2023-07-30
«Reintegrate 77 dipendenti Alitalia». A rischio l’operazione Ita-Lufthansa
Un giudice nega la «discontinuità» tra vecchia e nuova compagnia di bandiera e impone a quest’ultima di riassumere i cassintegrati (con tanto di stipendi arretrati). Un precedente che può minare l’accordo. Le 45 pagine di una sentenza del Tribunale del lavoro di Roma, depositate il 26 luglio, rischiano di trasformarsi in un meteorite che potrebbe ridurre in pezzi l’accordo tra Lufthansa e Ita airways, la compagnia aerea nata dalla ceneri di Alitalia. È la sentenza 6205/2023 del 14 giugno scorso, con la quale il giudice della quarta sezione del Tribunale del lavoro di Roma, Claudio Cottatellucci, dichiara «la sussistenza del trasferimento di ramo d’azienda» tra la vecchia e la nuova compagnia di bandiera. Secondo Cottatellucci «quanto accertato in questo giudizio non fa residuare dubbi sul fatto che l’attività imprenditoriale della cedente Alitalia sia proseguita senza soluzione di continuità sino alla conclusione del contratto con l’odierna resistente e che anzi tutto sia stato predisposto perché l’attività sino a quel momento condotta dalla cedente potesse essere continuata, appunto senza soluzione di continuità, dalla cessionaria; altrettanto indubbio che la momento della conclusione del contratto di cessione nessun accordo era stato concluso tra le parti sociali». La sentenza, che doveva decidere sul ricorso di 77 dipendenti di Alitalia finiti in cassa integrazione dopo lo stop ai voli, «dichiara per l’effetto il diritto dei ricorrenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della società Ita con decorrenza dal 15 ottobre 2021» e «condanna la società convenuta al pagamento ai ricorrenti delle retribuzioni maturate dalla decorrenza da ultimo indicata». A dimostrarlo, il fatto che «in attuazione del “contratto di cessione del complesso di beni e contratti” del 14 ottobre 2021 il giorno successivo sono stati trasferiti da Alitalia società aerea Italia Spa all’odierna resistente gli aeromobili nella misura indicata in precedenza, con questi sono stati trasferiti i diritti sulle rotte, gli slot, i sistemi informativi a supporto, l’insieme delle informazioni tecnico, commerciali e delle esperienze tecnico industriali, tutti i programmi per gli elaboratori elettronici e i computer». Secondo il giudice, «solo formalmente il personale non è stato compreso nella cessione» e «peraltro neppure si può dire che ne sia stato formalmente escluso se l’acquirente con la conclusione del contratto di cessione ha assunto un obbligo che indica il termine e il limite massimo delle future assunzioni». Inoltre, sempre secondo la sentenza, «l’eventualità che potesse agire a fini assunzionali sul mercato libero è rimasta un’ipotesi meramente residuale, al 15 ottobre, come già rilevato, delle 1.201 persone assunte provenivano da Alitalia in 1.188». La ragione per cui il personale non è stato esplicitamente considerato nel contratto di cessione andrebbe quindi «ricercata esclusivamente nel fatto che le trattative che erano state avviate tra le parti sociali proprio per regolare il mantenimento dei livelli occupazionali non si erano concluse con un accordo». Per questo, prosegue Cottatellucci, Ita «evidentemente ha allora deciso di procedere al di fuori delle disposizioni di legge che regolano sia il trasferimento di ramo d’azienda come la gestione delle eccedenze del personale per assicurarsi piena autonomia nella scelta del personale da assumere». Va ricordato che la Commissione europea aveva già dato l’ok al progetto Ita Airways, riconoscendo la non continuità fra Alitalia e la nuova compagnia. Ma secondo la sentenza di Roma «il contenuto vincolante è quello che ha ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità degli aiuti di stato nel caso Alitalia […], non certo l’eventuale sussistenza del trasferimento del ramo di azienda che non è mai stato oggetto della valutazione della Commissione né avrebbe potuto esserlo». Inoltre, «la differenza di contenuti e destinatari tra questo giudizio e le valutazioni della Commissione, concorrono a far ritenere inaccoglibile» la tesi di Ita, secondo cui «la decisione della Commissione sulla discontinuità economica avrebbe sostanzialmente esaurito ogni necessità di approfondire l’oggetto di questa controversia». Fonti vicine al dossier relativo alla cessione di una quota di Ita a Lufthansa ostentano una relativa tranquillità, convinte che al momento la sentenza, che è di primo grado, non modifichi in alcun modo la giurisprudenza derivante dagli altri pronunciamenti dei Tribunali di Roma e Milano, che hanno accertato la discontinuità giuridica ed economica tra Ita e Alitalia. A oggi, infatti, le sentenze favorevoli a Ita risultano essere 22, con le richieste di 723 lavoratori della vecchia Alitalia respinte dai giudici del lavoro, a fronte delle 77 (ma in realtà le vertenze rimaste aperte fino al fine del dibattimento sarebbero 71), accolte dalla sentenza del giugno scorso. Ma tra gli addetti ai lavori la preoccupazione che l’incertezza del diritto che deriva dal pronunciamento del Tribunale del lavoro di Roma possa spingere Lufthansa a valutare di ritirarsi dall’accordo siglato di recente con il ministero dell'Economia e delle finanze serpeggia. Il gruppo di Colonia acquisirà una partecipazione pari al 41% del capitale sociale di Ita Airways a fronte di un investimento di 325 milioni di euro. Il piano industriale 2023-2027 condiviso tra il Mef e Lufthansa prevede una crescita dei ricavi dai 2,5 miliardi di euro attesi per quest’anno a 4,1 miliardi di euro previsti per il 2027. Uno scenario che difficilmente si potrebbe realizzare se una nuova serie di ricorsi mettesse Ita nella condizione di dover assumere oltre 1.000 lavoratori ex-Alitalia, rimasti fuori dalla nuova compagnia.
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