 2020 dagli effetti della pandemia da Covid-19 e in seguito alla disponibilità del vaccino nei centri vaccinali di tutto il Paese. La penna sul cappello (in questo caso bianca come previsto per gli ufficiali superiori) la porta una delle figure più importanti della lotta al coronavirus in Italia: il Generale Paolo Francesco Figliuolo, nominato in sostituzione del precedente commissario straordinario Domenico Arcuri. Un compito ad oggi non ancora terminato.