2023-04-30
Agenzia di collocamento M5s. Le nuove poltrone dei grillini
L'ex sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, durante la visita alla Axiom space nel maggio dell’anno scorso
Non solo Luigi Di Maio. L’ex sottosegretario Manlio Di Stefano sparato nello spazio a 17.000 euro al mese: un’azienda visitata quando era al governo ora lo paga dal Delaware.Alfonso Bonafede si è fatto nominare nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dopo l’esperienza in Via Arenula: incasserà un «gettone» di 1.500 euro a seduta.Lo speciale contiene due articoli.Dalle 5 stelle allo spazio infinito. La parabola del grillino di tendenza dimaiana Manlio Di Stefano potrebbe ispirare una qualche saga hollywoodiana di fantascienza tanto è surreale. Per chi non ricordasse questo campione del grillismo duro e puro vale la pena di fare un piccolo ripasso: classe 1981, partito dalla natia Palermo nel 2006 con una laurea di ingegneria informatica in tasca, partecipa ai primi due Vaffa-day. Nel 2013 entra in Parlamento e nel 2018 toglie l’elmetto e indossa la feluca diventando sottosegretario agli Esteri, ruolo in cui viene confermato al fianco di Luigi Di Maio nei governi Conte2 e Draghi. Nel 2022 manda a quel paese Beppe Grillo e Giuseppe Conte e segue l’inventore dei navigator nel buco nero di Insieme per il futuro (il loro). Ma dopo l’implosione della neonata formazione, Di Maio e Di Stefano trovano subito un nuovo lavoro. L’ingegnere, da buon ex pentastellato, addirittura è stato ingaggiato da una compagnia aerospaziale americana. Il fu sottosegretario oggi percepisce decine di migliaia di euro come consulente di Axiom space inc., azienda co-fondata nel 2016 da Michael Suffredini, ex program manager della Stazione spaziale internazionale (Iss), una «Delaware corporation» (lo staterello Usa che non tassa i guadagni realizzati fuori da esso) con quartier generale a Houston, in Texas. Axiom è l’unica società privata ad aver siglato un accordo con la Nasa per lo sviluppo di una stazione spaziale commerciale che potrà agganciarsi alla Iss.Il 21 ottobre scorso Di Stefano ha chiuso la sua esperienza governativa, pochi giorni prima quella da parlamentare. Neanche il tempo di svuotare gli scatoloni e ha firmato un contratto di consulenza a stelle (ovviamente) e strisce. L’accordo, a quanto risulta alla Verità, ha la durata di un anno (1 novembre 2022- 31 ottobre 2023), è, con ogni probabilità, rinnovabile e da gennaio a marzo ha fatto incassare a Di Stefano, spalmati in cinque bonifici (ordinati dalla Axiom space operating, con sede a Wilmington, Delaware), circa 85.000 euro. Se si trattasse, come possibile, dei primi mesi di «stipendio» significherebbe che il Di Stefano consulente guadagna circa 17.000 euro al mese, più di quanto prendesse il Di Stefano sottosegretario.Sembra preistoria il tempo in cui l’ingegnere siciliano strepitava contro la Casta o l’Alleanza atlantica, come un filorusso qualsiasi. «Nel voler forzare l’ingresso di Kiev nella Nato gli Stati Uniti stanno giocando con scenari da Terza guerra mondiale», diceva nel 2017. Ma adesso è diventato uomo di provata fede atlantista e ha sposato (ben retribuito) il progetto Axiom.Il Foglio, il 22 aprile, ha raccontato, citando l’agenzia Vietnam news, che Di Stefano, a febbraio, avrebbe partecipato a Roma a una riunione del Comitato dei Paesi dell’Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico) in qualità di consulente senior della Axiom. Ma su Internet non si trovano altre notizie. Forse perché, secondo la legge Frattini del 2004, che regola i possibili conflitti di interesse di coloro che hanno ricoperto incarichi di governo, per un anno dalla fine dell’impegno istituzionale non si potrebbero «esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati».E qui il conflitto sembra esserci tutto. Anche perché, come si può verificare sulla Gazzetta ufficiale, il tre volte parlamentare nel governo Draghi aveva le deleghe alle «questioni relative allo spazio e all’aerospazio».Con l’ex presidente della Bce a Palazzo Chigi e Di Stefano alla Farnesina, nel luglio del 2021, la società