
Gli americani, si sa, sono gente che va veloce. Sarà per questo che il sindaco eletto di New York City, Zohran Mamdani, sembra aver ripercorso la parabola grillina in una manciata di settimane: da Roberto Fico che si reca a Montecitorio in autobus ai weekend in barca, da Luigi Di Maio che abolisce la povertà agli agi dorati dell’alta diplomazia.
L’uomo che ha portato il comunismo nel cuore di New York, sfruttando anche il phisique du rôle terzomondista e una certa retorica populista, ha già annunciato che lascerà il suo modesto appartamento con affitto controllato per la lussuosa residenza ufficiale del sindaco a Manhattan. La decisione è stata annunciata ieri con un post su Instagram, insieme a una foto di una replica in miniatura della villa. «La settimana scorsa abbiamo visto la nostra nuova casa!», ha detto.
Il democratico, che entrerà in carica il primo gennaio, si trasferirà nello stesso mese alla Gracie Mansion, una casa di 1.000 metri quadrati costruita nel 1799 nell’elegante Upper East Side, sulle rive dell’East River, immersa in un parco verdeggiante, che divenne la residenza ufficiale del sindaco nel 1942. Un atto dovuto? Non proprio. Non vi è infatti alcun obbligo per i sindaci di risiedere lì, sebbene la maggior parte di loro abbia risieduto nella villa, con la notevole eccezione di Michael Bloomberg (2002-2013). In una dichiarazione, Mamdani ha affermato che lui e sua moglie, l’illustratrice Rama Duwaji, hanno preso questa decisione principalmente per motivi di «sicurezza» e che stanno «lasciando a malincuore il bilocale» che la coppia condivide ad Astoria, un quartiere popolare del Queens con una numerosa popolazione di immigrati.
«Ci mancheranno molte cose del nostro appartamento di Astoria. Preparare la cena fianco a fianco nella nostra cucina, condividere un sonnolento viaggio in ascensore con i nostri vicini la sera, sentire musica e risate risuonare attraverso le pareti dell’appartamento», ha scritto, con una retorica strappa like.
Mamdani ha fatto del costo della vita un tema centrale della sua campagna, promettendo in particolare alloggi più accessibili. Il fatto che lui stesso vivesse in uno di questi appartamenti, al costo di 2.300 dollari al mese, ha attirato le critiche dei suoi oppositori, che ritengono che il suo stipendio da 142.000 dollari da membro dell’Assemblea dello Stato di New York e il reddito della moglie permettessero alla coppia di stabilirsi in un appartamento al di fuori di tale quadro normativo. «Anche quando non vivrò più ad Astoria, Astoria continuerà a vivere in me e nel lavoro che svolgo», ha promesso. Non ha infine rinunciato a un altro sermone sociale da campagna elettorale: «La mia priorità, da sempre, è servire le persone che chiamano questa città casa. Sarò il sindaco dei cuochi di Steinway, dei bambini che si dondolano al Dutch Kills Playground, dei passeggeri dell’autobus che aspettano il Q101». Solo che da adesso li vedrà col binocolo dal suo ampio terrazzo.





