2021-09-23
L’incubo zone rosse non svanisce con la card
Nonostante gli auspici di Massimiliano Fedriga («Con il pass resterà tutto aperto»), il semaforo è ancora attivo. Il rappresentante dei governatori confonde i buoni propositi con la realtà, come dimostrano Sicilia e Sardegna. Per cambiare bisogna battagliare dentro l'esecutivo.«Il green pass elimina il semaforo rosso». Massimiliano Fedriga è convinto che questa sia la direzione giusta per evitare nuove chiusure e di fatto si uniforma allo slogan «Il green pass è libertà» lanciato da Mario Draghi e cantato in coro a cappella (e a tonsilla scoperta) da un ensemble che va da Forza Italia ad Articolo uno. Il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia ha un ruolo fondamentale, da presidente della Conferenza delle Regioni rappresenta i 20 territori, 14 dei quali sono guidati dal centrodestra. La sua posizione, ribadita in questi ultimi giorni a reti unificate, diventa istituzionale: «Il passaporto verde è tanto più importante perché è lo strumento che ci consente di tenere aperto quello che un anno fa veniva chiuso».In un'intervista al Corriere della Sera chiarisce il punto e lo arricchisce approfondendo il concetto a beneficio delle aziende e delle famiglie: «Il certificato ci permette di non avere più lockdown. Significa poter garantire a chi ha attività economiche che non chiuderà, e a chi vuole investire che potrà farlo senza problemi. Dobbiamo mandare un messaggio chiaro al Paese, assicurare la certezza che il rispetto delle prescrizioni comporta il beneficio di riacquistare piena libertà». Il problema è che il messaggio risulta tutt'altro che chiaro, in realtà rappresenta un wishful thinking, una speranza aborrita dal ministro Speranza. E costituisce il nocciolo della critica alle posizioni della Lega di governo da parte di chi giudica negativamente questa deriva sudamericana dei diritti costituzionali intrapresa da Palazzo Chigi con le imposizioni record contenute nel green pass allargato.In realtà il passaportino non sostituisce nulla, non affievolisce nulla e non garantisce nulla davanti alla possibile evoluzione della pandemia. Quindi non impedirà né chiusure, né eventuali zone rosse, né (ma facciamo gli scongiuri) lockdown natalizi. E questo perché la «cartuccella» non è uno strumento di tutela della salute ma un orpello politico, di polizia, per spingere le persone a vaccinarsi. Di conseguenza non incide sulle decisioni del Comitato tecnico scientifico, del ministero della Salute, dell'Istituto superiore di sanità, arroccati esattamente come un anno e mezzo fa alle loro certezze chiusuriste, confortate dall'allungamento dello «stato di emergenza». Un ponte levatoio che dovrebbe scendere a liberare il Paese a fine anno ma che Roberto Speranza ha già chiesto di tenere ermeticamente chiuso almeno fino al 31 marzo. All'interno di questo periodo continueranno a dominare i parametri di incidenza Covid: la zona gialla scatterebbe con l'occupazione di letti in terapia intensiva oltre il 10%, l'area medica oltre il 15% e 51 casi per 100.000. Questo anche se il 100% della popolazione avesse il patentino verde in tasca o nel passeggino. L'unico modo per scongiurare fastidiosi semafori colorati è intraprendere una battaglia politica. Impossibile che il governatore Fedriga non lo sappia perché proprio Matteo Salvini ci ha provato in luglio, quando ha chiesto di cambiare i parametri «per tenere aperte le attività commerciali anche in zona arancione o rossa». Pure la battaglia per la riapertura delle discoteche aveva quell'obiettivo. Draghi non ha mosso un dito in quella direzione e gli altri partiti - paladini delle libertà individuali a giorni alterni - hanno fatto finta di non sentire.Ormai il Parlamento è esautorato dal governo, lo conferma la decisione di obbligare i rappresentanti del popolo a dotarsi di green pass per entrare in Aula. Tutti contenti come la Vispa Teresa in chiave anti casta («Siamo tutti uguali, che bello») e nessuno che si domandi se questa non sia una picconata al ruolo di controllo e di contrappeso che Camera e Senato dovrebbero avere nei confronti dell'esecutivo. Poiché non siamo parenti di Sabino Cassese, ci fermiamo qui. In un simile contesto di vassallaggio spinto nei confronti di Palazzo Chigi è utopistico pensare, come fa Fedriga, che bastino i Green pass a scongiurare i semafori. Anche perché gli stessi green pass non hanno evitato alla Sicilia di finire in giallo, alla Sardegna di arrivarci vicino più volte e alla Calabria di sfiorare l'upgrade (quindi l'obbligo di mascherine all'aperto) con una revisione dei dati all'italiana. Con la legge vigente, il green pass più duro del mondo non impedirà le chiusure. Il messaggio è chiaro e crudele: l'unico modo per non finire fra i cittadini che il governo considera di Serie B è vaccinarsi. La tendenza è selettiva, termine che fa correre i brividi lungo la schiena ma che dà un'idea precisa della situazione: in caso di zona rossa, al ristorante andrebbe chi ha green pass e chi non ce l'ha sarebbe costretto a stare in lockdown. In Germania, da novembre accadrà proprio questo: ai lavoratori non vaccinati verrà revocato lo stipendio, se saranno costretti a isolarsi in quarantena. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Jens Spahn, in accordo con i Länder, alcuni dei quali hanno proposto di ammettere nei luoghi pubblici solo i vaccinati. È la via tedesca alla libertà sulla punta del fucile. Inquietante, ma almeno senza l'ipocrisia del green pass all'Italiana.