2019-06-03
Poliziotti nel mirino: sette al giorno aggrediti da stranieri irregolari
Nel 2018, sono stati aggrediti 2.646 tutori dell'ordine. E circa la metà di questi attacchi è opera di stranieri. La denuncia: «Siamo bersagliati, ma non di rado sono i violenti che denunciano noi».La sindacalista Patrizia Bolognani: «Se le ferite subite in servizio sono lievi non arrestano nemmeno l'assalitore. Confidavamo nel decreto Sicurezza bis, che delusione il suo rinvio».Lo speciale contiene due articoli.Gli immigrati? Ora azzannano gli agenti delle forze dell'ordine. Come a Torino, dove un nigeriano di 23 anni ha staccato a morsi la falange a un poliziotto negli uffici della Questura. I numeri degli attacchi ai tutori dell'ordine sono impressionanti e in crescita: nel 2018 gli agenti aggrediti sono stati 2.646, più di sette al giorno. I dati più recenti sono quelli raccolti dall'Associazione sostenitori amici della polizia stradale. E si avvicinano molto al numero che circola tra i sindacati di polizia, che parlano di circa 3.000 aggressioni e di 12 morti. Pochi giorni fa, l'ufficio stampa della polizia di Stato ha fornito alla Verità anche i dati che riguardano gli agenti in servizio nei primi mesi del 2019: ci sono già 248 poliziotti feriti e due uccisi.Ma sono i carabinieri, stando ai dati Asaps, i più bersagliati: di aggressioni ne hanno subite 1.210, pari al 45,7% del totale. Segue la polizia, con 1.137 episodi censiti (il 43%). Il dato è in netto aumento rispetto al 2017, quando i poliziotti aggrediti erano il 37,7% del totale. Ma sono ogni giorno in trincea anche gli agenti della polizia locale, che nel 2018 hanno subito 305 aggressioni, l'11,5% dei casi censiti. Anche per loro il dato è in crescita rispetto al 2017 (10,5%). A tutte le altre forze di polizia (Finanza e polizia provinciale) il restante 2,6%, cioè un centinaio di casi. Gli immigrati sono stati protagonisti di 1.264 aggressioni, un numero che in percentuale si avvicina alla metà del totale: un impressionante 47,8%. Anche qui, parliamo di un fenomeno in aumento: nel 2017, i casi di aggressione da parte di un immigrato si erano fermati al 45,7% del totale. L'altro dato preoccupante è che in più di 700 episodi, lo straniero violento era ubriaco o drogato. I fatti più eclatanti finiscono sui media nazionali. Ma è ciò che accade ogni giorno sulle strade, nelle periferie cittadine e persino in pieno centro, o sui treni, nel silenzio della grande stampa, a inquietare. I sindacati di polizia sono preoccupati. E lo sono ancor più gli operatori, che non si sentono tutelati. Il caso dell'azzannatore nigeriano a Torino, Ifada Elvis, irregolare pregiudicato, è l'ultimo. Però di «famelici» extracomunitari dai denti affilati se ne trovano diversi in giro per la Penisola. Prendete la disavventura capitata a un agente milanese nel novembre scorso. Durante un intervento per fermare un egiziano, che con un martello stava spaccando i finestrini delle auto parcheggiate fuori dalla stazione Certosa, il malcapitato è stato morso alla mano. In ospedale gli hanno dovuto amputare la falange del dito medio della mano sinistra. Medesima sorte è toccata a un agente della polizia locale che, durante un controllo a Vicenza, il 17 aprile scorso, è stato aggredito da un immigrato nigeriano al quale aveva chiesto i documenti. Anche a lui è stata staccata una falange. È stato azzannato a una gamba, invece, uno degli agenti che, ancora una volta a Torino, il 21 dicembre scorso, aveva tentato di controllare i documenti a un nigeriano senza fissa dimora. Il poliziotto è finito in ospedale con tre giorni di prognosi e qualche punto. A Macerata, il 29 settembre 2018, l'aggressione ai carabinieri è stata doppia. Due nigeriani si sono ribellati durante un controllo e uno di loro ha morso sul petto uno dei militari, che è rimasto ferito. Un altro caso a Salò: lì, l'8 marzo scorso, un nigeriano che mendicava davanti a un market ha aggredito gli agenti della polizia locale, azzannandone uno a un polpaccio. Durante