2020-10-15
Zampata di Amazon sulla Champions. Bezos comincia la campagna d’Italia
Il colosso statunitense ha messo le mani sui diritti di trasmissione delle partite del mercoledì nel nostro Paese. Oggi ci sarà l'asta decisiva, ma dopo Inghilterra e Germania sembra fatta anche qui. Brutta notizia per Sky.Le Iene accendono i fari sulla compravendita di follower per i grandi social media: sono strapieni di falsi e ingannano milioni di persone. Ma a finire oscurato è Donald Trump.Lo speciale contiene due articoli. Tra gli addetti ai lavori, la sensazione è che la probabile vittoria di Amazon per i diritti tv della Champions League 2021-2024 possa essere l'inizio della fine di Sky. Una breccia, la nascita di un nuovo mondo in materia di gestione delle trasmissioni delle partite di calcio. Gli italiani cambieranno il modo di vedere le sfide delle squadre di Serie A in televisione. Dovranno abbonarsi ad Amazon, che con il suo servizio Prime ha già rivoluzionato il calcio in Premier League da due anni. Del resto, il colosso un tempo di Rupert Murdoch, ora di proprietà di Comcast, rischia di essere fatto fuori non solo dalla fascia più importante dei match del mercoledì di Champions - quella su cui Amazon ha lanciato un'offerta fra 80 e 100 milioni di euro - ma anche da quelle minori del martedì. Di più se ne saprà oggi, quando ci sarà un rilancio delle offerte a Nyon: i diritti televisivi Champions sono gestiti dagli svizzeri di Team per l'Uefa. In gara ci sono appunto Sky, Dazn e Mediaset. Ma dalle indiscrezioni appare evidente il momento complicato della catena di comando di Sky Sport Italia, dove da due anni è arrivato Marzio Perrelli come vicepresidente (molto vicino al presidente del Coni, Giovanni Malagò). Va ricordato che per il triennio 2018-2021 Sky aveva dato all'Uefa quasi 280 milioni di euro. Così mentre Amazon si avvicina sempre più al pallone italico, dall'altro lato Sky continua a soffrire, soprattutto nel nostro Paese. Uno snodo chiave di questi intrecci è la scelta da parte della Lega di Serie A per la cessione dei diritti relativa al triennio 2021-2024. Sarà la cordata Advent-Cvc-Fsi ad accompagnare i nostri club con una quota del 10%. Si tratta di una decisione storica, perché per la prima volta i diritti televisivi saranno affidati a una media company dove ci sarà una governance condivisa con fondi di private equity. In sostanza - per restare nella metafora calcistica - Sky rischia di uscire dal campo. Va anche ricordato che è di giugno la decisione del consiglio di Stato (vicenda legata alla piattaforma Mediaset Premium) sul divieto al broadcast inglese di esclusive sul canale Iptv, fino al 2022. In pratica Sky rischia di restare fuori da tutte le esclusive. E proprio su questa sentenza ci sarà un'assemblea di Lega Calcio il prossimo 12 novembre. Non solo. Pesa notevolmente pure il mancato pagamento di 130 milioni di euro che Sky deve ancora al nostro campionato. Si tratta dell'ultima rata per i diritti del campionato 2019-2020, che Sky ha normalmente trasmesso nonostante l'emergenza sanitaria. Come ha più volte ricordato La Verità, infatti, da maggio nel tribunale di Milano giace il decreto ingiuntivo che i club avevano promosso contro il colosso televisivo. Sono passati cinque mesi e, nonostante la sentenza del 7 luglio dove vengono riconosciuti i diritti sui 130 milioni, la situazione continua a rallentare. Tanto che c'è il rischio che nuovi intoppi potrebbero far slittare il pagamento a gennaio 2021. Anche per questo la Lega Calcio continua a monitorare la situazione. E secondo indiscrezioni delle ultime ore, il 20 dicembre il tribunale di Milano dovrebbe rendere esecutiva la richiesta di pagamento dell'ultima rata 2019-2020. Del resto nel contratto tra Lega e Sky veniva evidenziato che «il pagamento del corrispettivo non può essere sospeso o ritardato da pretese o eccezioni del licenziatario qualunque ne sia il titolo ed ancorché oggetto di contestazione in sede giudiziaria». A Dazn e Img, infatti, era stato concesso di ritardare il pagamento, ma non si sono rifiutati mai di pagare. Di certo l'atteggiamento del gruppo Comcast è stato differente con il nostro campionato. Negli altri paesi, dall'Inghilterra alla Germania, sono stati proposti sconti sui diritti tv, ma anche perché sono stati rinnovati i contratti per gli anni successivi. Per Amazon si tratta con tutta probabilità di un primo passo entro i confini italiani. Dopo gli accordi con la Premier inglese e la Bundesliga, si era parlato già pochi mesi fa di un interesse del gruppo di Jeff Bezos per i diritti della Lega Serie A, triennio 2021-2024. Dopo la scelta del modello media company con Cvc partners, Amazon potrebbe puntare nella prossima asta a conquistare anche in questo caso le partite più importanti, con un pacchetto ad hoc. Proprio come fatto in Inghilterra. Del resto Amazon dal 2021 trasmetterà in Germania le migliori sfide di Champions League (erano di Sky). E questo dopo aver acquistato negli Usa i diritti tv per il tennis e la Nfl. È la nuova frontiera del calcio in televisione. Quando Bezos è sbarcato in Premier League ha stravolto i palinsesti televisivi, portando via (da Bbc e altre reti) i commentatori calcistici più rinomati. Uno di questi è Alan Shearer, ex bomber del Newcastle e della nazionale inglese. Ma potrebbe non essere finita qui. Mentre Sky si avvia a defilarsi, altri grandi gruppi potrebbero presto affacciarsi in Italia. Tra questi c'è anche Disney+, piattaforma su cui già girano gli eventi di Espn e Fox Sport. In sostanza nei prossimi mesi il calcio in tv sarà rivoluzionato e dovrà di sicuro tenere in considerazione la crisi economica che stanno affrontando le squadre, durante questa interminabile emergenza sanitaria. