2025-03-15
Tutto quello che non torna nell’affare della commessa bocciata da Arcuri e Cts
Domenico Arcuri (Imagoeconomica)
L’intercettazione in cui si tira in ballo D’Alema scatena l’attenzione della commissione Covid: «Indagheremo». Nelle carte le stranezze di uno stop anomalo, poi rimangiato.Il pasticcio delle mascherine fornite dalla Imagro di Genova alla Struttura commissariale quando era guidata da Domenico Arcuri sarà approfondito. Infatti, dopo che i pm romani hanno chiesto l’archiviazione per tutti gli indagati coinvolti nella vicenda, il capo gruppo di Fratelli d’Italia nella commissione parlamentare Covid, Alice Buonguerrieri, ha letto l’intercettazione pubblicata ieri dalla Verità in cui veniva citato l’ex premier Massimo D’Alema e ha dichiarato: «Secondo la ricostruzione audio, l’allora commissario Arcuri avrebbe annullato una commessa da decine di milioni di euro per favorire una cordata legata a D’Alema. Occorre fare piena luce e Fdi lavorerà per questo in commissione Covid».I carabinieri, il 24 settembre 2021, avevano captato le parole dell’avvocato Federico Tedeschini, colui che ha proposto ricorso per la Imagro dell’imprenditore genovese Massimo Pollio davanti al Tar: «Arriva il mio amico, quel “cicciotto” come si chiama? […] eh, hai capito, quello della Rai, arriva D’Alema, Arcuri gli annulla il contratto, cioè gli dice il contratto è finito. Il contratto è finito? Come è finito. Finito perché abbiamo il parere negativo del comitato tecnico scientifico. Tieni conto che lui aveva presentato un prodotto che aveva prima […] mascherine. Allora io sono riuscito con la storia dell’accesso agli atti del Comitato tecnico scientifico...».Nell’informativa finale degli investigatori, datata giugno 2023, la conversazione è così riassunta: «Nella circostanza Tedeschini […] afferma che Invitalia avrebbe sospeso il contratto per le mascherine con la ditta di Pollio per favorire un’altra compagine, facente capo a un soggetto denominato “cicciotto” e “giornalista Rai”, verosimilmente Mario Benotti». Il quale, con un gruppo di intermediari, aveva fornito alla struttura commissariale ben 800 milioni di mascherine in cambio di 1,2 miliardi di euro. Un accordo che aveva garantito al giornalista e ad altri suoi sodali decine di milioni di euro di provvigioni.Ma perché Tedeschini, uno dei principali avvocati amministrativisti italiani, uomo di mondo e di relazioni, sostiene che dietro alla rescissione del contratto della Imagro ci fosse l’affare di Benotti, ma soprattutto D’Alema, professionista da 3 milioni di euro l’anno con la sua società di consulenza? Tedeschini, contattato dalla Verità, gigioneggia da par suo: «Ho letto il suo articolo. C’è solo un piccolo particolare: che le intercettazioni ce le hanno tutti, meno che l’indagato…».Gli ricordiamo che Benotti per lui non era un passante, bensì un cliente che conosceva bene: «Bravo. Sono stato l’avvocato di Benotti non in questa vicenda, ma in una di due anni prima che riguardava la Banca Popolare di Spoleto (di cui Benotti era consigliere d’amministrazione, ndr). Dove io ho vinto l’unica causa nella storia della giustizia amministrativa contro un commissariamento pronunciato dalla Banca d’Italia. Questo è quanto».Quindi vi conoscevate bene ed è stato Benotti a parlarle di D’Alema? «Guardi, Benotti, io dopo quella vicenda, l’ho rivisto una volta, ma per questioni sue con l’università, non per le mascherine». Ma allora perché ha citato l’ex premier? «Le ripeto, se io riuscirò ad avere tutte le intercettazioni, non solo il pezzo da lei citato, potrò risponderle… ma finché non me le fanno leggere…». L’avvocato (indagato e imputato) è un fuoco d’artificio: «Mi piacerebbe molto essere convocato