
I nomi dietro le fiduciarie create in Liechtenstein e citate nell’indagine della Procura di Torino sull’eredità. A seguire la pratica un maxi esperto «papà» di centinaia di depositi offshore, dalle Bahamas a Panama.Se hai bisogno dei servizi di un professionista, rivolgiti ai migliori. Se i servizi di cui hai bisogno sono relativi al mantenere il tuo patrimonio lontano da occhi indiscreti, il migliore è quello che non si fa notare. Che non compare in indagini internazionali sui grandi casi di evasione fiscale, che non ha clienti discutibili, coinvolti in scandali e crac. E che ovviamente garantisce la riservatezza, requisito essenziale per questo genere di professione. Come Johannes Gebhart Matt, cittadino del Lichtenstein, uno dei due amministratori della Blue Dragons Ag e della Dancing Tree Ag. E di altre circa 200 società nelle più svariate legislazioni offshore, da Panama alle Bahamas fino a Singapore passando per Isole Vergini Britanniche e ovviamente Liechtenstein. Johannes Matt è anche l’uomo dietro alla Tremaco Treuunternehmen, il family office del Liechtenstein che ha curato i servizi di domiciliazione della Blue Dragons e della Dancing Tree. Ovvero, le due società del Liechtenstein citate nelle carte dell’inchiesta della Procura di Torino sull’eredità Agnelli. Tramite un mandato fiduciario, in queste due società sono custoditi circa 900 milioni di euro riferibili all’eredità di Marella Caracciolo Agnelli, vedova di Gianni Agnelli, adesso nella disponibilità di John Elkann e dei fratelli Lapo e Ginevra. I 900 milioni, come hanno chiarito i legali di Elkann, sono stati regolarizzati per il fisco italiano nell’ottobre del 2023. Nell’inchiesta della Procura, che ipotizza reati fiscali in relazione all’eredità di Marella Agnelli, risultano al momento indagati, oltre a John Elkann, il commercialista torinese Gianluca Ferrero e il notaio svizzero Urs von Gruenigen. Nell’ambito delle indagini, riferisce l’Ansa, la Procura sarebbe intenzionata a chiedere una nuova perizia sulle firme di Marella in alcuni dei documenti acquisiti dalla Procura con le perquisizioni dei giorni scorsi. I legali di Ferrero intanto hanno presentato ricorso al Riesame sui sequestri effettuati nello studio del professionista.Secondo i documenti ufficiali del principato alpino, la Blue Dragons nasce il 16 maggio del 2017. Capitale sociale di 50.000 franchi svizzeri suddiviso in 50 azioni da mille euro ciascuno, con lo scopo sociale di «l’acquisizione e la gestione di partecipazioni in altre società in patria e all’estero, nonché la realizzazione, l’intermediazione e il finanziamento di operazioni commerciali di ogni genere, l’acquisizione, la gestione e la vendita di beni immobili e diritti di proprietà intellettuale, nonché effettuare in genere tutte le operazioni, sia su fattura propria che di terzi, idonee a promuovere lo scopo sociale». Amministratori, con poteri di firma congiunta, sono Johannes Matt e Christian Bolleter. A questa società, come ha ricostruito il Corriere della Sera, facevano capo investimenti nella The Metal Company (Tmc), società di esplorazioni oceaniche a grande profondità nella quale la Blue Dragons deteneva 500.000 azioni che ha disinvestito lo scorso anno.La Dancing Tree è praticamente la «gemella» della Blue Dragons. Fondata tre anni più tardi, il 28 luglio del 2020, anche la Dancing Tree è domiciliata presso la Tremaco ed è gestita anche questa da Johannes Matt e Christian Bolleter. A differenza della Blue Dragon, di questa società non si trova traccia se non nelle pubblicazioni ufficiali di Vaduz: avviso di costituzione, deposito dei bilanci e null’altro.Per trovare le tracce delle attività di Matt e della Tremaco è necessario scandagliare gli archivi delle più variegate legislazioni offshore. Il nome di Johannes Matt, come detto, figura in circa 200 società come amministratore o segretario. Il suo nome compare anche in vari database di fughe di dati relativi ai tesori occultati offshore, dai Bahamas Leaks agli Offshore Leaks. Ma non è mai stato associato a scandali o indagini se non marginalmente: una delle società dove compare il nome di Matt è una holding delle Bahamas riferibile a un ex top manager di Credit Suisse, coinvolto nello scandalo della maxievasione fiscale da parte di clienti americani della banca svizzera e chiusa nel 2014 con pagamento, da parte di Credit Suisse, di una sanzione record da 2,6 miliardi di dollari.L’altro amministratore, Christian Bolleter, non è così attivo. Cittadino svizzero, Bolleter è uno degli amministrastori della Dragon Consulting Ag. Si tratta di una società svizzera chiusa nel 2017 che forniva anche questa servizi di domiciliazione e di consulenza fiscale a clienti facoltosi. Presso la Dragon Consulting è stata custodita la documentazione di un’altra società della galassia Agnelli, la Fima Finance Management. Registrata a Road Town, capitale delle Isole Vergini Britanniche, sarebbe in realtà di giurisdizione panamense ed è attiva fin dai primi anni ‘80. Fino al 1998, la Fima Finance compariva anche nei bilanci della Exor sa, la vecchia holding lussemburghese (diversa dalla Exor attualmente a capo del gruppo Agnelli-Elkann) alla quale facevano capo le attività estere della famiglia Agnelli e scomparsa nel riassetto del gruppo degli anni 2000, dopo la morte dell’Avvocato. Nel 1999 la Fima Finance scompare dai bilanci della vecchia Exor, per riapparire nel 2020 nei vari procedimenti che oppongono Margherita Agnelli ai figli John, Lapo e Ginevra. Curiosamente, come presidente della Fima Finance figurava un altro dei protagonisti di questa storia: Serge de Pahlen, secondo marito di Margherita Agnelli, che prima della morte di Gianni Agnelli era coinvolto nelle attività del gruppo.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