le zuffe, però, le belve fermate per i controlli tirano fuori anche qualche altra arma segreta: gli artigli. A Montesilvano (Pescara), il 23 dicembre 2018, un vucumprà ha aggredito un agente di polizia locale, graffiandolo al volto. Altre volte i riottosi sono proprio armati. A Torino, il 21 aprile, un senegalese di 26 anni, con due decreti d'espulsione, ha assalito due poliziotti e una guardia giurata con una spranga di ferro. Ed è anche riuscito a fuggire. A Sassari, il 24 marzo, un giovane immigrato, senza permesso di soggiorno, è entrato in Questura armato di un coccio di bottiglia e ha ferito due poliziotti. Di nuovo nel capoluogo piemontese, il 29 luglio 2018, un somalo ha puntato un oggetto acuminato alla gola di un agente di polizia, ferendolo poi a una spalla. Ma per dare addosso agli «sbirri» si usano pure le pietre.Il 7 febbraio, a Viareggio, un nordafricano, nel corso di un'operazione antidroga, ha colpito un agente alla testa con un mattone, mandandolo in ospedale con un grave trauma cranico. A Vittoria, in provincia di Ragusa, l'8 maggio un senegalese ha preso a sassate una pattuglia della polizia di Stato. Pattuglia aggredita anche a Firenze il 9 gennaio 2019: una banda di nigeriani, durante un controllo nello scompartimento di un treno, ha assalito i poliziotti. Bilancio: tre agenti ricoverati in ospedale. Il bollettino di guerra è lungo. E spesso coinvolge, appunto, chi è in servizio sui treni. È accaduto, ad esempio, a Milano, l'8 maggio 2018: un agente di polizia è stato picchiato da un gruppo di immigrati che viaggiavano di domenica pomeriggio sul Milano-Tirano senza biglietto. A Frosinone, il 16 aprile scorso, il protagonista è stato ancora una volta un nigeriano: siccome era sprovvisto di documenti e anche di titolo di viaggio, ha pensato bene di aggredire capotreno e poliziotti. In tre sono finiti in ospedale. «Arancia meccanica» anche a Potenza, dove, il 13 agosto 2018, un nigeriano sorpreso senza biglietto sul treno ha aggredito e mandato in ospedale due agenti della polfer. A Galatina, invece, il 9 gennaio 2019, un nigeriano viaggiava senza biglietto e con i piedi sul sedile. Al controllo si è scagliato contro gli agenti. E nella lista è rientrata Firenze: il 4 marzo scorso, scene da Far west alla stazione, con protagonista un gruppo di immigrati che ha preso di mira i vigili urbani durante un arresto. Una menzione speciale la merita il Foggiano, con l'incandescente Borgo Mezzanone, la frazione di Manfredonia che è un'enorme baraccopoli occupata da immigrati. Lì, l'8 ottobre 2018, due agenti sono stati circondati e picchiati da 50 extracomunitari infuriati per il tentativo di arresto di un gambiano. «I due colleghi se la sono “cavata" rispettivamente con 30 e 15 giorni di prognosi, grazie all'arrivo di altre volanti», ha spiegato alla Verità Giuseppe Vigilante, segretario provinciale del sindacato autonomo di polizia. «Ma a Foggia la situazione è tesissima», ha proseguito Vigilante: «Abbiamo quattro mafie, vari ghetti e a Borgo Mezzanone c'era il Cara, che per fortuna adesso è in fase di svuotamento». E come molti sindacalisti, anche lui ha lamentato l'assenza dello Stato: «Se siamo noi poliziotti inquisiti, il ministero si costituisce parte civile tramite l'avvocatura. Ma se siamo la parte lesa, veniamo abbandonati. Quanto agli stranieri a Foggia, poi, c'è da dire solo una cosa: siamo invasi». Che dallo Stato non arrivi un supporto adeguato agli agenti feriti, lo ha confermato alla Verità anche Girolamo Lacquaniti, portavoce dell'Associazione funzionari di polizia. Anche perché i violenti, qualche volta, si permettono addirittura di denunciare chi li ha arrestati. «Io fui citato in giudizio da un uomo che avevo arrestato quando dirigevo la squadra mobile», ha raccontato Lacquaniti. «Lui perse la causa civile e fu condannato a pagare le spese. A questo punto il ministero, che mi aveva anticipato una parte della somma per la difesa, mi ha chiesto di restituire tutto, visto che sarebbe stato il colpevole a