2022-04-07
Washington chiede sanzioni devastanti e l’Unione si sfalda
Ursula von der Leyen (Ansa)
Bruxelles divisa sul quinto pacchetto, a partire dal gas russo. No di Berlino allo stop. Il premier: «O la pace o l’aria condizionata».«Ora la Russia è un paria finanziario globale». La Casa Bianca adotta il lessico di Joe Biden nell’annunciare il nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, definito «devastante» nel comunicato. E spinge l’Europa a un ulteriore salto di qualità nei bombardamenti economici contro il nemico. Gli americani si sono accorti delle debolezze di Bruxelles e invitano gli alleati a stringere la morsa per «contrarre il Pil russo del 15%, spazzando via gli ultimi 15 anni di guadagni». Paria, devastante, spazzare via: le parole somigliano a missili anticarro e sembrano indirizzate a compattare il fronte occidentale. Loro fanno i marines, noi come al solito seguiamo in ordine sparso; la realpolitik non ha niente a che vedere con Hollywood.L’amministrazione Usa prova a inchiodare Vladimir Putin con altri sei blocchi: quello di Sherbank e Alfa Bank, i due istituti finanziari strategici pubblico e privato; quello di investimenti in Russia da parte di 600 multinazionali Usa; quello dell’attività con le principali imprese statali di Mosca; quello del pagamento del debito con fondi americani. Più la sanzione più pittoresca, già sperimentata nelle guerre in Iraq e Afghanistan: il congelamento dei patrimoni di leader russi e familiari, come le figlie di Putin, Maria e Katerina. Nella lista nera ci sono anche moglie e figlio del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, l’ex presidente, Dmitry Medvedev, e il premier, Mikhail Mishutin. «Si sono arricchiti a spese del popolo russo e alcuni di loro sostengono la guerra», spiega la Casa Bianca. Oggi Bruxelles è invitata a operare allo stesso livello, a non derogare dal memorandum che arriva da Washington. A ubbidire agli ordini di chi nel 1945 liberò l’Europa dal nazifascismo e senza farlo sapere troppo in giro (mentre noi costruivamo romantici storytelling partigiani e poi eurolirici) è rimasto qui e comanda le operazioni. È in questo scenario che si gioca la partita delle sanzioni Ue, con divergenze e fragilità. Perché chiudere i rubinetti a banche, politici e Vip è semplice, molto più complicato far piombare quelli di gas e petrolio. Così, mentre Mario Draghi incassa i complimenti del Financial Times («È stato decisivo nel congelare le riserve della Banca centrale russa»), attorno al pacchetto si litiga pesante, soprattutto sull’energia. Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria sono contro lo stop immediato del gas come chiede l’amministrazione Usa, forte di un assunto: gli 800 milioni di euro al giorno degli europei sono decisivi per finanziare la guerra di Mosca. Il rieletto Viktor Orbán minaccia di ricorrere al diritto di veto (per le sanzioni serve l’unanimità). Anche sul resto le differenze sono evidenti: la Polonia ha già preparato lo stop al carbone, le Repubbliche baltiche preferiscono azzerare le forniture di metano. Sul petrolio si tratta, ma tutti vorrebbero spuntare prezzi migliori altrove. L’Italia mostra una stupefacente passività. Una delle nazioni più dipendenti dal gas russo si comporta come se la scelta fosse un dettaglio. Draghi è lapidario: «Il nostro Paese seguirà la linea dell’Ue e appoggia con convinzione le misure restrittive. Se ci propongono l’embargo del gas saremo ben contenti di adottare questo strumento». Poi una battuta degna di Vincenzo De Luca per superficialità demagogica: «Preferiamo la pace o stare con il condizionatore acceso?». L’industria sentitamente ringrazia in anticipo.Il commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, annuncia che «stiamo valutando tutti gli scenari, anche lo stop completo del gas russo». Trascorrono dieci minuti e il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, lo gela: «La Germania sosterrà ulteriori sanzioni ma non è favorevole a tagliare il gas russo nell’immediato». Per questo Berlino ha commissariato la controllata tedesca di Gazprom per «mantenere la sicurezza nell’approvvigionamento». Un sonoro no arriva anche da Vienna. «L’Austria è contraria. Siamo molto dipendenti dal gas russo e penso che tutte le sanzioni che colpiscono noi più di quanto colpiscano la Russia siano sbagliate», ha messo il dito nella piaga il ministro delle Finanze, Magnus Brunner. Allora Emmanuel Macron ha cambiato obiettivo alla Quinta C: «Dovremmo avanzare più facilmente su petrolio e carbone». Mentre si procede a tentoni, ieri il belga Guy Verhofstadt (quello che diede del «burattino» a Giuseppe Conte sui migranti) ha portato allo scoperto le tensioni alzando la voce contro il commissario Esteri, Josep Borrell. «Il pacchetto è ridicolo. Il divieto di importazione del carbone è ridicolo: è solo il 3% delle importazioni dalla Russia. Il divieto di Swift sulle banche pure: più del 50% è fuori dal divieto. Gli oligarchi stanno scappando dalle sanzioni. Bisogna affrontare le 6.000 persone che lavorano con Putin. Abbiamo l’elenco di Alexei Navalny». Poi ha tirato le somme: «È ora di cambiare strategia e di chiedere un Consiglio extra europeo per decidere sanzioni massime possibili. Tutto il resto non funzionerà».Putin attende le novità di oggi per prendere le contromisure. Gli 800 milioni al giorno sono manna ma lui finge di snobbarli adottando la nota strategia della volpe e l’uva. L’agenzia Tass riporta una frase provocatoria: «Il mondo è molto più ampio del semplice Occidente, la Russia può fornire gas agli altri Paesi». Lo pagheranno molto meno, Paperone abita a Ovest.