2023-02-25
41 bis, la Cassazione zittisce amici e complici di Cospito. Lui rifiuta le cure in ospedale
Gli ermellini confermano il carcere duro per l’anarchico, malgrado il pressing di sinistra, media e alcune toghe, tra cui il procuratore generale della Cassazione. Il detenuto, dall’ospedale, ha annunciato lo stop alle cure. Ira dei manifestanti: «Se muore la pagherete».Giovanni Melillo, che al Guardasigilli Carlo Nordio aveva indicato una strada alternativa al regime di carcere duro. Il secondo, invece, è la requisitoria scritta dal procuratore generale della Cassazione Pietro Gaeta. Pure lui non era per la conferma del 41 bis. Chiedeva di annullare la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma (che aveva confermato il 41 bis per Cospito per quattro anni) con rinvio per un nuovo esame. Gaeta addirittura vedeva «una carenza di fattualità in ordine ai momenti di collegamento con l’associazione (degli anarco insurrezionalisti, ndr), che lascia sopravvivere la stigmatizzazione difensiva secondo cui la condizione interclusiva speciale fosse giustificata solo dalla necessità di contenimento dell’estremismo ideologico». E in uno dei passaggi ha lanciato un assist al detenuto: «Risultano fondate le censure difensive che denunziano apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla dimostrazione dei collegamenti di Cospito con l’organizzazione criminale di appartenenza». Insomma, per il procuratore generale della Cassazione, stando alle carte, Cospito sarebbe solo un cane sciolto, un arruffapopoli solitario. Sostenuto peraltro da intellettuali con la caratura di Massimo Cacciari, da ex magistrati come Gherardo Colombo, dal già ministro della Giustizia con il governo Prodi, Giovanni Maria Flick, dai radicali e ovviamente dai quattro dem, Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai, che con la loro visita a Cospito hanno riacceso il dibattito sull’abolizione del 41 bis (vecchia battaglia di Cosa nostra). Ma anche dai giornali di destra: perfino Augusto Minzolini ha dedicato un editoriale difensivo a Cospito. I pochi rimasti convinti della validità giuridica della scelta del ministro Nordio di confermare il provvedimento detentivo (e la pronuncia della Cassazione ora conferma la correttezza della linea seguita sul punto dal ministro della Giustizia e condivisa dall’intero governo, della quale Nordio prende atto), oltre a questo giornale, erano Fratelli d’Italia, la Lega, e il procuratore generale della Corte d’appello di Torino Francesco Enrico Saluzzo (il magistrato che ha istruito il processo d’appello e che ha scritto il ricorso per Cassazione). Proprio quest’ultimo aveva inviato a Nordio un parere durissimo, insistendo nel regime di detenzione più afflittivo per Cospito, descritto come un «ideologo», un istigatore e «apologeta», che manterrebbe il ruolo «anche dall’interno della struttura penitenziaria e nonostante il regime di 41 bis». Secondo Saluzzo, Cospito sarebbe «punto di riferimento e catalizzatore di tutta una serie di aggregazioni del mondo anarco-insurrezionalista che a lui guarda come modello ed esempio». Un cattivo maestro, le cui «chiamate alle armi», sottolineava il magistrato, «non solo non vengono ignorate, ma si trasformano in un’onda d’urto che si dipana non solo sul territorio nazionale ma anche in Paesi esteri». Inoltre, a proposito delle azioni violente e di grave intimidazione messe in atto dai seguaci del guru anarco-insurrezionalista, Saluzzo scriveva: «È proprio ciò che Cospito propugna e indica (come la strada da seguire) e che viene immediatamente raccolta e tradotta in pratica e in atti concreti». Appena ha ricevuto notizia della decisione a lui sfavorevole, presa dopo oltre otto ore di camera di consiglio (anticipata anche per ben due volte rispetto a quando era stata fissata proprio per le condizioni di salute del detenuto), Cospito ha annunciato di aver sospeso la somministrazione di integratori e di essere tornato al regime dietetico delle proteste, aggiungendo di essere convinto che quindi morirà presto. «Spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta», avrebbe detto. Ma per i sostenitori di Cospito, riuniti ieri sotto al Palazzaccio, i suoi reati sono poca cosa: «Alfredo che ha fatto in fin dei conti? Vabbè ha sparato a uno, gli ha fatto una striscetta». Mentre le bombe piazzate nei cassonetti sotto la scuola carabinieri di Fossano sono state liquidate come «un cassonetto bruciato». Dal pulpito improvvisato gli oratori avevano arringato i circa 50 manifestanti (controllati da 25 blindati delle forze dell’ordine) con frasi minacciose, come «reagiremo a quello che arriva nel modo dovuto». Il più agguerrito, come sempre a queste manifestazioni, era Lello Valitutti anarchico condannato negli anni 70 per terrorismo: «La gente normale e la gente povera può stare tranquilla, non faremo mai niente contro di loro. Sono nostri fratelli. Ma per i ricchi e potenti scateneremo l’inferno, mettendo in gioco anche la nostra vita». E ancora: «È finito il tempo delle manifestazioni e dei cortei. Da oggi inizia il momento della lotta. Non lasceremo morire Alfredo senza tentare il tutto per tutto. Lui mette in gioco la sua vita e noi mettiamo in gioco la nostra. Se Alfredo muore sarà l’inferno per i ricchi in questo Paese, sarà lotta». Nel corso del comizio sono stati ricordati anche i «compagni delle Brigate Rosse che sono al 41 bis», con un riferimento esplicito a Nadia Lioce, colpita dalla «ferocia del sistema» e a Diana Blefari Melazzi, condannata per l’omicidio di Marco Biagi, morta suicida in carcere, che sarebbe stata «portata all’impazzimento» e avrebbe rinunciato alla sua «vita da combattente» per evitare il rischio di poter tradire involontariamente qualcuno. Fortunatamente, all’arrivo della notizia, almeno nella piazza antistante la Cassazione, non si sono verificati disordini. Solo improperi rivolti alle forze dell’ordine, definiti «coglioni» e ai giornalisti presenti, tra cui gli autori di questo righe, apostrofati con «scrivi ’sto articolo di merda». A tutti l’avviso che «La storia vi processerà». Eppure, nel primo pomeriggio, un gruppetto di manifestanti vestiti di nero, che aveva appoggiato in bella vista sul prato ancora coperto dai coriandoli di Carnevale i caschi utilizzati negli scontri con la celere, aveva fatto temere che dei disordini fossero stati pianificati. A placare gli animi probabilmente è stato lo squilibrio tra manifestanti e forze dell’ordine, aumentato, complici anche alcune gocce di pioggia cadute nel corso del pomeriggio che hanno fatto allontanare un gruppetto di studenti. Quando il sole ha iniziato a tramontare erano rimasti una trentina di manifestanti, quasi un rapporto uno a uno con i blindati delle forze dell’ordine che presidiavo tutti gli accessi di piazza Cavour e la sede della Cassazione.