2021-06-06
Allarme dell’antiriciclaggio per le scommesse di Allegri
Massimiliano Allegri (Ansa)
Segnalati numerosi pagamenti dall'estero, in particolare da parte di una società maltese accusata di raccolta illecita di giocate e sotto inchiesta per truffa aggravata, evasione e rapporti con la 'ndrangheta. Non è dato sapere se le puntate riguardano il calcio. Il tabù della passione per il gioco d'azzardo in casa Juventus aveva provato ad affrontarlo l'ex portierone dei bianconeri Gianluigi Buffon, che a proposito del suo amore per le puntate aveva detto in un'intervista: «Per me è più dipendente chi spende solo mille euro, ma regala alla dea bendata dieci o dodici ore al giorno del suo tempo piuttosto di uno come me che può rischiare di perdere centomila euro alla volta, ma dedica al gioco una sera ogni due mesi». Le partite con la dea bendata, a voler credere alle segnalazioni di operazioni sospette (Sos) giunte all'ufficio Antiriciclaggio della Banca d'Italia, devono essere una passionaccia anche per l'allenatore Massimiliano Allegri, cinquantatreenne livornese doc, richiamato sulla panchina della Juventus dopo una separazione turbolenta e due anni sabbatici. «Acciuga», così era stato soprannominato da ragazzo per l'aspetto esile, è stato un centrocampista dalle spiccate caratteristiche offensive, poco amante delle marcature e delle gabbie tattiche. «Non sono un maniaco degli schemi, ma un estroso» ebbe a dire un giorno il vecchio-nuovo mister dei bianconeri, memore degli insegnamenti del suo maestro Giovanni Galeone. Ma adesso deve guardarsi dalla marcatura a uomo dei risk manager della banca presso cui ha acceso il conto. Infatti sono diverse le Sos inviate all'Unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch. Alert che battono quasi sempre sullo stesso tasto: i soldi provenienti dall'estero e inviati da società collegate al gioco d'azzardo e alle scommesse. Ricordiamo che in base al regolamento della Federazione italiana gioco calcio ai tesserati del mondo del pallone professionistico «è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o indirettamente, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, che abbiano ad oggetto risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell'ambito della Figc, della Fifa e della Uefa». Ma le Sos visionate dalla Verità sembrano più collegate alle puntate da tavolo verde che alle scommesse sui risultati delle partite. A fine aprile 2021 i risk manager della Banca Intermobiliare (Bim), filiale di Torino, dove Allegri ha aperto un conto nel 2014, hanno segnalato che il loro danaroso cliente, tra l'agosto del 2018 e l'aprile del 2021, ha ricevuto in accredito sette bonifici per 161.000 euro complessivi dalla società maltese Oia service limited, per il tramite di Banca Poste italiane. Nella Sos si fa presente che la Oia «è stata coinvolta nell'indagine Galassia della Dda di Reggio Calabria che ha determinato il sequestro dei beni facenti capo all'imprenditore Antonio Ricci per circa 400 milioni di euro» e che «la società in questione risulterebbe far parte del patrimonio sequestrato» e «sarebbe stata individuata come veicolo italiano utilizzato da Ricci per perpetrare le attività illecite contestate». L'imprenditore pugliese è accusato dagli inquirenti reggini, coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, di associazione per delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato e reati fiscali per la mancata dichiarazione di 440 milioni di euro di redditi derivanti da raccolta illecita di scommesse e il relativo omesso pagamento di decine di milioni di imposte, il tutto aggravato dal fatto di aver agevolato la 'ndrangheta. Il 14 giugno è prevista l'udienza preliminare per discutere la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pm Sara Amerio e Stefano Musolino e alla sbarra ci saranno anche diversi soggetti in odor di mafia. Per gli inquirenti Ricci avrebbe creato la sua rete per le scommesse illegali utilizzando siti Internet in gran parte non autorizzati e 2.000 punti commerciali fisici «di fatto funzionali alla raccolta da banco e anonima delle puntate». Va precisato che Allegri, probabilmente totalmente all'oscuro del pedigree del committente dei bonifici, ha continuato a ricevere pagamenti dalla Oia limited anche dopo che la società è passata, nel novembre del 2018, sotto la gestione di due