2024-04-28
Pressioni fantasma in Valle d’Aosta: «I pro life ci boicottano gli aborti»
L’accusa del Centro donne nella Regione che ha il minor numero di medici obiettori: «Gestanti costrette ad ascoltare il battito del feto, vengono offerti soldi e beni». L’Usl smentisce: «Nessun volontario in ospedale».È una scelta, ma non potete scegliere. C’è qualcosa di contraddittorio, perfino di visceralmente ideologico contro le donne, nella canea che si è scatenata a sinistra sulla decisione del governo di favorire l’affiancamento di associazioni pro vita nei consultori al momento della drammatica scelta di abortire. La contrarietà, già venuta alla luce durante la discussione dell’emendamento alla legge 194 per dare un aiuto in più a chi si trova nel dilemma e nel dramma, è esplosa ieri ad Aosta, con una denuncia del Centro donne contro la violenza (Cdv) perché nelle strutture pubbliche le persone sarebbero «sottoposte a indebite interferenze e pressioni con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta».Nel lanciare l’accusa, comunque scarsamente circostanziata, il Cdv ha spiegato come alcune donne «sono state condizionate dai volontari con la promessa di sostegno economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, e imponendo loro l’ascolto del battito fetale del cuore». La denuncia ha riacceso il fuoco della polemica a senso unico, con il Centro donne in prima linea per «monitorare la corretta applicazione della 194 e mettere in atto azioni di sensibilizzazione e resistenza (c’è sempre una resistenza contro qualcosa per nobilitare un’iniziativa progressista, ndr), sostenendo le donne e valutando con esse ogni iniziativa utile alla tutela delle stesse». Nello scorrere il documento di accusa si notano due fastidi fisici dei firmatari: la contrarietà preventiva nei confronti dell’emendamento in chiave politica e la pretesa che nessuno possa affiancare le donne in gravidanza al di fuori di loro, per non annacquare il potere dello status quo nei consultori.Lo dimostra un passaggio illuminante nel quale si ritiene normale, anzi auspicabile, che le associazioni pro vita «siano di supporto nei percorsi di maternità difficile dopo la nascita» ma non si tollera (proprio no) che si materializzino «anche nella delicatissima fase di maturazione della decisione di interrompere o meno la gravidanza».Se è difficile non considerare un condizionamento emotivo (quindi una pressione) l’auscultazione del piccolo cuore che batte («Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili. È una cosa che non bisogna fare, però non è stato certamente un volontario a fare questo perché per far sentire il battito c’è bisogno di un’ecografia e di un ginecologo», ha detto ieri il ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella), è altrettanto difficile non definire pretestuoso tutto il resto, peraltro smentito dalla stessa Usl della Valle d’Aosta che, in una nota, spiega: «Non risultano volontari di associazioni pro vita nei consultori o in ospedale e che nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all’azienda né da parte di cittadini né da parte di associazioni» (linea seguita anche dal dipartimenti Politiche sociali dell’assessorato regionale alla Sanità, ndr). Con un rischio che in Val d’Aosta è praticamente marginale, perché si tratta della Regione in cui l’obiezione di coscienza all’aborto è già la più bassa d’Italia, con il 25% dei ginecologi, il 20% degli anestesisti e il 13% del personale non medico. Detto questo, l’affiancamento deve essere considerato per quello che è: un supporto in più, un’altra voce che può aiutare la donna nel primo, delicato momento in cui esercita la libera scelta di essere madre oppure no.Il Centro donne aostano accusa le associazioni pro vita di «promettere sostegni economici per dissuadere le donne dalla scelta di abortire», come se si trattasse di un reato. Invece lo prevede la legge stessa e non da oggi, quindi il rischio di «vittimizzazioni ideologiche» non esiste. A questo proposito è fondamentale ricordare il pensiero del professor Vito Trojano, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) che in una recente intervista al quotidiano Avvenire ha sottolineato con forza: «Nell’emendamento del governo vedo un profilo di miglioramento di una realtà che già esisteva. Fermo restando che la 194 non va modificata di una virgola, dove i consultori funzionano bene il numero degli aborti è calato moltissimo. Se il problema della donna in gravidanza è clinico, lo discuterà con il medico. Ma se è di tipo sociale, economico, famigliare servono più forze nel consultorio e il volontariato è prezioso». Qui si entra nel merito, si tocca il nervo scoperto di una decisione che non può essere strumentalizzata dalla politica. Trojano lo spiega: «Ben vengano gli aiuti, i sostegni e i colloqui con persone che possono portare la loro esperienza concreta. È un valore aggiunto».Se l’offerta di un’alternativa viene rigettata con sdegno significa che il problema esiste in casa di chi non accetta la pluralità. E ritiene che il tema non possa uscire dagli slogan dell’orticello femminista. Per questo era scontato che l’Alleanza verdi e sinistra cavalcasse immediatamente il caso Val d’Aosta. «La denuncia che segnala pressioni e ingerenze è gravissima», tuona la capogruppo di Avs alla Camera, Luana Zanella. «Spero che la vicenda venga affrontata dalle autorità». Una conferma che le uniche «vittimizzazioni ideologiche» riguardano chi è abituato a rifiutare le idee altrui e non a conviverci.