2023-11-16
Achille Funi. La sua arte in mostra a Palazzo dei Diamanti di Ferrara
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È la rinnovata cornice di Palazzo dei Diamanti a ospitare - sino al 25 febbraio 2024 - una grande antologica dedicata al ferrarese Achille Funi (1890-1972), tra gli interpreti più significativi e originali del panorama artistico del Novecento. Fra dipinti, schizzi e disegni preparatori per affreschi e mosaici, esposte oltre 130 opere, per un suggestivo viaggio nel mondo di un artista definito un «moderno umanista», capace di attingere dalla tradizione figurativa antica come dal linguaggio più attuale di Cézanne, Picasso e de Chirico.Ferrarese, classe 1890, figlio di un operaio militante socialista amante della cultura umanistica (tanto da chiamare il figlio Achillo Virgilio Socrate) che ne assecondò le attitudini artistiche, Achille Funi ha attraversato, da protagonista, i principali movimenti che hanno caratterizzato la cultura italiana della prima metà del Novecento. Milanese d’adozione, nel capoluogo meneghino frequentò l’Accademia di Brera (dove, fra il 1939 e il 1960, divenne titolare della cattedra d'affresco) e venne in contatto con i più significativi esponenti del movimento futurista, ma, nonostante Umberto Boccioni lo considerasse «uno dei maggiori campioni della pittura italiana d'avanguardia», Funi, il futurismo, non lo sposò mai del tutto. O meglio, del futurismo, al pari di Boccioni (ma anche di Carrà, Russolo e Bonzagni), ne rappresentò l’ala più moderata, quella più distante dal forsennato dinamismo di Marinetti e dalla totale dissacrazione formale. Proprio per queste diversità di vedute, nonostante con il gruppo dei marinettiani condivise la partecipazione - da volontario - al primo conflitto mondiale e la fondazione, nel 1919, dei Fasci di Combattimento di Piazza San Sepolcro, nel 1922 fu tra i fondatori (insieme ad altri sei colleghi, fra cui Mario Sironi e Ubaldo Oppi) del Novecento, quel movimento artistiche che in netta contrapposizione con i dettami delle avanguardie auspicava un nuovo «ritorno all’ordine ». È il periodo del Realismo Magico e della Metafisica, i cui Funi, al pari (o forse più ) di altri, attinge dalla cultura figurativa del Quattrocento e del Cinquecento (ferrarese e padano soprattuto) e da classicismo novecentesco, moderno e maestoso. Quello di Achille Funi è un percorso artistico complesso, che dal futurismo degli esordi arriva al muralismo degli anni ’30. In mezzo, il Realismo Magico. A fare da denominatore comune, lo sviscerato amore per i miti classici e i valori del Rinascimento. A caratterizzare il tutto , la spiccata autonomia della sua arte. E a celebrare un artista completo, che oltre a pittore è stato anche scultore, architetto, illustratore, scenografo e grafico, la grande mostra allestita a Ferrara, sua città natale e cornice perfetta per far rivivivere, in tutto il loro fascino, le opere di un altro grande Maestro ferrarese.La mostra a Palazzo dei DiamantiCurato da Nicoletta Colombo, Serena Redaelli e Chiara Vorrasi, il percorso espositivo segue tutta la parabola artistica e umana di Funi, dalle prime prove accademiche alla stagione della pittura murale, quando, insieme a Mario Sironi, seppe regalare nuovo slancio alla gloriosa tradizione italiana dell’affresco e del mosaico. Difficili individuare le opere «più belle », ma, fra tutte, segnalerei Autoritratto (1908), Genealogia (1918-19), La Terra (1921) Il Foro Romano (1930) e, su tutte, la bellissima Maternità (1921), meraviglioso esempio di metafisico Realismo Magico, dove l'infinito, palpabile amore di una giovane madre, incanta chi guarda...Questa mostra, varia e cmplessa, è anche l’occasione per riscoprire il Mito di Ferrara, imponente impresa decorativa che Funi realizzò (tra 1934 e 1937) per la Sala dell’Arengo della Residenza Municipale della città estense. Il ciclo rappresenta la summa dei grandi e numerosi progetti murali che egli affrescò negli anni Trenta e Quaranta a Milano, Trieste, Roma e Tripoli, di cui si può ammirare in mostra una superba selezione di cartoni preparatori.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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