
Salta la confidenzialità garantita dal diritto canonico ai preti accusati di pedofilia: non può più essere opposta «all'adempimento degli obblighi stabiliti dalle leggi statali». La «decisione storica» del Papa per spezzare l'omertà denunciata anche da Carlo Maria Viganò.Ieri, nel giorno del suo ottantatreesimo compleanno, papa Francesco ha compiuto quella che in Vaticano definiscono «scelta epocale» e «decisione storica». Sono stati pubblicati due rescritti il cui elemento principale è l'abolizione del segreto pontificio per «le denunce, i processi e le decisioni riguardanti» casi di violenza, abusi sessuali e pedopornografia commessi da chierici a danno di minori. La parola d'ordine è «trasparenza» e nella pratica il punto più rilevante è che ora non si potrà più opporre gli obblighi derivanti dal segreto pontificio di fronte alle istanze della legge civile, compreso l'obbligo di segnalazione e la necessità di dare seguito alle richieste esecutive della autorità civili. Ovviamente non viene minimamente interessato il segreto confessionale che ha una natura sacramentale e che il Papa non può di certo togliere, come, invece, vorrebbero alcuni in Australia e in altre parti del mondo forse animati da una buona dose di furore giustizialista.Il primo rescritto, firmato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, abolisce il segreto pontificio per i delitti citati nel primo articolo del recente motu proprio Vos estis lux mundi, ossia: «costringere qualcuno, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, a compiere o subire atti sessuali»; «compiere atti sessuali con un minore o con una persona vulnerabile»; partecipare alla «produzione, esibizione, detenzione o distribuzione, anche per via telematica, di materiale pedopornografico», nonché al «reclutamento o nell'induzione di un minore o di una persona vulnerabile a partecipare ad esibizioni pornografiche». Come ha spiegato il professor Giuseppe Della Torre, già presidente del tribunale dello Stato di Città del Vaticano, viene fatto salvo il «segreto d'ufficio», cioè una forma minore e comune di riservatezza, ma, sottolinea Della Torre, «sul punto il provvedimento è chiaro: “Il segreto d'ufficio non osta all'adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali"».L'enfasi sulla portata storica di questa decisione viene sottolineata dal direttore editoriale delle comunicazioni vaticane, Andrea Tornielli, e da monsignor Charles Scicluna, Segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della fede, uomo di punta della Santa Sede per la questione abusi, nonché uno dei principali registi del summit convocato in Vaticano nel febbraio scorso per affrontare lo scandalo pedofilia.La messa in discussione del segreto pontificio, il massimo livello di confidenzialità per il diritto canonico, era stata sollevata proprio durante il summit, soprattutto dal cardinale tedesco Reinhard Marx. Il presidente dei vescovi tedeschi aveva parlato della necessità di rivedere la «definizione del fine e dei limiti del segreto pontificio», aggiungendo che «la diffidenza istituzionale porta a teorie cospirazioniste relative a un'organizzazione e alla creazione di miti sulla stessa. Lo si può evitare se i fatti vengono esposti in modo trasparente». Anche Scicluna aveva sottolineato che in aula era emerso «un movimento […] che vuole svincolare queste procedure (riferite alle accuse dei casi di abuso, ndr) con un livello di riservatezza che sia quello del segreto pontificio».Ma non tutti erano d'accordo, non tanto per impedire la trasparenza, quanto per non correre il rischio di un appiattimento della giustizia ecclesiastica su quella civile. La Chiesa ha un proprio diritto penale e dovrebbe avere la forza di aprire dei processi, magari prima della giustizia civile, per comminare le giuste sanzioni ai colpevoli, ma anche difenderli, se riconosciuti innocenti, di fronte alle autorità degli Stati. Il caso del cardinale australiano George Pell, in carcere in patria perché riconosciuto colpevole di abusi da due gradi di giudizio, in attesa di appello dell'Alta corte, è emblematico. Sono molte le perplessità circa le due sentenze che lo hanno condannato, anche all'interno delle mura vaticane sebbene non trapelino pubblicamente. Anche l'avvocato Greg Barnes, celebre attivista di sinistra australiano, ha sollevato molte domande sulla giustizia nel caso Pell, ma il Vaticano ha lasciato il cardinale completamente nelle mani del «braccio secolare» mettendosi in posizione di attesa.Comunque il muro abbattuto dal Papa è importante, sia per una maggior tutela della vittime, sia per una pubblicità degli atti, sia perché venga meno quel mix di silenzio e omertà che ha permesso un clima di «coperture» denunciate anche nel memoriale dell'ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò. Uno dei primi atti derivanti da questa decisione potrebbe essere proprio la pubblicazione dell'inchiesta che ha portato alla riduzione allo stato laicale dell'ex cardinale Theodore McCarrick.Nel secondo rescritto emanato ieri, sono state rese note le modifiche di tre articoli del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (del 2001, già modificato nel 2010). Ora tra i delitti più gravi si stabilisce anche la «l'acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori di 18 anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento». Fino a ieri quel limite era fissato a 14 anni. Inoltre, si stabilisce che nei casi riguardanti questi delitti più gravi possano svolgere il ruolo di «avvocato e procuratore» anche fedeli laici provvisti di dottorato in Diritto canonico e non più soltanto sacerdoti.
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