
Su La Stampa e Il Secolo XIX domande all'acqua di rose per il maestro di Giuseppi: «Lo sento ogni domenica, attaccano me per colpirlo». E sull'incarico di Raffaele Mincione e il concorso: «Sono tutte fake news».La domenica c'è chi chiama la nonna o l'anziana zia, per sapere come se la passa e se ha bisogno di qualcosa. E poi c'è Giuseppe Conte, che invece telefona al professor avvocato Guido Alpa da Ovada, 72 anni a fine mese, studio professionale a Genova e Roma, cattedra di diritto civile alla Sapienza, dal 2009 al 2014 consigliere prima della fondazione Carige e poi della sua disastrata banca. Ma il premier non chiede consigli al suo maestro e mentore. No, no, no. E neppure gli da notizie come un Matteo Renzi qualsiasi. No, no, no. Controlla solo che stia bene. E che non prenda freddo alla testa. Questa toccante immagine è la primizia (l'unica, purtroppo) dell'intervista pubblicata ieri in tandem da Secolo XIX e Stampa al professor Alpa. «Lui è molto impegnato», ha svelato parlando dell'amato Giuseppi, «però rivelo una cosa: mi chiama la domenica, per chiedermi come sto, come mi vanno le cose. Non gli do alcun consiglio, non ne ha bisogno». La conversazione tra il navigato giurista e l'esperto di cronaca nera del quotidiano genovese parte con il domandone a piacere: «Qual è la sua impressione sulle polemiche che coinvolgono il suo nome?». Il professore si riprende dallo choc e verga: «La più semplice è che vogliono colpire me per colpire il premier. È penoso vedere come siano costruite ad arte fake news sulla base di una tecnica semplicistica, l'associazione di immagini e parole. Questa tecnica è stata condannata dalla corte di Cassazione». «Associate, associate, qualcosa resterà», non vale solo per i grandi studi professionali, evidentemente. Dunque, le fake news del quale si lamenta l'Alpa, vero anello di congiunzione tra due figure mitologiche come Gollum e l'Arbitrato milionario, iniziano con il calvario della Carige e l'ultimo scandalo immobiliare vaticano. Si è scritto che aveva rapporti con il finanziere Raffaele Mincione, che oltre ad essere uno dei maggiori azionisti dell'istituto ligure, adesso è coinvolto nella vicenda degli acquisti immobiliari del Vaticano a Londra. «Fino a poche settimane prima dell'assemblea Carige (20 settembre 2018, ndr)», si difende Alpa, «non conoscevo Mincione. Mi chiese assistenza professionale e io lo aiutai, sia in giudizio, sia nel corso dell'assemblea e dopo quella vicenda non l'ho più incontrato». Benefici della fatturazione elettronica. Ma La Verità, poi imitata dal Financial Times, aveva scoperto nelle scorse settimane che Giuseppe Conte, a maggio 2018, aveva assistito come avvocato una società inglese partecipata dallo stesso Mincione, che voleva scalare Retelit, società che si occupa di telecomunicazioni ed è assai strategica per lo Stato italiano. Ma Alpa non ha presentato nessuno a nessuno. «Io ho conosciuto Mincione due settimane prima dell'assemblea Carige e l'incarico a Conte è precedente», assicura nell'intervista. A questo punto, lo incalzano con la classica (e temutissima) domanda-sommario: «C'è poi la vicenda della Link, l'università del Russiagate». Alpa segue bene l'indice dei temi e prosegue: «Ho accolto l'invito della Link a far parte di un comitato scientifico per la pubblicazione di una collana editoriale, ma l'associazione tra Link e Russiagate ha fatto sì che i giornali insinuassero che ero coinvolto in questa vicenda! Non c'entro nulla e non ne so nulla». Quanto al «professor» Joseph Mifsud, personaggio chiave del Russiagate, scomparso dalla fanta-università maltese di Vincenzo Scotti, Alpa è categorico: «Non lo conosco e non l'ho mai visto». E però c'è anche storia della cattedra vinta da Conte e del loro muoversi professionalmente, giocando spesso di sponda. «Anche sul concorso universitario si sono concentrati gli oppositori del premier», solletica il Secolo XIX, facendo un po' di confusione tra libero giornalismo e lotta politica. Ma uno come Alpa mica si lascia sorprendere così facilmente: «La commissione era stata estratta a sorte: era composta da me e da altri quattro membri (…) Conte ebbe l'unanimità dei giudizi positivi e se anche non lo avessi voluto, avrebbe avuto quattro voti e gli altri candidati zero. Quindi tutte le illazioni sul concorso sono infondate ». E il professore di origini alessandrine risponde anche a quei giornali che avevano pubblicato la parcella di Conte per Retelit, con l'indirizzo di emissione che è il medesimo dello studio romano di Alpa (Largo Cairoli 6, vicino al ministero della Giustizia): «Nulla di strano. Eravamo coinquilini, ma due attività separate». Del resto, anche nelle coppie più rodate la partita Iva può essere separata. In ogni caso, come si è visto, i coinquilini Conte e Alpa sono stati in queste ultime settimane solo vittime di «fake news» e bieche «insinuazioni» a scopo politico. E però, visto che non si poteva titolare così una paginata di intervista, senza che sembrasse la pagina delle lettere, ecco che nel «colloquio» c'è anche la «notizia» politica: Alpa prevede che il suo allievo non potrà fare il pesce in barile tutta la vita, ma dovrà dire come la pensa, politicamente. «Noi non parliamo mai di politica», mette le mani avanti il giurista, «lui vuole sempre mantenere il ruolo di super partes nelle coalizioni di cui è stato premier, ma prima o poi sarà costretto a schierarsi». Lo farà di lunedì, dopo avergli telefonato per sapere come sta.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






