2023-03-26
Ora l’Aifa lo certifica. Le reazioni gravi crescono con le dosi
Picco dopo la quarta puntura. Su 971 morti sospette, correlate ai sieri solo 29. Ma l’ente critica il suo stesso metodo di calcolo.E per fortuna che ci dicevano che il secondo richiamo avrebbe aiutato le persone più fragili. Nell’ultimo rapporto Aifa sulla sorveglianza dei vaccini anti Covid, aggiornato al 22 dicembre 2022, la gravità delle reazioni avverse cresce con l’aumentare delle dosi. Dopo la quarta, il picco sale al 43%. Secondo le indicazioni del ministero della Salute dell’ottobre scorso, la seconda dose di richiamo «è raccomandata» per le persone di 60 anni e più, e per gli ospiti delle strutture residenziali per anziani, oltre che per altre categorie definite a rischio, perciò alla luce di questi dati significa che invece di proteggerli li hanno esposti a maggiori eventi dannosi. Basta leggere il quattordicesimo rapporto per rendersene conto. L’agenzia regolatoria dichiara di aver ricevuto 140.595 segnalazioni di sospette reazioni avverse, dal 27 dicembre 2020 al 26 dicembre 2022. Di queste, 26.291 (il 18,7%) erano reazioni gravi. Sempre Aifa precisa che 971 segnalazioni gravi hanno avuto esito fatale, il che significa un morto ogni 27 casi gravi. Viene precisata l’età media delle persone decedute, che è 74,6 anni. Ma allora, a che cosa è servito sottoporli alla vaccinazione bivalente, che ha accentuato i decessi proprio nella fascia che andava maggiormente protetta? «Se fossi un’ottantenne senza quarta dose mi preoccuperei», dichiarava a fine dicembre l’infettivologo Matteo Bassetti. Guardando ai dati Aifa, chi non ha fatto il secondo richiamo forse può ritenersi fortunato. Aggiungeva, il direttore del reparto di malattie infettive al San Martino di Genova: «Così come se fossi un quarantenne che non ha fatto né il vaccino, né il Covid», dovrei preoccuparmi. Però, nell’ultimo report Aifa si legge che «la maggior parte delle segnalazioni», di eventi avversi, «riguardano persone di età compresa fra 30 e 59 anni, senza sostanziali differenze nel rapporto fra gravi e non gravi». Il vaccino sta dando parecchi problemi tra persone non anziane e in età lavorativa, dato allarmante e da non sottovalutare. Se poi consideriamo che il 93,2% delle segnalazioni è di tipo spontaneo e il 6,7% proviene da studio, quindi la farmacovigilanza attiva si occupa di registrare nemmeno il 7% dei casi che si verificano sull’intero territorio nazionale, capite che questo report non fotografa la situazione italiana. La sottostima, enormemente. Anche per l’utilizzo dell’algoritmo, nelle appena 140.595 segnalazioni che sarebbero arrivate nei due anni di vaccinazione considerati. Ritorniamo ancora sugli eventi gravi con esito decesso. Di 971 segnalazioni, 812 (l’83,6%) presentavano una valutazione del nesso di causalità con l’algoritmo dell’Oms, quindi il report Aifa ha preso in considerazione solo quelle. In una percentuale altissima, 59,4%, il nesso è stato definito «non correlabile», perciò 482 segnalazioni sono state cestinate; per il 28,0% il nesso risultava «indeterminato», così altre 227 non sono state prese in considerazione; per il 9,1% la conclusione è stata «nesso inclassificabile per mancanza di informazioni sufficienti», e come conseguenza altri 74 casi sono stati espunti. Alla fine di questa opera di demolizione, appena 29 casi (3,6%) sugli 812 valutati sono risultati «correlabili alla vaccinazione anti-Covid-19». Tutto ciò dopo più di 144 milioni di dosi somministrate.Pensare che è la stessa Agenzia italiana del farmaco, a smentire l’utilità dell’algoritmo dell’Oms. «Si fa presente», scrive, «che in termini generali non esiste un intervallo predefinito e sempre valido per considerare plausibile un’associazione temporale tra una vaccinazione e un evento avverso, ma il tempo di insorgenza dipende dal tipo di evento (finestre temporali di rischio entro le quali è plausibile che uno specifico evento possa essere correlabile alla vaccinazione)». Dopo una simile affermazione, ci si aspetterebbe una valutazione più allargata ai molteplici fattori che potrebbero aver provocato la reazione avversa, associati al vaccino, come predisposizione genetica o altre patologie che agiscono come concause. Invece, l’Aifa riporta i tre gruppi di complessivi 29 casi ritenutiti correlabili alla vaccinazione e la valutazione lascia sconcertati, per i soli criteri ritenuti ammissibili. Considera i «casi di fallimento vaccinale», ovvero 14 pazienti che si sono ammalati di Covid-19 in un tempo variabile dai 20 ai 211 giorni dopo il completamento del ciclo vaccinale, riportando delle complicanze legate alla patologia che ne hanno provocato il decesso». Il secondo gruppo è rappresentato da 12 persone vaccinate con vaccino a vettore adenovirale «nelle quali si sono manifestati eventi avversi trombotici specifici su base autoimmune e associati a trombocitopenia, tra i 7 e i 25 giorni dalla vaccinazione, con una rapida e infausta evoluzione clinica». Poi, ammette la correlazione per tre anziani con pluripatologie che, a breve intervallo di tempo dalla vaccinazione, hanno manifestato sintomi attesi e intercorrenti, quali febbre, astenia, diarrea, che hanno causato «uno scompenso del già delicato equilibrio di tali pazienti, causandone un aggravamento delle condizioni di salute e il successivo esito fatale nei mesi successivi». E tutti gli altri? Le migliaia di persone che vivono con la salute compromessa dopo la vaccinazione? Senza contare che Aifa appare soddisfatta perché solo il 21% delle persone, su 140.595 segnalazioni, non risulta ancora guarita. Si tratta pur sempre di 30.785 persone che hanno ancora bisogno di medici, di assistenza, di cure. E sono numeri assolutamente al ribasso, rispetto alla reale situazione dei danneggiati da vaccino anti Covid.