
Il governo annuncia l’intesa sul punto più controverso del ddl Concorrenza, che approderà in Senato lunedì. Ma l’obiettivo è prendere tempo: l’ammontare dei risarcimenti verrà deciso solo dai futuri decreti attuativi. Un accordo balneare sui balneari: la maggioranza e il governo trovano la quadra sull’argomento più scottante del ddl Concorrenza che così si sblocca, ma nella sostanza le questioni più spinose vengono soltanto rinviate. L’intesa infatti, rimanda ai successivi decreti attuativi la «definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante». Questi decreti dovranno essere varati entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge dai ministeri delle Infrastrutture e del Turismo. L’intesa, come evidente a tutti, altro non è che un rinvio di sei mesi della soluzione del problema degli indennizzi che i concessionari che vinceranno i bandi di gara dovranno riconoscere ai precedenti gestori dei tratti di spiaggia. Confermata la possibilità per i Comuni di ottenere deroghe tecniche di un anno, fino al termine del 2024, per la chiusura delle gare rispetto al termine del 2023 indicato dal Consiglio di Stato. Le motivazioni per le eventuali deroghe che consentirebbero di mettere a gara le concessioni balneari oltre la fine del 2023 devono essere «oggettive», si legge nel testo dell’emendamento concordato tra governo e maggioranza, e connesse, per esempio, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà legate all’espletamento della procedura stessa. In questi casi i Comuni hanno bisogno di un «atto motivato» per far slittare il bando, «per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024». Viene poi stabilito che il ministro delle Infrastrutture dovrà trasmettere al Parlamento, entro il 30 giugno 2024, una relazione concernente lo stato delle gare al 31 dicembre 2023, evidenziandone l’esito e le ragioni che ne abbiano eventualmente impedito la conclusione. Un’altra relazione è prevista entro la fine del 2024. Eliminato anche dai criteri per la scelta del concessionario, grazie alla pressione della Lega, il requisito dell’esperienza maturata nella gestione di concessioni di altri beni pubblici diversi dalle spiagge, che secondo il Carroccio avrebbe favorito i grandi gruppi rispetto alle imprese familiari. Il governo, con un apposito decreto, dovrà definire «criteri uniformi per la quantificazione di canoni annui concessori che tengano conto del pregio naturale e dell’effettiva redditività delle aree demaniali da affidare in concessione, nonché dell’utilizzo di tali aree per attività sportive, ricreative, sociali e legate alle tradizioni locali, svolte in forma singola o associata senza scopo di lucro, ovvero per finalità di interesse pubblico». Per la scelta del concessionario, si legge ancora nell’emendamento che ha sbloccato la situazione, si dovrà dare «valorizzazione e adeguata considerazione» anche «dell’esperienza tecnica e professionale già acquisita in relazione all’attività oggetto di concessione» e «della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare». L’intesa fra governo e maggioranza è arrivata al termine di due giorni di serrato confronto che ha visto protagonisti il viceministro allo Sviluppo economico Gilberto Pichetto di Forza Italia e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. Nel complesso, in Italia ci sono 6.823 strutture balneari, soprattutto in Emilia Romagna (1.064), Toscana (892), Liguria (801), Campania (641), Marche (607) e Calabria (537). Il 50% delle coste sabbiose italiane è occupato da stabilimenti balneari, con punte del 70% in Liguria e Campania. L’Eurispes definisce la vicenda delle concessioni balneari una «storia infinita»: il 9 novembre del 2021, ricordiamolo, il Consiglio di Stato ha definito illegittima la validità delle concessioni balneari fino al 2033, contraria al diritto europeo, in quanto proroga automatica e generalizzata, stabilendo che lo Stato dal 2024 deve riassegnare i titoli entro due anni, tramite gare a evidenza pubblica. Ieri pomeriggio, dopo la riformulazione del testo frutto dell’intesa tra governo e maggioranza, la commissione Industria del Senato ha approvato l’articolo 2 del ddl Concorrenza relativo alle concessioni balneari: il testo del ddl arriverà in aula a Palazzo Madama lunedì. Soddisfatto il centrodestra di governo: «Sui balneari», hanno scritto in una nota congiunta i capigruppo al Senato di Lega e Forza Italia, Massimiliano Romeo e Anna Maria Bernini, «sono stati fatti passi in avanti che sbloccano la discussione del ddl Concorrenza. In particolare, per noi era fondamentale che venisse accolto, senza definizioni che ne limitassero la portata, il principio degli indennizzi per le imprese che dovessero perdere la concessione. È stata prevista anche», hanno aggiunto Romeo e la Bernini, «la possibilità di tempi più lunghi rispetto alla scadenza di fine 2023 in caso di contenziosi o di oggettive difficoltà che si dovessero registrare sui territori». Protesta la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: «Quello raggiunto dalla maggioranza sulle concessioni balneari», ha attaccato, «è un accordo ridicolo e vergognoso. Rimandare la questione degli indennizzi addirittura al governo, con il rischio più che concreto che questi vengano fortemente osteggiati dalla Commissione europea e non vedano mai la luce, vuol dire lasciare totalmente senza tutele i concessionari attuali».
Ansa
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(IStock)
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