2023-01-25
Zelensky fa le purghe contro i corrotti ma i soldi sono nostri
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Le teste di viceministri e collaboratori cadono per le mazzette mentre l’Occidente si sacrifica per Kiev. A chi finiscono le armi?Ma che sta succedendo in Ucraina? Mentre Volodymir Zelensky è impegnato con il Festival di Sanremo, dove è prevista una sua apparizione con la mimetica d’ordinanza, a Kiev è cominciata l’era delle Grandi purghe. Il repulisti non è fra gli amici dei russi, i quali a prezzo di migliaia di vittime per ora sono respinti nel Donetsk, ma tra la nomenclatura. Domenica scorsa la polizia ha fermato il viceministro delle Infrastrutture, Vasyl Lozynsky. Il funzionario aveva il compito di comprare i generatori per evitare i blackout provocati dai missili di Putin, ma è stato preso con in mano una mazzetta da 400.000 dollari, incassata per agevolare la firma dei contratti per la riparazione della rete elettrica. Un esempio di corruzione sulla pelle degli ucraini? Così sembra. Del resto, non c’è guerra senza qualche speculatore che si arricchisca. Tuttavia, Lozynsky non sembrerebbe il solo. Ieri sono arrivate le dimissioni, che qualcuno definisce forzate, di Vyacheslav Negoda e di Ivan Lukerya, rispettivamente viceministri delle Comunicazioni e dei Territori. A quanto pare incassavano tangenti sulle forniture militari. E dopo di loro si sono fatti da parte il viceprocuratore generale dello Stato, Oleksiy Symonenko, e il numero due dell’ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, stretto collaboratore di Zelensky. Del primo si dice che avesse una passione smodata per le vacanze di lusso, quanto al secondo, gli è attribuita una qualche responsabilità nella sparizione di 22 container, 389 vagoni ferroviari e 220 camion di aiuti umanitari destinati alla regione di Zaporizhzhya: un bottino di oltre 7 milioni di euro. Anche Tymoshenko, al pari del viceprocuratore, sembra avesse un debole per il lusso: niente vacanze, ma fuoriserie, tra le quali una supercar elettrica della Porsche. Sì, mentre al fronte si combatte cercando di schivare mine e missili, a Kiev qualcuno se la spassa, accumulando quattrini e vivendo alla grande. Il cinismo dei profittatori non si fermerebbe davanti a nulla, nemmeno al rancio destinato alla truppa. Pure le uova e le patate sarebbero pagate più del doppio e un viceministro della Difesa, tal Viasheslav Shapovalov, preso con le mani nel sacco, sarebbe stato costretto alle dimissioni. Nel mirino delle Grandi purghe sarebbero finiti pure i governatori di cinque regioni chiave, le più colpite dall’artiglieria russa, ma anche destinatarie del maggior numero di aiuti. La corruzione sarebbe tale che il governo avrebbe firmato un decreto urgente per vietare l’espatrio dei funzionari pubblici, ai quali dunque sarebbe proibito far le valigie con il bottino per godere all’estero delle ruberie. Che l’Ucraina avesse un livello di corruzione pari solo a quello russo si sapeva da prima dell’invasione. Infatti, gli oligarchi non sono solo quelli di Vladimir Putin. La mafia e la nomenclatura ucraina, una volta sciolta l’Unione sovietica, si sono appropriate dei beni dello Stato, costruendo fortune dalle origini misteriose, e il malaffare non si è certo fermato con l’invasione del febbraio scorso. Fin qui, dunque, c’è poco da stupirsi: che dietro la narrazione ufficiale del Paese inerme ci fosse anche qualcuno che faceva loschi affari lo abbiamo sempre sospettato. E però la scoperta di una corruzione così ramificata, giunta a lambire addirittura l’ufficio di presidenza, cioè a coinvolgere anche i più stretti collaboratori di Zelensky, pone un problema. Da un anno a questa parte, i Paesi occidentali stanno finanziando l’Ucraina senza limiti, e pagano a caro prezzo il sostegno all’eroica resistenza delle truppe di Kiev. Il prezzo della bolletta elettrica, quello della benzina, l’aumento della rata dei mutui e l’inflazione sono diretta conseguenza di quanto succede in Ucraina. E se ci siamo privati di centinaia di milioni, in armi o sotto forma di aiuti, il minimo che si può pretendere è che questi soldi non finiscano nelle mani dei ladri. Di più: se a Kiev c’è chi non si fa problemi a rubare sulle forniture alimentari destinate ai militari, è assai probabile che i furti riguardino anche gli armamenti. Oggi l’Ucraina è il Paese più armato d’Europa e, come segnalarono mesi fa gli investigatori, è altissimo il rischio che mitragliatori, cannoni e droni finiscano nelle mani sbagliate. Vale a dire che non sappiamo se tutte le forniture giungono a destinazione, ma è altamente probabile che siano intercettate da bande armate che un domani potrebbero rivolgerle anche contro di noi. Se un criminale è disposto a fare affari sulla pelle della propria gente, potete pensare che faccia scrupolo a premere il grilletto nei confronti di chi nemmeno conosce? Sappiamo che le anime candide a tutto ciò non pensano, ma siccome le conseguenze di altre guerre le stiamo ancora pagando, vedi Afghanistan e Iraq, preferiremmo evitare di importare la guerra.