2024-12-13
Yasmine diventa Enea per ideologia
I giornali grondano lacrime sulla vicenda della bambina ritrovata nel Mediterraneo. Ma la sua storia, che resta drammatica, è molto diversa da come ce la raccontano.«Modo di scrivere e di parlare ampolloso e risonante, enfatico e sostanzialmente vuoto, privo o povero di impegno intellettuale, civile e morale». La definizione di retorica offerta dalla Treccani è perfetta per questa storia. La storia di Yasmine, o Maria, o Mariam, non importa. Il suo racconto giustamente confuso e pieno di contraddizioni, il racconto di una ragazzina di undici anni salvata a Lampedusa, è stato trasformato in una nuova Eneide. Ma oggi si scopre che le cose non sono andate come raccontano le Ong di turno e i giornali di ieri e che purtroppo si tratta di una classica storia di traffico criminale di minori. Vergognosa, ma in linea con quello che accade sull’altra sponda del Mediterraneo quasi ogni giorno. Yasmine ha 11 anni, dice di venire dalla Sierra Leone e di essere partita da Sfax, in Tunisia, su un barchino dove erano in 45. È stata salvata alle tre del mattino di mercoledì da un veliero della Png tedesca Compasscollective. Avvistata in acqua a dieci miglia da Lampedusa, Yasmine chiedeva aiuto aggrappata a due camere d’aria. Adesso è in una comunità per minori, su decisione della Procura di Agrigento che indaga per omicidio plurimo. La rassegna stampa di ieri è toccante. Repubblica titola: «Yasmine venuta dal mare» e mobilita la scrittrice Melania Mazzucco, che pesca dall’Antico Testamento: «Yasmine però è stata salvata. Dalle acque: come Mosè, si potrebbe dire». Bellissimo paragone, e anche molto evocativo. Ma visto che Dio ha salvato Mosè dalle acque (e da un faraone paranoico) per farne la guida degli ebrei contro gli egiziani, allora sarà meglio mettere Yasmine sotto scorta. L’enfasi religiosa continua sulla Stampa, che in prima pagina annuncia: «Lampedusa. La piccola Maria salvata dalle acque». Una svista? No, perché dentro ecco un articolo intitolato proprio così: «Il miracolo di Maria». Qui però non c’entrerebbe la Madonna, almeno secondo le prime indagini della Capitaneria di Porto. Racconta il quotidiano torinese che, appena tirata su dal barchino, Yasmine avrebbe detto di chiamarsi «Maria» o «forse Mariam, non lo so». Passiamo a chi è del ramo, ovvero Avvenire. Il giornale dei vescovi italiani parla più volte di «bambina sperduta e ritrovata», con una dotta citazione evangelica dalla parabola del Figliol prodigo: «Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Luca 15:24). Sul Corriere della Sera, ecco lo scrittore e criminologo Donato Carrisi che inventa a tavolino la storia della famiglia di Yasmine. Comprensiva di un «amorevole» padre che mette i suoi due figli su quella barchetta. A noi sembra un irresponsabile, ma pazienza. Ieri poi è venuto fuori, dal magistrato che segue il caso, che non si sa se la bambina abbia ancora dei genitori, che non si sa in quanti erano sulla barca e non si sa se davvero se abbia navigato tre giorni da sola. Mentre i medici hanno confermato che «era confusa e in stato di ipotermia». Le Ong, a cominciare dalla Mediterranea, ne hanno approfittato per accusare il governo di aver abbandonato il controllo delle rotte dalla Tunisia e di «non dire nulla». Sarà, ma che cosa deve dire un governo di fronte a una notizia del genere? Non è l’ennesima prova che i clandestini non devono partire? Detto così, umilmente e senza retorica.
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