saldare. Peccato, però, che costui si fosse dichiarato nullatenente… Alla fine, chi deve tirare fuori i soldi sono io». Lacquaniti ha riferito anche di un «collega che ebbe un conflitto a fuoco con un albanese. Assolto in sede penale, è in causa civile da 10 anni. È per questo che, viste le novità introdotte con la riforma della legittima difesa, ci saremmo aspettati che anche per il legittimo uso delle armi da parte di un agente si eliminasse l'ipotesi di risarcimenti in sede civile. Non è andata così». Sulla solitudine delle divise ha insistito Vigilante: «Per fronteggiare gli assalti ed evitare di finire sotto inchiesta, i teaser elettrici sarebbero l'ideale. Solo che non li abbiamo ancora ricevuti».Che gli assalti subiti dalle forze dell'ordine non siano destinati a diminuire, lo confermano i tanti misfatti dei primi mesi del 2019. A Brindisi, il 13 aprile, un'aggressione durante un controllo in un dormitorio di immigrati ha mandato due agenti della polizia locale in ospedale. Altro controllo, altra aggressione: a Salerno, il 7 marzo, un agente di polizia è finito al pronto soccorso. A Reggio Calabria, il 15 aprile, un nigeriano trovato in possesso di droga all'interno di un'abitazione ha aggredito a calci e pugni gli agenti che volevano condurlo in Questura. A Treviso, invece, il 30 aprile, una pusher nigeriana, dopo averla attaccata, è riuscita a strappare la pistola a una finanziera. Ha provato a fare fuoco, ma per fortuna l'arma aveva la sicura inserita. Ma non sono solo i controlli a far perdere la testa agli immigrati. Spesso le aggressioni sono legate ai permessi di soggiorno. A Cagliari, ad esempio, il 17 settembre 2018, un nigeriano che voleva ottenere i documenti come rifugiato senza averne diritto, al diniego si è scagliato contro un poliziotto. A Milano, il 10 maggio, invece, è accaduto l'impensabile: un tunisino con il permesso di soggiorno pretendeva il rimpatrio. Quando gli agenti hanno scoperto che era in regola, ha dato di matto e li ha aggrediti.Secondo Lacquaniti, «il problema non sono gli stranieri in quanto tali. Non conta di dove sei, ma chi sei. Il problema, cioè, è che queste persone non hanno nulla da perdere. E nella loro situazione, incoraggiate da un messaggio di impunità che ormai è passato, alla fine decidono che è meglio assalire gli agenti piuttosto che collaborare con loro. Dalla diminuzione del rispetto per le autorità, non può che derivare uno stato di aggressione sistematica». Come negli anni di piombo. Ma a chi tenta di massacrare gli agenti, non serve più la P38. Qualche volta, bastano i canini. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/agenti-nel-mirino-immigrati-fuori-controllo-ogni-giorno-7-poliziotti-feriti-2638652622.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-magistrati-dovrebbero-difenderci-e-invece-spesso-ci-mettono-alla-sbarra" data-post-id="2638652622" data-published-at="1758241534" data-use-pagination="False"> «I magistrati dovrebbero difenderci e invece spesso ci mettono alla sbarra» Patrizia Bolognani è vicesegretario provinciale del sindacato di polizia di Padova. Il tema delle aggressioni ai tutori dell'ordine lo conosce bene: «Sono finita in ospedale dodici volte», dice alla Verità. Gli assalti degli stranieri agli agenti sono frequenti? «Sì. Anche un controllo documenti si può trasformare in una tragedia». Anche un'operazione banale diventa pericolosa? «Sì. Queste persone recepiscono male le richieste e diventano aggressive. In questo momento noi ci sentiamo sotto attacco». Siete sotto attacco? «E spesso non possiamo difenderci». Perché? «Pensi al caso di Torino». Il nigeriano che ha staccato a morsi la falange a un poliziotto? «Proprio quello». Allora? «Quell'uomo si rifiutava di fornire le impronte e ha dato in escandescenze. In casi come questo scattano le diatribe con le Procure, perché questi soggetti non possono essere sedati. Ma allora li dobbiamo obbligare con la forza…». È logico. «Però pure sull'uso della forza poi sorgono recriminazioni. Ci