dalla commissione Covid, alla quale riferirei quello che ho detto a lei. Spero che la commissione, con i suoi poteri di polizia giudiziaria, acquisisca questi 3-4 terabyte di intercettazioni, nei quali si scopriranno cose curiose». Quali? «Che sono stati intercettati in violazione di legge dei colloqui con i miei clienti, che sono stati estrapolati dei passaggi per incriminarmi...». Poi torna sull’intercettazione: «Datemi la prova che io abbia detto queste cose. Non me le ricordo e oggi non le posso ricostruire. Sinceramente, io che D’Alema si occupasse di mascherine non l’ho mai saputo. Altrimenti avrei notificato a Benotti, come controinteressato, i miei ricorsi preparati per Imagro. Mi deve credere. A meno che lei non pensi che io voglia coprire l’ex premier per qualche ragione. Se fosse così sarei colpevole di tutto». Quando potremo anche noi leggere l’intera intercettazione o quella in cui «i presenti commentavano la figura di Arcuri ed i suoi rapporti con alcuni politici», forse il quadro sarà più chiaro. Certamente la vicenda del contratto con la Imagro, revocato e poi rinnovato qualche perplessità la suscita. E conferma la confusione con cui è stata gestita l’emergenza Covid.Per esempio nella richiesta di rinvio a giudizio per frode in pubbliche forniture nei confronti del gruppo di Benotti & C. i pm stilano un lungo elenco di errori negli approvvigionamenti effettuati in fretta e furia dal commissario. Per esempio, in buona parte, mancavano le certificazioni Ce e la conformità alla normativa Uni En. Per questo i magistrati allegano uno specchietto delle «validazioni in violazione di legge», in cui sono indicati i produttori delle mascherine, il verbale del Cts collegato e la data di approvazione non corretta. In questi casi gli esperti avrebbero concesso il via libera fidandosi di report e certificati di conformità contraffatti, per lo più provenienti da laboratori ed enti stranieri.I pm, però, non hanno contestato reati ai membri del Cts, non ritenendoli complici delle falsificazioni. Ma i capoccioni, raggirati come bambini da Benotti & C., si sarebbero trasformati in occhiuti e implacabili controllori con la Imagro. Andando persino oltre il proprio compito. O perlomeno questo è quanto sostenuto da Tedeschini nel suo ricorso, dove è specificato che le mascherine «liguri», avendo il marchio Ce, non avevano bisogno «di alcuna preventiva approvazione in deroga con valutazione del Cts cui non spetta per legge alcuna competenza a emettere pareri in casi come questo». Nello stesso atto l’avvocato ricostruisce la cronologia dei fatti.Il 12 marzo 2020 la Protezione civile ordina 4 milioni di chirurgiche a tre strati alla Imagro (al prezzo di circa 0,6 euro l’una), la metà delle quali vengono consegnate il 2 aprile. Tredici giorni dopo la Presidenza del Consiglio comunica alla Imagro che la fornitura è stata trasferita al Commissario. Il 23 aprile la Protezione civile rilascia una lettera di referenze e di elogio alla ditta e lo stesso giorno la struttura di Arcuri «sottoscrive la lettera per la fornitura di 136 milioni di mascherine a tre strati», al prezzo di 72 milioni di euro, da fornire «sulla base di specifiche indicazioni che saranno fornite dal responsabile unico del procedimento». L’azienda genovese, «in mancanza di ulteriori chiarimenti da parte del committente offre maschere simili a quello oggetto della fornitura precedente».Il 5 maggio la Imagro completa la consegna del primo lotto e, solo in quella data, le vengono comunicate dalla struttura commissariale «le caratteristiche necessarie delle maschere chirurgiche». A questo punto la ditta, secondo la difesa, fornisce 16 milioni di mascherine conformi, con fatture datate 22 