americana ha scelto Thales Alenia space per la costruzione, a Torino, dei primi due moduli pressurizzati della propria stazione spaziale privata, il cui lancio è previsto per il 2024 e il 2025. Un affare da 110 milioni di euro.Nell’aprile del 2022 la Farnesina dirama un comunicato ufficiale sulla missione negli Stati Uniti del sottosegretario tra il 25 e il 28 aprile 2022 (all’epoca andare all’estero per la Festa della Liberazione non era considerato peccato mortale), in cui si leggeva: «L’Onorevole Di Stefano ha avuto a Washington e a Houston fruttuose riunioni con le maggiori imprese americane del settore aerospaziale, tra cui Axiom, Blue origin e Voyager space, per “discutere di nuove collaborazioni in materia di lancio, ricerca e stazioni spaziali del futuro”».Su un secondo, ravvicinatissimo, incontro (risalente al 3 maggio 2022) non abbiamo trovato dispacci del dicastero, ma una notizia sul sito dell’azienda americana: «Il Sottosegretario agli Affari esteri italiano Manlio Di Stefano ha visitato la sede di Axiom space insieme al colonnello dell’Aeronautica militare italiana e apprendista astronauta governativo di Axiom Walter Villadei per discutere dei progressi compiuti verso la costruzione della Stazione Axiom, la prima stazione spaziale commerciale al mondo». In quel momento Villadei aveva iniziato il suo addestramento presso il centro e Di Stefano veniva immortalato con indosso un visore di quelli che si usano nella realtà aumentata. Forse anche lui un pensierino a un viaggio nello spazio lo avrà fatto. Nella nota si dava conto dell’incontro tra Di Stefano e il ceo Suffradini con un certo entusiasmo: «Attraverso questa importante partnership e la continua collaborazione con l’industria italiana, le aziende stanno lavorando insieme per costruire Axiom station e addestrare una nuova classe di astronauti governativi. Questi sforzi combinati forniranno l’accesso globale allo spazio e faranno avanzare l’economia dell’orbita terrestre bassa».Dopo un paio di settimane, il 19 maggio, il ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao firma un memorandum con Axiom che approfondiva «la cooperazione tra il Governo italiano e l’azienda statunitense per lo sviluppo e l’attuazione di progetti aerospaziali». Lo stesso giorno l’Intergruppo parlamentare dedicato allo Spazio della Camera dei deputati incontra Suffredini.Il mese successivo Di Stefano lascia il Movimento per seguire Di Maio. Passano pochi mesi e il politico palermitano diventa senior advisor di Axiom. La trasmutazione da pentastellato a interstellare è completata.In questi giorni abbiamo chiesto più volte delucidazioni a Di Stefano, il quale, però, particolarmente loquace e aggressivo durante il suo percorso di militante grillino (l’elenco degli insulti contro i politici «delinquenti» sarebbe lungo, ma ve li risparmiamo per carità di Patria), ha improvvisamente perso il dono della favella e non è riuscito a rispondere a legittime domande come queste: è possibile sapere che tipo di accordo la leghi alla Axiom e quale tipo di incarico è stato chiamato a svolgere? La Axiom la ha ingaggiata per la sua formazione di ingegnere informatico o come responsabile dei rapporti istituzionali nel nostro Paese per il suo vecchio incarico politico? Lei, in veste di sottosegretario, ha curato il memorandum di intesa con il governo italiano: c’è un nesso tra quell’operazione e l’attuale collaborazione? Tramite chi le è arrivata l’offerta lavorativa? Abbiamo anche inviato qualche quesito sulla durata del mandato e sugli emolumenti percepiti. Oltre che, ovviamente, sulla legge Frattini e il possibile conflitto di interessi.Di Stefano è rimasto ostinatamente in silenzio. Forse era già in orbita con Axiom o dentro a un simulatore antigravità a sperimentare la sensazione di vagolare libero nel cielo infinito. Magari sparato nello spazio da un bel Vaffa dei grillini che gli avevano creduto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/agenzia-collocamento-m5s-poltrone-grillini-2659930861.