2024-03-09
Addio al creatore di «Dragon Ball», il fumettista più influente di sempre
Ci ha lasciato a 68 anni il celebre mangaka giapponese Akira Toriyama. Fu lui a inventare le mitiche saghe di Arale e di Goku. Con il suo stile ha ispirato decine di disegnatori e segnato l’immaginario di intere generazioni di adolescenti.Il fumettista giapponese Akira Toriyama, nato nel 1955 a Nagoya, è scomparso a Tokyo a causa di un’emorragia cerebrale lo scorso 1° marzo, benché la notizia del suo decesso sia stata data solo ieri. Per comprendere l’impatto che nell’immaginario globale hanno avuto le migliaia di tavole a fumetti prodotte nell’arco della sua carriera, riteniamo giusto partire da un argomento delicato o, diciamo così, perlomeno inconsueto: la cacca. I lettori non si scandalizzino: il riferimento è del tutto pertinente e, forse, persino inevitabile. Sì, perché Toriyama è riuscito nell’incredibile impresa di liberare le feci dal tabù entro cui erano da sempre state confinate, facendole diventare - va da sé, in una versione graficamente stilizzata ed edulcorata - una delle icone della nostra epoca, addirittura un’emoticon di quelle che quotidianamente inviamo ai nostri contatti tramite il cellulare. Insomma, se le «faccine» con le sembianze di una cacca sono divenute per noi una presenza consueta e se nei negozi di giocattoli o negli empori gestiti dai commercianti cinesi abbondano oggetti dall’inconfondibile forma piramidale di un escremento (cuscini, portachiavi, antistress, e non necessariamente di colore marrone, ma anche rosa o azzurri o gialli), grande parte del merito, o della responsabilità se si preferisce, è di Toriyama. È stato lui, infatti, il primo a inserire con continuità nelle sue storie, in particolare in quelle della serie nota in Italia come Dottor Slump & Arale, queste immagini di piccole cacche triangolari, paradossalmente non respingenti ma anzi buffe a vedersi e rassicuranti nella loro ironia, di solito accentuata dal fatto che l’autore le dotava di occhi e bocca sorridenti. Ma la grandezza di Toriyama, è chiaro, non consiste in questo, o comunque non certamente a questo si limita. Proprio il manga appena citato, Dottor Slump & Arale (in originale Dr. Suranpu), ideato nel 1980 e proseguito fino al 1984 per un totale - in patria - di 18 volumi, segna il primo grande successo e dunque l’affermazione planetaria di Toriyama, enormemente accresciuta, come accadrà con il successivo Dragon Ball, dall’anime (ossia la serie animata) che già a partire dal 1981 ne verrà tratto. «La figura di Slump si basa sul concetto di «opposizione» tra due realtà, la prima geniale e rispettabile e la seconda maniaca del sesso», ha scritto lo studioso Luca Di Martino in una disamina del protagonista della serie e di Arale, la bambina meccanica da lui creata. «Slump è (anche) la precarietà di una vita solitaria tipica del single non per scelta ma per costrizione, del ragazzo intelligente ma condannato socialmente all’isolamento, un po’ come molti otaku giapponesi. Tuttavia la genialità alberga in un’anima incompresa (e certo non integerrima), ma capace di creare la “vita”, e che vita. Nasce così Arale: un essere creato dalla logica, che però porta una ventata di novità e di movimento (e di totale assenza di logica) non solo nella vita di Slump ma in quella di tutto il villaggio». Curiosità: l’idea iniziale di Toriyama era che Slump fosse l’inventore di un robot gigante e fu Kazuhiko Torishima, editor presso la casa editrice Shueisha, a esortarlo a rimpiazzare il colosso meccanico con una ragazzina robot. Ultimato il ciclo delle avventure di Dottor Slump & Arale, Toriyama, come detto, si concentra su quella che in breve tempo si rivelerà la sua opera più fortunata e popolare, Dragon Ball (in originale Doragon Boru, 1984), i cui prodromi vanno ricercati in due manga dello stesso Toriyama immediatamente precedenti, The Adventure of Tongpoo e Dragon Boy, rispettivamente incentrati su un bambino cyborg e su un ragazzino esperto di arti marziali che vive assieme al suo maestro. La saga di Dragon Ball è ambientata in un pianeta Terra immaginario, completamente diverso da quello reale, essendo formato da un solo enorme continente (cui si aggiungono varie isole) nel quale una tecnologia avanzatissima, che consente tra le altre cose di viaggiare nel tempo, convive con la pratica delle arti magiche e con la presenza di animali antropomorfi in grado di interagire da pari a pari con gli esseri umani. Protagonista della vicenda, che si snoda in diverse serie, è Son Goku, modellato sulla figura di Sun Wukong, il Re Scimmia (Goku è difatti fornito di una coda, anche se talvolta capita che la perda) de Il viaggio in Occidente, classico della letteratura cinese risalente al XVI secolo. Appartenente alla razza extraterrestre dei Saiyan, dimostrerà - sconfiggendo di volta in volta tutti i suoi avversari - di essere il più forte guerriero del mondo, fino ad approdare allo stadio di Super Saiyan. Una peculiarità del personaggio di Goku è di essere andato incontro, nel procedere della saga, a svariati e profondi cambiamenti, un aspetto che Toriyama spiegava così: «Sembra che nei manga shonen (rivolti agli adolescenti, ndr) cambiare l’aspetto del protagonista sia una cosa che non si deve fare, ma a me non importava. Le proporzioni testa-corpo rendevano difficile realizzare scene di lotta ben fatte, per cui mi dissi che, se la serie avesse iniziato a concentrarsi di più sugli scontri, io dovevo far diventare Goku adulto. Questa cosa creò sconcerto. “Adesso che la serie è diventata popolare vuoi cambiare tutto?”: la reazione prevalente fu all’incirca questa». In anni successivi, Toriyama realizza altri titoli che otterranno minor riscontro, specialmente fuori dal Giappone, tra cui Sand Land (2000), Nekomajin (2005) e Jaco the Galactic Patrolman (2013). Se la maggior fonte d’ispirazione di Toriyama è stato Osamu Tezuka (1928-1989), noto non a caso come «il dio dei manga», in particolare con il bambino meccanico Astro Boy (1952, in originale Tetsuwan Atomu), tutt’altro che irrilevante (discorso che vale per lo stesso Tezuka e per tantissimi altri fumettisti nipponici) fu l’influenza del cinema d’animazione disneyano: nel caso di Toriyama soprattutto grazie al lungometraggio La carica dei 101 (1961), che per l’Akira bambino rappresentò - come l’autore ha in tante occasioni raccontato - una vera e propria folgorazione. A rendere poi inconfondibile lo stile di Toriyama sarà la capacità di declinare secondo i codici del kawaii (il culto del «carino» che informa tanta parte dell’estetica giapponese) anche situazioni sulla carta violente o scabrose, come si può ben constatare in Dragon Ball, tanto nel manga quanto nelle numerose serie animate che ha generato. Tutto, anche i combattimenti più violenti e le lotte più feroci, trova in Toriyama un riscatto nella dimensione del grazioso e del gradevole. Proprio tutto: perfino quella cosa di cui abbiamo parlato all’inizio di questo nostro articolo.