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/zampata-di-amazon-sulla-champions-bezos-comincia-la-campagna-ditalia-2648209797.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-fuffa-e-esente-dalla-censura-web" data-post-id="2648209797" data-published-at="1602702698" data-use-pagination="False"> La fuffa è esente dalla censura web Mirko Scarcella è un giovane sulla trentina, che sul petto ha fatto imprimere a chiare lettere l'esatta misura della propria egomania: I am the chosen one, «Sono il prescelto», recita un tatuaggio blu scuro, il cui valore narcisistico, nei giorni passati, è stato analizzato con scrupolosa minuzia dall'entourage de Le Iene. Scarcella si è autoproclamato «guru di Instagram». Possedeva, o così ha raccontato, il segreto della notorietà social, un algoritmo capace di far diventare virale qualunque video, immagine o profilo. Stava tutto nel «puntare i server», ha detto e ribadito ai microfoni che, negli anni, gli sono stati piazzati sotto il naso. La stampa italiana difatti l'ha spesso dipinto come «genio», prendendo per buono ogni traguardo professionale che diceva di aver raggiunto, pompandone la credibilità. Scarcella, protagonista di uno speciale dello show di Italia 1, sembra aver creato una compagnia fantoccio, la Lion Holding, così da accalappiare persone e aziende che desiderassero maggiore visibilità su Instagram. Lo schema, secondo la ricostruzione delle Iene, era sempre lo stesso. Il ragazzo - che online spiattella uno stile di vita lussuoso - si proponeva al cliente come colui che, da zero, aveva creato il fenomeno Gianluca Vacchi. Non solo. Diceva (col conforto di molti organi di stampa nostrani) di aver lavorato con le sorelle Kardashian, Taylor Swift e Donald Trump, la cui amministrazione lo avrebbe contattato per capire come comunicare al meglio sui social. Forniva numeri e nomi, chiedendo gli venissero corrisposte cifre da capogiro: 8 o 10 «kappa» - ovvero «migliaia» di euro - al mese per tenere le redini di un profilo e portarlo a guadagnare migliaia di follower. Ma attenzione: prometteva di non usare «bot», ossia account fantoccio creati col preciso intento di far crescere esponenzialmente la pagina social di un soggetto. Scarcella garantiva un seguito vero, visibilità reale, «concreta», perché chi lo pagasse potesse diventare tanto famoso da essere fermato un domani per strada. Radunati testimoni e compagnie preposte all'analisi dei profili social (con verifiche e controlli), Le Iene hanno dimostrato che nulla, nell'impero creato da Mirko Scarcella, ha mai posato su fondamenta reali. Il guru, che dopo il servizio di Mediaset ha trovato spazio nel salotto serale di Massimo Giletti per raccontare la propria verità, avrebbe truffato i clienti propinando loro account farlocchi. Sarebbero stati proprio i bot, profili falsi generati automaticamente dai computer, a far crescere le pagine social degli aspiranti famosi, costretti a pagare cifre mostruose per comprare fuffa che online si trova a poco prezzo. Basta qualche centinaio di euro per veder convogliare sulla pagina desiderata azioni e reazioni che Instagram, dal canto suo, cerca poi puntualmente di cancellare. La piattaforma, che nel 2019 ha raccolto in pubblicità circa 20 miliardi di dollari, ha una politica che vieta queste pratiche. Eppure, Scarcella non è che la punta dell'iceberg di questo mercimonio via Web, che avviene praticamente in mezzo mondo. È un serissimo problema di credibilità, che sorge per individui o imprese desiderosi (in realtà costretti, visto il mercato attuale) a presenziare - e bene - sui social network. Nonché una grana per gli stessi colossi della Rete (da Facebook a Instagram passando per Twitter), che si trovano davanti a una grossa crepa nella propria autorevolezza. Questi social network, in cui si compra e vende «audience», pubblico robotico, allo scopo di attrarne altro in carne e ossa, sono gli stessi che (in nome di rettitudine e politicamente corretto) prendono iniziative iperboliche quali - per citare il caso più altisonante - censurare i post (ovverosia le opinioni) del presidente degli Stati Uniti d'America. Le ultime uscite di Trump sul coronavirus, difatti, sono state in larga parte oscurate, come se il pubblico non avesse facoltà di discernere fra bene e male nelle parole del leader statunitense, che in qualche modo va tenuto a bada. Eppure i Mirko Scarcella di tutto il mondo fanno i loro business.