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="poltroncina-dorata-pure-a-fofo-dj" data-post-id="2659930861" data-published-at="1682807582" data-use-pagination="False"> Poltroncina dorata pure a «Fofò dj» Anche l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, iscritto all’ordine degli avvocati dal 2006, tiene famiglia. E si è fatto regalare dal Parlamento uno strapuntino da 3.000 euro al mese dentro al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt) e in cambio di questo gettone dovrà unicamente presenziare a due plenum mensili. Insomma 1.500 euro a seduta: non male. L’organo di autogoverno dei giudici tributari è composto da 16 membri: 11 eletti dai giudici tributari (come i togati del Csm) fra colleghi in servizio, e 4 dal Parlamento: 2 dalla Camera e 2 dal Senato. Il compenso, come detto, oltre ai rimborsi di vitto, alloggio e trasferte, è di 3.000 euro netti al mese. Però, a differenza del Csm, i componenti del Cpgt possono tranquillamente continuare a fare le proprie attività. Ad esempio, l’attuale consigliere Giacinto Della Cananea (noto per aver partecipato alla stesura del programma del primo governo Conte) ha continuato a svolgere durante questi 4 anni l’incarico di professore di diritto amministrativo alla Bocconi. In altre parole, i 3000 euro si cumulano. I 4 laici eletti dal Parlamento devono essere professori di diritto o «difensori» (non solo avvocati) presso le commissioni tributarie da almeno 12 anni. Bonafede è entrato per il rotto della cuffia: lui ha racimolato l’esperienza richiesta nel 2022 (il conteggio si è interrotto nei quasi tre anni al ministero). Negli altri organi di autogoverno, come il Csm, gli anni richiesti erano 15. Per Bonafede c’è chi intravede un possibile conflitto di interessi. Il Cpgt tutela «l’autonomia e l’indipendenza» dei giudici tributari dagli altri poteri dello Stato. Bonafede ha fatto il ministro della Giustizia (potere esecutivo), scrivendo decreti e regole sui giudici ed ora si trova dall’altra parte della barricata. In pratica, potrebbe dover prendere decisioni su provvedimenti presi quando era Guardasigilli. Le norme non vietano questo corto circuito (non esistono precedenti nella storia della Repubblica forse perché nessuno aveva mai immaginato che un ex ministro potesse un giorno andare in un organo di autogoverno), ma per qualcuno ci troveremmo di fronte alla classica «sgrammaticatura istituzionale». È anche vero che la giustizia tributaria nella fase del merito, quindi presso le corti tributarie di primo e secondo grado, risponde al ministero dell’Economia e delle finanze, ma nella fase di legittimità, quindi davanti alla Cassazione, finisce sotto l’influenza del ministero della Giustizia. Presso la Suprema corte esiste la «sezione tributaria» dove è attualmente pendente la metà del contenzioso civile del Paese: circa 50.000 ricorsi. Ed infatti la riforma prevista dal Pnrr prevede espressamente un abbattimento dell’arretrato e dei tempi di definizione di questi procedimenti (che valgono 2 punti di Pil). Ma nel nuovo Consiglio c’è anche un altro piccolo caso, quello di Giorgio Fiorenza, giudice tributario dal 1992. Non è avvocato o professore di diritto, ma è un geometra. Fa parte di questa magistratura perché è onorifica ed è composta da avvocati, professionisti e magistrati che di fatto fanno un «doppio lavoro». I geometri, in particolare, possono esercitare la difesa per i contenziosi in materia di Catasto davanti alle commissioni tributarie e Fiorenza, pertanto, secondo alcuni, doveva essere eletto fra gli 11 togati e non fra i 4 laici. Per questo la sua elezione potrebbe essere contestata quando ci sarà la verifica dei titoli al primo plenum. In Parlamento i nomi sono arrivati blindati e nessuno sembra essersi accorto di questa possibile collocazione nella «quota» sbagliata. Come avviene per i laici, anche gli eletti fra i magistrati tributari continueranno a fare il proprio lavoro: al Cpgt ci sono adesso il procuratore di Viterbo Paolo Auriemma (notissimo per le chat di Luca Palamara su Matteo Salvini «da colpire») e quello di Terni Alberto Liguori, rimosso sempre per le chat con l’ex presidente dell’Anm e reintegrato la scorsa settimana dal Tar.