2023-01-20
Zelensky provoca: forse Putin è già morto
Volodymyr Zelensky durante l'intervento a Davos (Getty Images)
Il leader ucraino si collega con Davos: «Quando appare in tv, non sono sicuro sia lui». Il Cremlino replica minacciando l’Europa. Sui tank a Kiev rimpallo Germania-Usa. Missili italiani in uso alla resistenza catturati dalle truppe russe: tensione con Mosca.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rifiuta di parlare con Putin perché ritiene che possa essere ormai morto. Questa la risposta alla domanda su un possibile dialogo per la pace, rivoltagli durante il suo intervento al Forum economico di Davos. «Non capisco bene con chi parlare e di cosa. Non sono sicuro che il presidente russo, che a volte appare contro il chroma key, sia davvero lui», ha affermato Zelensky, ponendo dei dubbi su chi starebbe prendendo le decisioni per Mosca in questo periodo. Il «chroma key» menzionato da Zelensky è una tecnica utilizzata per alterare lo sfondo intorno al soggetto di un video, utilizzata spesso per motivi di sicurezza. «La Russia e Putin esistono ed esisteranno e il presidente ucraino dovrebbe rendersene conto il prima possibile per il bene del suo Paese», ha risposto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Il portavoce russo ha approfittato per mandare un avvertimento riguardo alla Crimea e alla possibilità che Kiev intenda riconquistare la penisola. Per Peskov l’ipotesi in sé, ma ancor di più l’idea che gli Stati Uniti possano aiutare gli ucraini in questa impresa, è «estremamente pericolosa». «Questo significherà elevare il conflitto a un nuovo livello, che non sarà di buon auspicio per la sicurezza europea», ha detto Peskov. Nel frattempo si consuma lo scontro sull’invio dei carrarmati Leopard. La pressione della Polonia e degli Usa perché Berlino li consegni a Kiev o, quantomeno, autorizzi gli altri Paesi che li hanno acquistati a fornirli all’Ucraina, è fortissima. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha affermato che il suo Paese potrebbe consegnare i panzer senza attendere il «via libera» tedesco. «O raggiungeremo un’intesa in modo veloce, o faremo da soli la cosa giusta», ha detto senza mezzi termini. Sulla questione si sono incontrati ieri i ministri della Difesa di Stati Uniti e Germania, Austin e Pistorius. Una fonte del governo tedesco ha riferito che il cancelliere Scholz darà l’ok ai Leopard 2 in Ucraina solo se il presidente degli Stati Uniti Joe Biden accetterà di fornire a Kiev tank americani Abrams. Ma gli Stati Uniti hanno già deciso di non fornire all’Ucraina, per il momento, né i sistemi missilistici a lungo raggio Atacm, né i carri armati Abrams, come confermato dal sottosegretario alla Difesa Usa, Colin Kahl. Che ha infatti spiegato che alcuni sistemi non sono utili se sono difficili da mantenere o se è difficile addestrare le truppe a usarli. Si attendono, dunque, decisioni sostanziali dalla riunione del «gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina» che si tiene oggi, presso la base Usa di Ramstein, a cui parteciperà appunto il nuovo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius. Zelensky ha dichiarato di sentirsi ottimista sugli esiti di Ramstein: «Dobbiamo ancor guardare a supporti specifici che stiamo per avere nella forma di un grande pacchetto difesa dagli Usa. Ci attendiamo un supporto simile dagli altri partner». Il nuovo mega pacchetto statunitense di aiuti militari a cui Zelensky fa riferimento avrà un valore di circa 2,5 miliardi di dollari e includerà per la prima volta i veicoli da combattimento Stryker. Sulle forniture spinge particolarmente la Ue, con il presidente del Consiglio Charles Michel che, parlando alla Rada ucraina a Kiev, ha affermato: «Le prossime settimane e i prossimi mesi saranno decisivi. Avete bisogno di più sistemi di difesa aerea, più missili a lungo raggio e munizioni e, soprattutto, avete bisogno di carri armati. Subito». Ma qui potrebbe sorgere un altro problema. Nessun esercito Nato (a parte gli Usa con gli Abrams che non vogliono fornire) dispone di flotte di tank in eccesso, di cui potersi privare senza azzerare o quasi le rispettive componenti carri. La ricostruzione della componente corazzata degli eserciti Nato, una volta esaurite le scorte, richiederebbe anni e diversi miliardi. Ancora sull’argomento armi è scontro tra l’Italia e l’ambasciata russa a Roma, che comunica che missili anticarro Milan di fabbricazione italiana «sono stati catturati al nemico» e ora «aiutano i difensori della Repubblica Popolare di Donetsk a combattere i neonazisti ucraini». Ironicamente, l’ambasciata afferma che «almeno quest’arma è in buone mani», mentre «secondo i dati dell’Europol, molte armi della Nato fornite al regime di Kiev, finiscono sul mercato nero e vengono rivendute alle organizzazioni criminali in Europa e altrove». Per quanto riguarda le operazioni sul terreno, arriva anche da militari ucraini al fronte la conferma del ritiro dei reparti di Kiev dalla cittadina di Soledar. La località è al momento controllata dalle forze di Mosca, che ora puntano alla vicina e strategica Bakhmut. Sul fronte diplomatico, il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen ha accettato l’invito della controparte ucraina a recarsi in visita a Kiev. Sarebbe la prima volta che un esponente israeliano vola in Ucraina dopo l’invasione. Anche il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, è attesa a Kiev nel mese di febbraio.
Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia (Ansa)
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)