2021-05-26
Alla Statale libertà solo per chi sta coi collettivi violenti
Nel 2019 il rettore invocò «diritto d'espressione» per il prof tifoso dei picchiatori antifascisti. Per Marco Bassani nessuna pietà.All'università Statale di Milano si corre lungo un doppio binario. Se sei talmente «antifascista» da elogiare sui social lo zelo di chi rovescia i banchetti degli studenti di destra, il rettore magnifico s'indigna, sì, ma si rassegna: c'è la libertà d'espressione. Se sei un buzzurro populista sessista, che osa ridacchiare su Facebook della star democratica Kamala Harris, ti becchi un mese di sospensione senza stipendio.La punizione è quella di recente inferta al professor Marco Bassani, docente di storia delle dottrine politiche, che lo scorso novembre aveva condiviso con i suoi follower una battuta sulla vice di Joe Biden: «Sarà fonte d'ispirazione per le giovani ragazze, dimostrando che se vai a letto con l'uomo giusto, potente e ben ammanicato, anche tu puoi essere il secondo violino di un uomo con demenza». Sortita inopportuna? Satira sgradevole? Invero, secondo Joann Cavallo, direttrice del Dipartimento d'italianistica della Columbia University, che si è rivolta proprio al rettore di Milano, Elio Franzini, quel post «non è stato per niente lesivo» della dignità delle donne. Inoltre, la sanzione nei confronti di Bassani mette «in pericolo la libertà di parola di tutti» e spalancherebbe le porte a «un mondo nel quale chi dispone del monopolio della violenza legale può agire impunemente - anche grazie alla copertura di chi dovrebbe tutelare la libera ricerca! - senza che la sua azione sia indagata o sottoposta a censura». Ma al di là delle opinioni sul filosofo milanese, magari un po' linguacciuto, rimane la questione della parità nel metro di giudizio: o non punisci nessuno, o punisci tutti. Incluso quel luminare che, come dicevamo all'inizio, inneggiava all'assalto contro gli studenti «fascisti».Ci riferiamo a uno spiacevole episodio accaduto l'11 dicembre 2019, quando un banchetto organizzato alla Statale da Azione universitaria, che non è il Ku Klux Klan ma un'organizzazione legata a Fratelli d'Italia (ovvero, un partito perfettamente democratico e ben rappresentato in Parlamento), fu interrotto dall'incursione violenta di alcuni collettivi. L'aggressione era stata rivendicata dal gruppo denominato Tekoser, ma anche l'Udu aveva rilasciato un lungo comunicato su Facebook, contestando il presidio «scortato da uomini della Digos e della polizia di Stato», attaccando Azione universitaria perché aveva avuto il «coraggio di invitare» in ateneo Mario Borghezio e ribadendo che, per i «fascisti», «non esiste agibilità politica nel nostro ateneo». Ebbene, tra i commenti a quel post era apparso, a un certo punto, quello di Luca Bernardini, professore nel Dipartimento di lingue e letterature straniere, esperto di slavistica, che spalleggiava così i «democratici» studenti: «Avvertite appena lo sapete: come docente sarò felice di venire a portarvi la mia solidarietà antifascista». Proprio così: un prof che di fatto inneggia all'aggressione nei confronti di quelli che potrebbero essere suoi studenti e che, ancora peggio, si proclama pronto a portare la sua «solidarietà», in caso di altre zuffe. Allora, i giovani di Azione universitaria protestarono direttamente con il rettore Franzini, il quale, in un'email, condannava, sì, i fattacci dell'11 dicembre 2019; assicurava, come già scritto in un comunicato pubblico, che «l'ateneo [...] non tollera alcuna violenza verbale e fisica»; e, quanto allo sgradevole commento su Facebook di Bernardini, ammetteva che «chi svolge l'attività di professore non dovrebbe mai presentarsi come tale nei cosiddetti “social"». Tuttavia, Franzini precisava: «Anche in questo caso, sarebbe difficile negare una certa libertà d'espressione, [...] anche se [...] andrebbe esercitata maggiore prudenza di giudizio». Dunque, ricapitoliamo. Un professore osanna la rivolta «antifascista», a quanto pare non soltanto verbale, di collettivi che il rettore, in una missiva ad Azione universitaria, definisce «ampiamente noti», «segnalati», «denunciati». Franzini stesso biasima il collega, se ne rammarica con gli studenti che gli chiedono d'intervenire a loro tutela, ma alla fine scrolla le spalle: non ci si può fare niente, c'è la libertà d'espressione. Tuttavia, quella stessa libertà d'espressione invocata dal rettore, miracolosamente evapora, per lasciar posto a una sospensione di un mese con blocco della paga, quando un altro docente, Bassani, si permette di scherzare sulla nuova eroina della sinistra, Kamala Harris. Senza minacciare alcuno degli iscritti alla Statale, senza parlare come se morisse dalla voglia di rovesciare banchetti e strappare volantini. Evidentemente, il presunto sessismo (che peraltro, secondo la capo dipartimento della Columbia, non sussiste) è una colpa più grave. Ora, se si sceglie d'imboccare la via della censura, essa non può essere a senso unico. Ma più che un'università in cui si comminano sanzioni come fossero divieti di sosta, ne preferiamo una in cui non aleggia lo spirito della buoncostume. Rettore magnifico, non è meglio la libertà sempre?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)