amministratori giudiziari incaricati dal Tribunale e ha iniziato a operare in modo legale. Ma con che tipo di giochi o scommesse si diletta l'allenatore della Juventus? La Sos di aprile non lo specifica, ma spiega che «sempre nello stesso periodo» dell'arrivo dei soldi maltesi, sul conto del mister bianconero sono giunti altri 7 bonifici dall'estero per un totale di 168.000 euro su ordine della società slovena Hit D.D. Nova Gorica, società che «gestisce hotel, centri di gioco e intrattenimento in Slovenia». Scrivono i risk manager: «Considerata la non presenza di documentazione giustificativa si presume che tali accrediti siano derivanti da vincite, ma la reiterazione di determinati importi similari potrebbe lasciare spazio ad altre sospette interpretazioni». La filiale torinese della Bim ha fatto una segnalazione anche il 18 marzo 2021 avente ad oggetto due bonifici provenienti da Malta, ma anche altro denaro giunto da Monte Carlo. Nella Sos viene puntualizzato che Allegri «è stato oggetto di accertamento disposto dalla Gdf Nucleo polizia economico finanziaria di Livorno (1 agosto 2019)». I controlli erano partiti su segnalazione di un intermediario finanziario, come previsto dalla legge, e la funzione antiriciclaggio della banca aveva fornito gli estratti conto di Allegri dall'1 gennaio 2017 all'1 agosto 2019. Ma, evidenziano dall'istituto di credito, «il 15 novembre 2019 è pervenuto un bonifico dall'estero di 80.000 euro dalla Société générale (una banca, ndr) di Monte Carlo […]. Trattasi di reiterazione di operatività già segnalata come sospetta» nell'autunno del 2018, quando «tali somme erano state giustificate come rimborso carta di credito del casinò». Invece nel novembre del 2017 «era stato accreditato un ulteriore bonifico estero di 60.000 euro disposto dal medesimo mittente e giustificato in questo caso come vincite al casinò». I funzionari della Bim specificano che sul conto dell'allenatore, tra l'ottobre 2017 e il dicembre 2018, sono entrati 9.657.708 euro di emolumenti della Juve e che il mister, attraverso 23 prelievi, ha ritirato 78.000 euro in contanti. Sul conto sono stati addebitati anche 497.740,46 euro di carta di credito, assegni per 63.252 euro e sono state date disposizioni di pagamento per 8.438.259 euro verso «altro intermediario italiano», un'importante galleria d'arte e per «spese personali (autista, viaggi, acquisti, affitto)». I funzionari della banca concludono che il «sospetto» sul bonifico monegasco da 80.000 euro «nasce dal fatto che, nonostante gli importi movimentati siano coerenti con il patrimonio e lo standard di vita del cliente, tra l'altro personaggio pubblico a livello mondiale, non è presente documentazione a supporto dei fondi provenienti dall'estero e dal fatto che Monaco risulta essere Paese in passato ricompreso tra i cosiddetti paradisi fiscali». C'è, infine, un'ulteriore segnalazione dell'ottobre 2019 riguardante l'utilizzo della carta di credito da parte di Allegri. Tra il luglio 2018 e l'agosto 2019 avrebbe speso 497.748,91 euro, spalmati su 123 operazioni. «Quattordici utilizzi, per complessivi 356.000 euro, sono riconducibili a operazioni di spesa presso esercenti appartenenti alla categoria merceologica del gambling (gioco d'azzardo, ndr) fisico, in particolare presso il casinò di Monte Carlo e il casinò Perla (Nova Gorica). Tali operazioni sono state effettuate nei primi quindici giorni del mese, talvolta più volte nella medesima giornata, per importi elevati sino a un massimo di 50.000 euro». «Acciuga» sarebbe stato oggetto di una segnalazione relativa alla carta di credito anche nel luglio del 2017. Queste le conclusioni dei risk manager: «L'operatività precedentemente descritta viene segnalata come sospetta in quanto le operazioni di utilizzo […] si traducono prevalentemente in operazioni di spesa effettuate presso la categoria merceologica del gambling fisico -in prevalenza presso il casinò di Monaco -. Tale modalità di utilizzo della carta, non risulterebbe apparentemente coerente con le finalità proprie dello strumento di pagamento». Chissà se l'«estroso» Allegri riuscirà a escogitare uno schema per liberarsi dalla marcatura dei solerti bancari che hanno messo sotto osservazione i suoi conti e che forse tifano Toro.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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