2021-07-22
Non c’è simmetria tra i sessi. Per fortuna
Alain de Benoist (Getty Images)
Il «manifesto» di Alain de Benoist contro il dogma del gender e la pretesa di imporlo come norma: «Quell'ideologia riduce tutto all'indistinzione, alla Medesimezza, con la sola conseguenza di rendere sempre più difficili i rapporti tra uomini e donne». Per gentile concessione dell'editore, proponiamo un brano tratto da Memoria viva, l'autobiografia di Alain de Benoist, pubblicata per la prima volta in italiano in questi giorni da Bietti (460 pagine, 25 euro). Studioso di filosofia e di storia della cultura e del pensiero politico, de Benoist racconta nel libro idee, letture e incontri che lo hanno reso uno degli intellettuali contemporanei più interessanti e controcorrente.Avendo orrore tanto del puritanesimo quanto dell'edonismo «liberato», non sono molto normativo in materia di preferenze sessuali. Molte non rientrano tra i miei gusti, ma non esprimo alcun giudizio morale. Come diceva Pascal, la vera morale se ne infischia della morale! Ciò non significa che io non creda nell'esistenza delle norme, ma ammetto che si possa benissimo scegliere di vivere al di fuori di esse. Trovo invece ridicolo dire che non ci siano norme, o che qualsiasi modo di vivere possa diventare norma. Ad esempio, reputo l'omofobia - che molto spesso è solo un'omosessualità repressa - assolutamente insopportabile. Ho conosciuto nella mia vita un gran numero di omosessuali: non ho mai notato che avessero meno qualità degli eterosessuali. Talvolta, era persino il contrario. Non dico, però, che l'omosessualità sia «normale» quanto l'eterosessualità, per la semplice ragione che la specie umana si perpetua attraverso la riproduzione sessuata, e gli omosessuali vi contribuiscono in generale meno degli altri. In compenso, trovo che sia del tutto naturale, poiché vi sono sempre stati omosessuali in tutte le epoche e in tutti i Paesi, e nella stessa proporzione, il che tende a confermare numerosi recenti studi empirici, secondo i quali si nasce omosessuali, non lo si diventa. Ciò, d'altronde, pone un problema da un punto di vista darwiniano: un certo numero di ricercatori, anche di recente, ha formulato diverse teorie per spiegare la persistenza nell'evoluzione di un comportamento a prima vista poco adattativo, che logicamente avrebbe dovuto essere eliminato dalla selezione naturale e sessuale. Sono invece del tutto ostile all'ideologia (di origine americana) del gender, secondo cui le differenze di sesso contano poco e l'uguaglianza tra i sessi sarà realizzata davvero solo quando queste differenze verranno eliminate. Quest'ideologia appartiene all'attuale tendenza all'indistinzione, alla Medesimezza, con la sola conseguenza di rendere sempre più difficili i rapporti tra i sessi. Questo non vuol dire che io non ammetta la differenza tra il sesso (biologico) e il genere (culturale e sociale), ma basta guardarsi intorno per constatare come, nell'immensa maggioranza dei casi, il genere non faccia che prolungare il sesso, anche se i ruoli sociali maschile e femminile possono rivestire forme molto variegate all'interno delle differenti culture. A contare è il fatto che questi ruoli sociali non siano mai gli stessi. A questo si aggiunge un terzo elemento, di cui si parla meno, che chiamerei «sesso psicologico»: nel temperamento di molti uomini si trova una componente femminile più o meno grande, mentre nel temperamento di molte donne esiste una componente maschile più o meno consolidata (l'anima e l'animus nella psicologia di Jung). Questo sesso psicologico contribuisce alla personalità, modificando raramente l'orientamento sessuale. Per tenerne conto, bisogna evidentemente ammettere l'esistenza di una natura femminile e una maschile, entrambe associate a tutta una serie di rappresentazioni, forme simboliche e valori specifici (che l'arte e la letteratura sfruttano da sempre). Anche qui, bisogna dunque ammettere la realtà e il valore delle differenze, a cominciare da quella sessuale, la prima con cui ci confrontiamo - e forse anche la più gradevole! Questa differenza non si limita alla fisiologia degli organi genitali, ma riguarda anche il cervello, le modalità percettive e l'espressione dei sentimenti. Non c'è la minima simmetria tra uomini e donne: nell'ambito del desiderio e della seduzione, così come nella vita di tutti i giorni e nella reattività in ogni ambito, donne e uomini si comportano diversamente. Lo studio di tutte queste differenze, tramite la psicologia o la semplice conversazione - ho sempre trovato le conversazioni con le donne più arricchenti di quelle con gli uomini -, è una fonte inesauribile di riflessione. L'uguaglianza tra i sessi, per me, non risiede nella negazione di queste differenze, ma nel riconoscimento del pari valore di maschile e femminile, e della loro complementarietà.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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