sentiamo con le spalle al muro. La magistratura ci deve dare una mano». Non ve la sta dando? «Ha un ventaglio di opzioni per agire, ma poi subentra la discrezionalità». Cioè? «Quello che decide un magistrato a Torino non è lo stesso di quello che un magistrato decide a Bolzano o a Roma…». E questo cosa comporta? «L'agente non si sente supportato su tutto il territorio nazionale». Che fare? «Be', adesso si discute del decreto Sicurezza bis». Sì, era stato rinviato a dopo le elezioni europee. «Appunto. Questa è l'ennesima dimostrazione che la politica non vuole schierarsi dalla parte nostra». Non vi andava giù il rinvio? «No, speravamo in una maggiorazione delle pene per chi ci aggredisce. Aver fermato il decreto è stata una pugnalata». Una pugnalata? «Sì. Senza poteri e senza un messaggio chiaro di vicinanza da parte delle istituzioni, non siamo certo incentivati a lavorare in strada». Che intende? «Vista la situazione, non appena maturano l'anzianità, i colleghi cercano di andare a lavorare in ufficio». Quando parla di istituzioni a cosa pensa? «Mi viene in mente l'avvocatura dello Stato». Per quale motivo? «Se a sbagliare siamo noi tutori dell'ordine, lo Stato, tramite l'avvocatura, si costituisce parte civile». E se le vittime siete voi? «Non ci difende». Non vi difende? «L'agente che è stato ferito deve pagarsi un legale di tasca sua. Le sembra normale?». Per lei qual è la contromisura più urgente? «L'arresto obbligatorio dell'aggressore». Ora non lo è? «No. E se la prognosi dell'agente ferito viene ritenuta esigua dalla magistratura, l'aggressore viene denunciato a piede libero…». Resta a spasso? «Non solo. Il processo magari dura quattro anni, quindi la condanna non arriva subito. Nonostante non si parli quasi mai di incensurati». E le cure dell'agente? «Se le paga da solo. Infatti io dico: lo Stato ci fornisca un'assicurazione per far fronte subito alle spese…». Ma delle forme di indennizzo sono già previste. «Per accedervi, però, il poliziotto deve affrontare una causa di servizio». E qual è il problema? «Che la causa di servizio dura quattro o cinque anni. Tra l'altro l'indennizzo si basa su una tabella tariffaria che risale a 30 anni fa, quindi i risarcimenti sono irrisori». Un quadro sconfortante. «Nel 2018 le forze dell'ordine hanno contato 12 morti e quasi 3.000 feriti. E i primi mesi del 2019 sono stati altrettanto catastrofici». Sì, i casi sono già parecchi. «Chi delinque è “incentivato" ad assalire i poliziotti, gli agenti invece sanno che ci vuole un attimo a diventare imputati, perché è l'aggressore a denunciarli per aver usato maniere forti». È l'aggressore che denuncia voi poliziotti? «Certo! Ma noi per difenderci mica possiamo recitargli una poesia… Perciò, per fugare subito ogni dubbio, può essere utile la telecamera sulle divise». E il taser elettrico, bocciato a Milano? «Noi l'aspettiamo ansiosi». Lei è stata testimone di qualche aggressione? «Io stessa, in 30 anni di servizio, ho avuto dodici ricoveri ospedalieri». Dodici ricoveri? «Calci, pugni, sprangate…». Ma è stata aggredita anche da stranieri? «Veramente io sono stata aggredita solo da stranieri». E per essere presi a pugni, calci e sprangate, quanto vi pagano? «Per andare in strada ci danno 5 euro in più a uscita. Poi ci sono gli straordinari. Però…». Però? «Il pagamento degli straordinari è in arretrato di un anno e mezzo». I colleghi sono frustrati? «È ovvio. Immagini un poliziotto che ha moglie e figli, un mutuo e si ritrova sottoposto a tre procedimenti: disciplinare, amministrativo e penale. Se finiamo indagati ci sospendono dal servizio. Ci decurtano lo stipendio. Dobbiamo pagarci le spese legali. E per cosa?». Proprio non la vede una via d'uscita? «Ripeto: molti di noi speravano nel decreto Sicurezza. Sarebbe stato innanzitutto un segnale dato ai delinquenti. Il rinvio è stato proprio una delusione». È una situazione dolorosa, perché voi rappresentate lo Stato. «Già. E lo Stato non ci difende».
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco