2022-03-21
1962: l'anno dell'Alfa Romeo «Giulia»
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Giulia 1600 TI del 1962 (Centro Documentazione Alfa Romeo-Arese)
Icona di due decenni, la berlina dalle grandi prestazioni sportive fu una delle auto più amate dal pubblico. Per prestazioni, design, tecnica. Simbolo indelebile delle forze dell'ordine degli anni di piombo, fu prodotta fino al 1977. La storia, le immagini.Sembra ancora di sentire lo stridio delle gomme e l’urlo del motore quando rievochiamo il nome di una delle Alfa Romeo più amate di sempre, la «Giulia». La memoria collettiva della berlina regina degli anni Sessanta e Settanta riporta indelebilmente alla livrea verde oliva della Squadra Volante o a quella blu scuro dell’Arma dei Carabinieri. Una berlina che ha rappresentato l’Italia del post-boom, un oggetto del desiderio di tanti automobilisti amanti della guida sportiva. Che presto diventerà anche un’icona del design e delle prestazioni «made in Italy». Dalla fine degli anni Cinquanta la marca del biscione aveva lavorato per trovare un’erede alla sua berlina di punta, la «Giulietta», simbolo del «boom» economico e prodotta anche nella versione spider che all’inizio del decennio successivo appariva ormai datata nelle sue forme rotondeggianti tipiche del decennio. La Giulia, che inizialmente fu nota durante la fase pre-lancio come «1600 TI» per la cilindrata del propulsore aveva una linea del tutto contemporanea e originale, che riprendeva solo in parte il gusto americaneggiante delle tre volumi ispirate dalla Chevrolet Corvair che fu da molti marchi europei imitata. Quello della nuova Alfa Romeo era un capolavoro di design tutto italiano, nata nella famosa galleria del vento del Politecnico di Torino. I «genitori» della linea filante e aggressiva della nuova vettura del biscione furono i nomi chiave del Centro Stile Alfa Romeo Ivo Colucci, in azienda dal 1932 e già artefice della berlina di fascia alta «1900» e Giuseppe Scarnati, ingegnere a capo della struttura reduce dal successo di stile della «Giulietta». Il risultato uscito dalla galleria fu eccezionale, perché la nuova «Giulia» aveva un coefficiente di penetrazione aerodinamica estremamente ridotto, pari ad un cx di 0,34 che per la categoria rappresentava un record assoluto. La linea filante era caratterizzata da un disegno unico che terminava con la caratteristica coda tronca e il disegno rastremato del bagagliaio posteriore. Il frontale, dominato dallo scudo Alfa Romeo e dalla griglia metallica esprimeva tutta la velleità sportiveggiante della «Giulia», con i quattro fari anteriori di diametro differente che regalavano alla nuova Alfa la tipica espressione «accipigliata» come a voler aggredire la strada con le sue caratteristiche sportive in una berlina dedicata anche alla famiglia. Il disegno della carrozzeria era l’elaborazione di un progetto precedente, il «tipo 103», un prototipo di utilitaria pensato dall’azienda del Portello nella prima fase della motorizzazione di massa italiana. Dallo spirito spartano, la tre volumi avrebbe dovuto essere spinta da un motore di soli 850cc ma il progetto non ebbe seguito anche perché la rapida crescita dei primi anni Sessanta fece deviare i vertici dell’Alfa Romeo guidati dall’ingegner Giuseppe Luraghi verso una vettura di fascia più alta, visto l’aumento del potere d’acquisto di buona parte degli Italiani. Oltre al disegno della carrozzeria, l’aspetto che rese la «Giulia» unica nel panorama automobilistico dell’epoca fu la meccanica. La «1600 TI» del 1962 era infatti dotata di una caratteristica all’epoca rara anche nelle auto di fascia superiore: il cambio a cinque marce sincronizzate di serie. Il motore bialbero da 1.570cc. codice AR00514 racchiudeva ulteriori sorprese, come le valvole di scarico raffreddate al sodio di derivazione aeronautica. Il 4 cilindri con testa in lega