e 28 maggio, 1 e 4 giugno. Nonostante ciò, il 3 giugno, annota Tedeschini, Arcuri «invia del tutto inaspettatamente comunicazione di risoluzione della lettera di commessa in questione (quella del 23 aprile, ndr), senza che in tale comunicazione (la prima ricevuta in merito) fosse riportata contestazione alcuna alla qualità/difformità delle maschere consegnate, ma bensì lo scarno riferimento a un parere del Cts che si riferisce a dei tipi di mascherine che non sono mai state oggetto di fornitura».Secondo Tedeschini venivano chiesti chiarimenti «marginali e ininfluenti» a cui la Imagro «non è stata messa in condizione di replicare», il materiale consegnato «non poteva essere ritenuto inidoneo in quanto regolarmente marcato Ce» e le mascherine erano «della più alta categoria disponibile sul mercato internazionale». Dalla lettura della risoluzione di quattro pagine firmata dal commissario apprendiamo che, in effetti, il 30 aprile il Cts aveva bocciato mascherine poi non fornite. Il 22 maggio, dopo aver esaminato la documentazione allegata a dispositivi che verranno successivamente acquistati, il comitato emette un altro parere negativo. Il motivo? Erano stati forniti 13 campioni anziché i 36 richiesti per i test sulla resistenza agli spruzzi; mancavano le prove di biocompatibilità (per esempio sulle reazioni intracutanee); dalle foto di etichette e imballaggi non era chiaro se contenessero tutte le indicazioni necessarie. Il 28 maggio nuova bocciatura per un altro marchio, per questioni più o meno marginali.Arcuri sostiene che la Imagro avrebbe violato «buona fede e correttezza, fornendo alla Struttura documentazione poco chiara e in alcuni casi addirittura riconducibile a prodotti differenti rispetto a quelli oggetto dell’affidamento in esame, ostacolando le necessarie verifiche del Cts e impedendo allo scrivente commissario di poter utilizzare secondo le tempistiche pattuite la fornitura in questione».Nei mesi successivi la Imagro inizia la sua battaglia legale in cui Tedeschini avrebbe utilizzato come grimaldello la richiesta di accesso ai verbali del Cts. Il 27 novembre 2020 la Imagro fornisce altri 8 milioni di dpi e il 2 dicembre la società e la struttura commissariale firmano un atto di transazione con cui Arcuri si impegna ad acquistare 68 milioni di mascherine (la metà dei 136 pattuiti il 23 aprile), al prezzo di 36 milioni euro, tutte prodotte dai due marchi oggetto della bocciatura del 22 maggio da parte del Cts.Per questa vicenda non sono finiti sotto inchiesta i membri della Struttura commissariale o del comitato tecnico, bensì Tedeschini, l’imprenditore Pollio e altri soggetti sospettati di aver cercato sponde non lecite per i ricorsi legali. I pm hanno chiesto l’archiviazione per tutti gli indagati, poiché «la mediazione illecita era finalizzata alla commissione da parte del pubblico ufficiale trafficato (rimasto ignoto) di un abuso d’ufficio abrogato» dalla cosiddetta Riforma Nordio.L’avvocato Michele Andreano, che con Gateano Scalise difende Tedeschini, conclude: «Tutte queste richieste di archiviazione non ci stupiscono. Siamo sempre stati tranquilli sin dal primo momento di fronte a ipotesi accusatorie da noi ritenute fantasiose. Un unico filone è andato a dibattimento, ma anche in questo caso siamo fiduciosi. Nelle istanze di proscioglimento non c’entra nulla la Riforma Nordio visto che all’inizio erano stati ipotizzati reati come l’associazione per delinquere e la corruzione e in base a quelli erano partite le intercettazioni. Il traffico di influenze e l’abuso d’ufficio contestati dai pm in seconda battuta, articoli del codice penale riformati dal Guardasigilli, sono poca cosa rispetto all’enormità delle accuse iniziali».