2024-08-31
Voti a destra? Sei un lobotomizzato Così la sinistra giustifica il suo flop
Supporter di Donald Trump reggono uno striscione del candidato repubblicano alla Casa Bianca (Ansa)
Ogni volta che prendono una tranvata alle urne, i compagni frignano parlando di «informazione manipolata». Per loro, infatti, non esistono elettori che ragionano con la propria testa. Ma bestie influenzabili (e ignoranti).Con i sondaggi americani che danno già in esaurimento l’effetto novità rappresentato da Kamala Harris, e di conseguenza Donald Trump di nuovo in risalita, fra i commentatori di casa nostra è già tornata di moda l’antica usanza della denuncia delle fake news. Come è possibile, si chiedono pensosi gli analisti, che un individuo del genere riesca a sedurre milioni di cittadini in quello che è il Paese guida dell’intero Occidente? Ma la domanda, in fondo, vale per chiunque, in qualsiasi parte del mondo, acquisisca consensi partendo da un’agenda non progressista: da Javier Milei a Viktor Orbán, passando per Matteo Salvini, Marine Le Pen, i leader di Afd e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di personalità anche molto diverse tra loro, con programmi e valori molto differenti, ma accomunati dalla stessa narrazione in un’unica armata delle tenebre. E in tutti i casi la domanda è la stessa: come è possibile che li votino? La risposta viene appunto trovata nella spiegazione prêt-à-porter: sono le fake news, bellezza. Trump in testa nei consensi? È semplice: è un mentitore seriale. Bara nei dibattiti, bara nei comizi, voler far passare Barack Obama per non americano, afferma di aver vinto delle elezioni che invece ha perso. Vince perché mente. Negli altri casi citati la spiegazione è sempre la stessa: la destra mente o, nel migliore dei casi, semplifica, dà versioni di comodo dei fatti, riduce i problemi a formule enfatiche per vellicare determinati istinti e paure. Ricordate gli anni del berlusconismo? Per spiegare come facesse Silvio a mietere consensi se la prendevano con le sue reti, con l’informazione faziosa, addirittura con il presunto lavaggio del cervello che i giovani cresciuti davanti alle sue tv commerciali avevano subito. Se voti a destra, insomma, è perché hai passato troppo tempo davanti alla tv a vedere Gianfranco D’Angelo che faceva il Tenerone al Drive In. Il sottotesto di simili argomenti è però un altro: se la destra vince sempre e solo perché l’informazione non è trasparente, perché mette uno schermo opaco tra la popolazione e la realtà, basterebbe rimuovere quello schermo e tutti voterebbero a sinistra. Secondo questa interpretazione, nessuno vota mai a destra convintamente, avendo tutte le informazioni sufficienti e con una cultura di base di livello accettabile. L’elettore di destra informato e acculturato semplicemente non esiste. Per spiegare il successo della destra, l’opacità è necessaria: che sia a monte, negli slogan dei politici, o a valle, nelle menti poco strutturate dei loro elettori. Ma qualcosa, da qualche parte, deve non funzionare. Perché, quando tutto funziona nel modo giusto, l’elettore sceglie i progressisti, garantito. Beninteso, si tratta di una interpretazione che ha una lunga e nobile storia. Si inizia con Socrate, per il quale il male viene sempre scelto per ignoranza, dato che chiunque, conoscendo il bene, lo sceglierebbe, e si finisce con Jürgen Habermas, per il quale compito fondamentale della filosofia è rimuovere gli ostacoli alla comunicazione trasparente. O, volendola fare più semplice, potremmo citare quei tifosi di calcio per i quali la propria squadra perde sempre e solo per colpe arbitrali o per furti degli avversari: non esiste la bravura altrui né la sfortuna, se solo le regole fossero uguali per tutti e regnasse l’onestà, le vincerebbero tutte loro. È evidente come questa impostazione nasconda un profondo autoritarismo, tanto più insidioso perché subdolo e inavvertito anche ai suoi stessi portatori sani: se tutto fila liscio, vinco sempre io, ho ragione sempre io. La politica cessa di essere lo scontro tra scale di valori differenti, tra progetti e programmi antitetici, ma diventa un algoritmo in cui, se non interviene qualche falla nel processo logico, il risultato è già conosciuto prima di iniziare. Nella società ci sarebbero solo progressisti consapevoli, che votano di conseguenza, e progressisti che si ignorano, portati dalla propaganda, dalle bufale o dalla propria ignoranza a votare «male». In quest’ottica, diventa semplicemente impossibile entrare nella testa di un elettore di destra, anche solo per provare a cambiargliela. Non ci sono valori, idee, argomenti, programmi, sensibilità di destra da intercettare, da contrastare, da decostruire. Ci sono fake news da cancellare (autoritariamente, con il controllo dell’informazione) e sacche di ignoranza da prosciugare (autoritariamente, con il lavaggio del cervello). Con questo, sia chiaro, non neghiamo che, per esempio, Trump abbia davvero la tendenza a spararla grossa. Né che la destra, globalmente, abbia una eccessiva tendenza a semplificare le cose. Intanto, però, bisogna ricordare che la destra non ha l’esclusiva della menzogna (vedi le censure chieste da Joe Biden a Mark Zuckerberg, per esempio) né delle spiegazioni naif (il dibattito sullo ius soli, anche in queste settimane, avviene all’insegna di foto strappalacrime di bambini neri con la maglia della nazionale). E poi va rilevato un altro fatto: posto che Trump, la Le Pen o Milei offrano risposte discutibili, esisterà almeno una domanda intercettata da costoro che meriti di essere presa in considerazione anziché essere ridotta a epifenomeno di lobotomie televisive?
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