d’alluminio erogava ben 92 Cv, capaci di portare la «Giulia» a superare i 175 Km/h quando le vetture coeve di pari cilindrata raramente superavano i 140 Km/h. Una velocità di punta supportata anche dalla eccellente tenuta di strada garantita dal telaio e dalla soluzione delle sospensioni a quadrilateri sovrapposti. Solo per alcuni aspetti che caratterizzano soltanto le primissime serie della nuova Alfa rimanevano poco consone alla impostazione sportiva del modello. Si trattava dell’impianto frenante, inizialmente dotato di quattro tamburi che rappresentavano una soluzione ormai anacronistica e che saranno sostituiti da quattro dischi già dai primi anni di produzione. Inoltre la «1600 TI» degli esordi era ancora dotata di cambio al volante e panca anteriore unica, più adatta al gusto delle mastodontiche berline americane. Queste caratteristiche dissonanti, a cui si aggiungeva il cruscotto con tachimetro a sviluppo orizzontale, scomparvero ben presto sostituiti dai leggendari strumenti circolari a doppia palpebra e dal volante sportivo a tre razze che accompagneranno la «Giulia» fino alla fine della sua lunga carriera, durata dal 1962 al 1977. Presentata ufficialmente al pubblico il 26 giugno 1962 ebbe dalla stampa specializzata una ottima accoglienza, alla quale seguì presto il successo al pubblico. La storia della «Giulia» parla di un’evoluzione continua di allestimenti e modelli sulla base di quella idea originaria nata negli anni del boom. All’impostazione corsaiola in casa Alfa Romeo seguì per la nuova vettura un destino nelle competizioni nella categoria Gran Turismo con la nascita di una versione dedicata alla pista, la TI Super, nota anche come «Giulia Quadrifoglio» in quanto la prima a fregiarsi del mitico simbolo delle corse del Biscione. Si trattava di una rielaborazione della vettura di serie opportunamente alleggerita dalla carrozzeria «Touring» (per un peso di soli 910 kg) e prodotta in un numero limitatissimo di esemplari tra il 1963 e il 1964. La gamma dedicata al grande pubblico proseguì sostanzialmente in due serie. Alla 1600 fu affiancata nel 1964 dalla «entry level» 1300, caratterizzata dal frontale con soli due proiettori e interni più spartani. La riduzione della cilindrata (e del prezzo d’acquisto) non intaccò la vocazione sportiva tanto cara agli alfisti perché il motore erogava comunque 78 cavalli che spingevano la «milletrecento» a quasi 160 km/h. Il 1965 sarà l’anno della Giulia Super 1600 prodotta fino al 1972, anno in cui le due cilindrate da 1,6 e 1,3 litri vedranno l’adozione degli stessi allestimenti nella versione cosiddetta «unificata». L’ultimo restyling della berlina milanese, prodotta per la quasi totalità negli stabilimenti di Arese (tranne una parte della produzione iniziale avvenuta al Portello) fu battezzata «Nuova Giulia Super», distinguibile per la sparizione della scanalatura del baule diventato piatto, dalla mascherina in plastica nera con lo scudetto Alfa più grande e alcuni ritocchi agli interni. La «Giulia» segnò anche al tramonto della vita produttiva un primato nella storia della casa, anche se certo non fu il più amato dal pubblico degli alfisti: fu infatti la prima vettura Alfa Romeo di serie ad essere equipaggiata da un propulsore diesel di produzione Perkins, lo stesso che montava il furgone Alfa Romeo F12. Le pessime prestazioni (138 km/h) e l’anima antitetica alla sportività dei motori a gasolio ancora poco prestanti e ancora meno amati, ne decretarono l’insuccesso. La grande berlina italiana, ammirata e desiderata dagli automobilisti di allora e dai collezionisti di oggi, lasciò il posto ad un’altra tre volumi che portava il nome dell’antenata Alfa degli anni Cinquanta, la nuova «Giulietta», la sportiva dalla tipica linea a «cuneo» prodotta dal 1977 al 1985. La «Giulia» berlina fu prodotta in quasi 580.000 esemplari.
Jose Mourinho (Getty Images)