2021-09-29
A inizio pandemia oltre 4.000 cinesi sono entrati in Italia senza controlli
Tra fine 2019 e inizio 2020 arrivarono da Wuhan a Fiumicino circa 4.200 passeggeri. L'Ue, il 17 gennaio, invitò a fare test a tappeto. Eppure, il ministero dispose solo termoscanner e autocertificazioni (sparite nel nulla).Spesso, nei dibattiti televisivi ma pure nelle discussioni al bar, chi vuole mettere a tacere gli avversari che criticano le restrizioni imposte dal governo gioca la carta del dolore: «Abbiamo avuto 130.000 morti!». Il dato, in effetti, è devastante, e suscita in ciascuno di noi immensa commozione. Forse, però, è il caso di indagare meglio sulla reale causa di tutti quei decessi. Su quali siano state le scelte, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, che hanno portato alla diffusione rapida e implacabile dei contagi e alla conseguente ecatombe. Ieri ci siamo posti una domanda fondamentale: quante infezioni sono state causate da persone giunte in Italia dalla Cina all'inizio del 2020 e mai controllate? Oggi siamo in grado di fornire una risposta che potrebbe contribuire a riscrivere, almeno in parte, la storia delle fasi iniziali dell'emergenza Covid.Come hanno ripetuto più volte le autorità europee, alla fine di dicembre del 2019 la Cina rese nota l'esistenza di cluster di un nuovo coronavirus che causava polmoniti molto pesanti. Intorno al 10 gennaio, i vicini della Cina - Hong Kong, Taiwan, Singapore, Vietnam, Filippine, Malesia, Myanmar e Thailandia - decisero di aumentare le misure di sicurezza, sottoponendo a controlli i viaggiatori provenienti da Wuhan e dalle regioni cinesi colpite dal virus. Dalla città di Wuhan esistevano collegamenti aerei diretti anche con alcune città europee: Londra, Parigi e Roma (quest'ultima con tre voli a settimana). Ciò che ci interessa capire è: quali controlli sono stati fatti qui da noi? Semplice: nessuno.Secondo il report dell'Ecdc (il centro per il controllo malattie dell'Unione europea) relativo al periodo tra il 5 e l'11 gennaio 2020, le autorità degli Stati europei che avevano collegamenti diretti con Wuhan si sono limitati a una generica «vigilanza» e al monitoraggio della situazione cinese. Vediamo ora che cosa accadde in Italia, grazie alle informazioni ottenute a seguito di una specifica richiesta di accesso agli atti inviata all'Ecdc.Il 7 gennaio 2020, l'Ecdc invia una mail a tutte le autorità sanitarie degli Stati europei chiedendo informazioni sui viaggiatori in arrivo da Wuhan, in previsione di una riunione sulla gestione del rischio prevista per il 9 gennaio. Alle 14.36 del 7 gennaio, l'Ecdc chiede se negli aeroporti coinvolti (per l'Italia quello di Fiumicino) siano state attivate delle procedure di sorveglianza rafforzata (enhanced surveillance) all'ingresso, e se sia stato emesso qualche avviso di viaggio o informazione specifica agli operatori sanitari.Alle 16:39 la direzione generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute risponde che «i colleghi dell'aeroporto di Fiumicino sono stati informati circa la situazione epidemiologica a Wuhan», e che «ulteriori misure verranno introdotte ai punti di ingresso», senza però chiarire quando e soprattutto quali. Infatti, alle 16.56, l'Ecdc invia un'altra mail chiedendo di specificare quali misure aggiuntive abbia intenzione di attivare il ministero. Alle 17.22, la direzione della Prevenzione risponde spiegando che «al momento i colleghi dell'aeroporto di Fiumicino stanno solo verificando che i controlli in uscita da Wuhan siano stati condotti correttamente e se eventuali problematiche sanitarie siano segnalate dai membri dell'equipaggio». Poi aggiunge: «Vi terremo informati se verrà introdotto il controllo della temperatura ai passeggeri in arrivo».Il 9 gennaio 2020, alle 9.58, arriva a Fiumicino un volo da Wuhan. Sempre la direzione generale Prevenzione del ministero della Salute scrive ai colleghi europei dell'Ecdc che i responsabili dell'ufficio sanitario di Fiumicino, prima dello sbarco, hanno raccolto una «health declaration» e che, considerata l'assenza di sintomi tra i passeggeri, non c'è stato bisogno di attivare il corridoio sanitario per il trasporto di biosicurezza.Insomma, chi arriva da Wuhan non viene controllato. Deve limitarsi a compilare una «health declaration». Ma in che cosa consiste questa autodichiarazione? Non è dato sapere. La Verità ha chiesto più volte lumi al ministero e pure alle autorità aeroportuali, e non ha mai ottenuto risposta. Non si sa, ad oggi, che cosa contenessero questi fogli, chi li abbia conservati, da chi siano stati esaminati o se siano stati utilizzati per il tracciamento (si suppone di no). Ma andiamo avanti. Il 17 gennaio si tiene un meeting audio organizzato dal comitato di sicurezza sanitaria dell'Ue dedicato proprio alle misure di controllo da mettere in atto negli aeroporti. Partecipano Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e