2018-04-13
A giorni la sentenza sul cardinale Pell. In Vaticano è pronta la resa dei conti
Se il prelato fosse prosciolto dalle accuse di abusi sessuali, salterebbero le teste dei suoi nemici. A partire da quella del suo rivale, il cardinale Domenico Calcagno.In curia il conto alla rovescia è partito. Questione ormai di giorni e il 17 aprile dovrebbe arrivare dall'Australia la prima pronuncia dei giudici sul cardinale George Pell, 76 anni, accusato di abusi sessuali e di aver coperto sacerdoti pedofili. Dal 2014 il porporato seguiva la ristrutturazione economica e finanziaria della curia promossa da papa Francesco, interrompendo poi il lavoro per dedicarsi a tempo pieno al procedimento che lo vede accusato in Australia di abusi sessuali e di aver coperto sacerdoti pedofili. Sarà il giudice australiano Belinda Wallington a raccogliere le conclusioni delle parti il prossimo martedì e poi decidere se quanto finora emerso è degno di un ulteriore approfondimento processuale o se, al contrario, il fascicolo deve essere archiviato. Una partita giudiziaria che si riflette pesantemente sul destino della politica economica del vaticano. Il «congedo» di Pell ha infatti rallentato ulteriormente le riforme messe in cantiere, ha indebolito l'immagine di rinnovamento di Bergoglio, ha rianimato le peggiori anime curiali che cercano di trarre linfa da questa vacatio. I due polmoni di questo pontificato sono affaticati e producono poco ossigeno: da una parte la segreteria per l'Economia è appunto decapitata con Pell, imputato di reati orrendi, mentre la segreteria per la Comunicazione ha visto il ridimensionamento di monsignor Dario Viganò, dopo lo scandalo della lettera edulcorata di Benedetto XVI. Una situazione così accentua tensioni e fragilità. Non è infatti un caso che proprio ora si irrobustisca la voce che vede il potente monsignor Angelo Becciu, focolarino, sardo di Pattada, sostituto in segreteria di Stato, pronto ad approdare a nuovi incarichi. Già nel 2015 Becciu era dato per partente, ma il cosiddetto secondo scandalo Vatileaks ne rese necessaria la permanenza per evitare ulteriori traumi. Becciu rimase al suo posto anche dopo la sentenza che prosciolse i giornalisti, tra i quali anche il sottoscritto, azzerando l'impostazione accusatoria condivisa da settori della segreteria di Stato e che espose il Vaticano a infinite critiche. Oggi il dossier Becciu è tornato sulla scrivania del santo padre, che potrebbe sciogliere le riserve a breve. Di certo attenderà la pronuncia del giudice Wallington su Pell. Anche perché i sostenitori del cardinale australiano non nascondono il desiderio del porporato di rientrare subito al lavoro in curia, in caso di proscioglimento. E concludere la missione. Un'ipotesi che terrorizza quelli legati alla vecchia curia. La voce su questo destino è fortemente alimentata tra il tribunale di Victoria e i sacri palazzi dall'ottimismo del difensore, Robert Richter, che confida in una celere fuoriuscita del porporato dalle sabbie mobili processuali. La situazione è monitorata dall'ufficio della nunziatura, che cabla con costanza gli sviluppi in segreteria di Stato e da un'allarmata conferenza episcopale australiana, in ansia per l'imprevedibilità che l'attende. Pur oltre i 75 anni, Pell mantiene l'incarico di prefetto della segreteria per l'Economia fino ai primi mesi del 2019. Dovesse tornare, sarebbe un forte smacco per chi ha scommesso sulla sua colpevolezza (affatto granitica) e sulla speranza di poter così accentuare l'italianità in curia. È quindi tutta una partita contro il tempo, anche perché non è escluso che la risposta non arrivi né il 17 aprile né nei giorni successivi, ma si dilunghi tra ostacoli, gabelle e colpi di scena, lasciando così a Pell pochi mesi dalla scadenza del suo mandato. In attesa, così, anche uno dei più strenui nemici di Pell, quel cardinale Domenico Calcagno che ancora oggi è al vertice dell'Apsa - una sorta di seconda banca dopo lo Ior - pur avendo superato i limiti d'età. Epici i suoi scontri con Pell. E papa Francesco? Beh, in molti sono pronti a scommettere che appena si risolve il dossier Pell, si libererà presto di alcuni italiani, infastidito di quelli che hanno brindato alla sua scelta di far fare un passo indietro a Viganò. Anche perché papa Francesco è abituato a stupire tutti e quindi potrebbe benissimo disporre una proroga al cardinale australiano o, al contrario, disporre un avvicendamento per non accentuare la tensione.
(Ansa)
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