2025-05-17
Alleanza Usa-Emirati su chip e dati mentre l’Europa resta a guardare
Il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, saluta Donald Trump (Ansa)
Lo scambio d’affari sulle nuove tecnologie con Trump dà ad Abu Dhabi un posto al sole nello sviluppo futuro dell’intelligenza artificiale. Ma c’è chi, come Tito Boeri, vede gli Stati Uniti in declino e un ruolo chiave per l’Ue.Il viaggio di Trump in Medio Oriente volge al termine. Ieri, le indiscrezioni dello scorso marzo sono state confermate. Gli Emirati Arabi sottoscrivono un piano di investimenti sul suolo Usa da 1.400 miliardi in 10 anni. Non ci sono particolari dettagli della messa a terra, ma i settori saranno infrastrutture, energia e microchip. In cambio le aziende americane investiranno 60 miliardi negli Emirati.Ma soprattutto gli Usa consentiranno al piccolo Stato sunnita di conquistare un posto al sole nella grande partita del business dell’Intelligenza artificiale. Sarà costruito un mega campus dalla holding emiratina G42 e gestito in collaborazione con diverse aziende statunitensi, nell’ambito dell’accordo quadro «US-Uae AI Acceleration partnership» con cui i due Paesi puntano a rafforzare la cooperazione e la collaborazione in materia di Ia e tecnologie avanzate. Inoltre, il campus fornirà 5GW di capacità per i data center avanzati di Abu Dhabi, mettendo a disposizione una piattaforma regionale da cui gli hyperscaler statunitensi saranno in grado di offrire servizi a bassa latenza a quasi la metà della popolazione globale che vive entro 3.200 km dagli Emirati Arabi Uniti. Commentando la partnership, il segretario al Commercio Usa Howard Lutnick l’ha descritta come una «storica partnership sull’Ia tra le nostre due nazioni» che «promuove importanti investimenti in semiconduttori avanzati e data center». Non tutti dentro l’amministrazione della Casa Bianca hanno fatto i salti di gioia. l timori - secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg - sono legati alla possibilità che le intese mettano a rischio la sicurezza nazionale e gli interessi economici americani, e soprattutto che gli accordi vadano a beneficio della Cina. L’amministrazione, insomma, è divisa fra coloro che ritengono le intese necessarie per mantenere il dominio degli Stati Uniti sull’Ia e quelli convinti che i rischi siano superiori ai benefici. È chiaro che misureremo la porta di questi accordi nei prossimi anni. Da un lato si tratta per gli Usa di realizzare il progetto dei nuovi Patti di Abramo che hanno ben tre obiettivi. Il primo è consolidare i rapporti tra Usa e un Medio Oriente a matrice totalmente sunnita. Un Iran ridotto e una Gaza in mano ai sauditi. Il secondo è evitare con l’ok dei russi la crescita esponenziale della Turchia di Recepp Erdogan. Infine, terzo pilastro è la lotta alla Via della Seta coltivando quella del Cotone con l’India. Inutile dire che il progetto è ben oltre il termine ambizioso. Ha così tante problematica da risolvere e tasselli da incastrare che le probabilità di successo non sono elevatissime. Ma se giriamo la lente del binocolo e guardiamo dalla prospettiva dei sauditi e degli emiratini, vediamo che i due Paesi grazie alla disponibilità finanziaria hanno immediatamente risolto alla fonte qualunque problematica legata a dazi e competizioni commerciali. È vero che si tratta di realtà completamente diverse dalla nostra, ma la postura è l’opposto a quella sostenuta da Bruxelles. Dialogo e non competizione. Tutto ciò inquadrando un perimetro di breve termine. Sul medio e lungo Abu Dhabi, visto che discutiamo degli accordi di ieri, realizza il vero cambio di passo. Da economia basata sul greggio a economia basata sul petrolio dei dati. Per potersi proiettare così in avanti è riuscita a sfruttare gli ultimi due decenni di fossili, ma negli ultimi anni ha compreso che sarebbe dovuto arrivare all’appuntamento del 2025 avendo già investito sul nucleare. Ha realizzato in tempo record ben quattro centrali con un partner coreano e adesso si sta muovendo sull’ultima generazione di small modular reactor. Gli Emirati guardano a quattro start up. Tre sono americane e una è europea. O meglio italiana. Gli emiri con Newcleo hanno firmato un accordo strategico per un ingresso nel capitale, per gestire un coinvestimento in Slovacchia. Sono allo studio una joint venture per portare Newcleo nella regione e un progetto di fattibilità per il riciclo di scorie della mega centrale di Barkah. I sunniti hanno compreso che senza l’atomo non si va da nessuna parte. Non si tiene in piedi il business del futuro, quello dei dati. Ci hanno lavorato e ora cercano di cavalcare l’onda. Fa un po’ sorridere l’intervento sulla Stampa dell’economista Tito Boeri . In sintesi si prospetta «l’evidente declino degli Stati Uniti» a fronte di «un grande ruolo internazionale dell’Europa». Passi l’ideologia e l’avversione a Trump. Ma il tycoon passerà e a restare saranno i passi avanti tecnologici che stanno avvenendo fuori dall’Ue. Questa è la nuova rivoluzione industriale che si applicherà a tutti i settori. Anche quelli tradizionali. Per vedere passare la prossima rivoluzione ci vorranno decenni, nel frattempo la ricchezza si sarà spostata. Perché il Pil globale pur crescendo rimane una grande torta il cui numero di fette non cambia e soprattutto è limitato.Se gli altri diventano più ricchi, noi europei saremo più poveri.
Novità per i cittadini. Da questo mese stop al telemarketing da numero mobile, mentre il 30 novembre potrebbe arrivare lo stop a molti autovelox non conformi alle normative.
Nicolás Maduro (Getty Images)