altri Stati, ma non l'Italia. Il responsabile Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Maraglino, non ha letto la mail di convocazione.In quella riunione, gli esperti dell'Ecdc invitano gli Stati a controllare tutti i passeggeri dei voli in arrivo da Wuhan, effettuando «prompt testing», cioè test tempestivi. Gli stessi esperti spiegano anche (come ha riportato il Guardian) che il controllo della temperatura non basta a individuare i potenziali contagiati. La cosa è nota da tempo, già dalle epidemie di mers e sars, se ne parla nella letteratura internazionale, lo scrive l'Oms già nel 2005. In Italia, però, i tamponi non vengono fatti. Quali siano le misure di sicurezza adottate nei nostri aeroporti viene spiegato il 21 gennaio del 2020 da un comunicato del ministero della Salute. Nel testo si legge: «A partire da dopodomani, giovedì 23 gennaio, data in cui è previsto il prossimo volo diretto dalla città di Wuhan all'aeroporto di Roma Fiumicino, il ministero ha predisposto l'attivazione di un canale sanitario con controllo della temperatura attraverso scanner. È prevista anche la compilazione di una scheda che indichi destinazione e percorso dei passeggeri, una volta sbarcati». Siamo sempre lì: controllo della temperatura e autodichiarazione. Peccato che il controllo della temperatura (come hanno detto gli esperti Ue) non serva e che le autodichiarazioni non si sa che fine facciano.Il 23 gennaio, tra squilli di tromba, arriva il volo da Wuhan. Nello stesso giorno, la mattina presto, le autorità cinesi hanno deciso di chiudere la città ormai preda del Covid. A Fiumicino, alle 4.50 e con un'ora di anticipo, atterra il volo Cz 645 della China Southern Airlines. Tutti i 202 passeggeri vengono controllati. Come? Con telecamere termiche. Dopodiché, a ciascuno di loro viene richiesto di compilare la solita autodichiarazione. Responso del ministero: «Tutti sani, nessun caso da segnalare». Quelle persone, per lo più orientali, sono state lasciate libere di andare. Eppure, i rischi si conoscevano. Chi si fosse preso la briga di aggiornare i piani pandemici e leggere gli studi internazionali avrebbe scoperto ciò che sapevano, ad esempio, gli esperti del Sage, cioè il Cts britannico. Proprio in un documento del 23 gennaio 2020, infatti, i sanitari inglesi scrivevano: «Gli individui di ritorno da Wuhan possono essere considerati non più a rischio se dopo 14 giorni non mostrano sintomi». Invece, per i 202 sbarcati in Italia, non sono stati previsti né tampone né quarantena. Non si capisce nemmeno se siano stati in qualche modo tracciati nei giorni successivi, cioè se - sulla base delle famigerate autodichiarazioni - siano stati controllati o contattati nei giorni successivi allo sbarco. E dire che pochi giorni dopo, il 3 febbraio, gli italiani rimpatriati da Wuhan atterrati all'aeroporto militare di Pratica di mare saranno sottoposti a tampone e dovranno effettuare una quarantena piuttosto lunga.Sappiamo che tra dicembre del 2019 e gennaio del 2020 sono arrivati in Italia (a Fiumicino) da Wuhan circa 4.200 passeggeri. In gennaio 2.300 circa. Bene: nessuno di questi è stato controllato. Al massimo è stata misurata la temperatura a un paio di centinaia di persone. Certo, le indicazioni delle autorità europee e dell'Oms non sono state proprio chiarissime nei primi giorni di emergenza. Ma per lo meno dal 17 gennaio si sapeva che sarebbe stato bene effettuare tamponi e tracciamento. Lo stesso ministro Speranza, nelle riunioni della task force tra il 26 e il 28 gennaio, si pose il problema, chiedendo di «valutare la possibilità di tracciare e monitorare i passeggeri arrivati da tutta la Cina anche nei giorni precedenti il 23 gennaio 2020». Non risulta però che sia stato fatto qualcosa in proposito. Anzi, già il 30 gennaio la task force, su impulso del ministro, si preoccupava di vigilare su «fenomeni di intolleranza» verso gli studenti asiatici: erano i giorni dei mangiatori di involtini.«Dai verbali della task force emerge come Speranza fosse ossessionato dai rapporti con la Cina», dice Galeazzo Bignami di Fratelli d'Italia, il parlamentare che, con un lavoro insistente, ha fatto sì che i verbali della squadra speciale fossero resi pubblici. E attacca: «Speranza si preoccupava che si sapesse che i prodotti cinesi non erano contagiosi, che la Cina stava operando bene, che i rapporti con la Cina fossero preservati. Ed anche il trattamento riservato ai cinesi che arrivavano o erano presenti in Italia va oltre la retorica dell'antirazzismo. Forse il ministro ci deve dire qualcosa sui suoi rapporti con la Cina?».Per cominciare, sarebbe già interessante sapere che fine abbiano fatto le famose autodichiarazioni dei passeggeri giunti da Wuhan, e se qualcuno si sia premurato di verificare le condizioni di salute di costoro dopo lo sbarco. La vera storia della pandemia si può scrivere soltanto così.