
Su Repubblica lo scrittore Vargas Llosa tesse un elogio dell'attivista tedesca e sostiene che in Italia non c'è Stato di diritto. Il modello, dice, è il Canada. Ma si scorda che lì la polizia di frontiera non scherza.In attesa di proclamarla santa, intanto la candidano al Nobel. Per la beata vergine Carola di Germania, patrona della Sea Watch e martire di tutti i clandestini, arrivano due notizie in un giorno: purtroppo non potrà ancora salire agli altari, dal momento che la santa messa in suo onore organizzata da un solerte prete del pavese è stata incredibilmente sospesa. Però, nel frattempo, può innalzarsi verso il più laico premio per la Pace assegnato ogni anno a Stoccolma.Il quale premio, del resto, essendo già stato vinto dal presidente bombardatore Barack Obama e dal leader terrorista Yasser Arafat, potrebbe anche finire, senza che nessuno abbia nulla da obiettare, nelle mani del Mostro di Loch Ness o del Torturatore Nero. Figurarsi se non può finire nelle mani di una ragazza che per candidarsi a cotanto riconoscimento, in nome della Pace, non ha esitato a speronare la motovedetta della Guardia di finanza, dopo aver deliberatamente infranto le nostre leggi. Purtroppo non le è riuscito di affondarla quella nave. Altrimenti, altro che candidatura: la vittoria era assicurata. A farsi carico di proporre Carola per il Nobel, è un altro Premio Nobel, lo scrittore Mario Vargas Llosa, il quale ha scritto appositamente una bella articolessa su Repubblica, dopo «aver fatto colazione in un ristorante del centro» (lo so che questo è ininfluente, ma lui ci tiene a farlo sapere e io ve lo devo riportare). Vargas Llosa di Nobel se ne intende, del resto: lui lo vinse nel 2010, per la Letteratura, dopo aver dato dimostrazione di avere una capacità di inventare storie davvero straordinaria. E anche in questo articolo, per la verità, non si smentisce: l'Italia che esce dalla sua penna di peruviano residente in Spagna e momentaneamente a Vancouver (per la colazione) è davvero una straordinaria opera di fantasia. A cui non manca proprio nulla. A parte, s'intende, un qualsiasi contatto con la realtà. Ma si sa: non si rovina una bella storia con la realtà. Soprattutto se di mestiere si è romanzieri. E quindi il racconto di Vargs Llosa si dipana attraverso racconti fantastici di «leggi irrazionali e disumane» (quelle dell'Italia ovviamente), cui Carola non poteva non disobbedire, altrimenti quei «poveri migranti» sarebbero morti, dal momento che già «si trovavano in condizioni fisiche molto precarie», anzi addirittura «in imminente pericolo di vita», anzi di più stavano per «morire di malattia o di fame». Non c'è nulla di vero, nemmeno per sbaglio. Ma che importa? Il romanzo primo di tutto. Il premio Nobel, ormai ottantatreenne, ce la mette tutta per dimostrare che sa ancora correre sulle ali dell'immaginazione. Anche se a essere sinceri, ogni tanto perde un po' i colpi. La fantasia, infatti, lo tradisce quando dalla penna gli escono formule che definire originali sarebbe troppo. I migranti? «Fuggono dalla fame». Il problema? «È dell'Europa». La Lega? Neofascista. Il decreto sicurezza? Stupido e crudele. Matteo Salvini? Ricorda Torquemada. E anche Adolf Hitler. E anche Benito Mussolini. Sai la novità.L'unico punto in cui la fantasia si riscatta è quando tocca lo Stato di diritto. Lì Vargas Llosa si supera. «In Italia non esiste», sostiene. Proprio così: secondo il peruviano trapiantato in Spagna e momentaneamente a Vancouver (per la colazione), la legalità a Lampedusa non va rispettata perché in Italia c'è solo «una caricatura» dello Stato di diritto, per di più «faziosa e razzista», ad opera degli italiani che sono ovviamente «selvaggi». Non è, questo sì, da Nobel? La quantità di bestialità originali assommate in poche righe è talmente alta da suscitare una inevitabile domanda: ma quando Vargas Llosa scrisse La festa del caprone, stava forse pensando a un racconto autobiografico?D'altra parte lo scrittore di legalità bene se ne intende, come sanno anche all'agenzia delle entrate spagnola, dove qualche mese fa gli hanno contestato un'evasione fiscale di oltre 2 milioni di euro (2,1 milioni, per l'esattezza). Chissà, forse anche quella di pagare le tasse è una norma «stupida e crudele» e può essere disobbedita, esattamente come ha disobbedito Carola alle leggi che le impedivano di attraccare in Italia. E allora ci viene un altro dubbio: quando arriverà a casa sua l'equivalente iberico della Guardia di finanza, caro signor Mario, provvederà anche lei a speronarla? La schiaccerà contro il muro? Cercherà di sottrarsi ai suoi ordini? Nel caso, ci faccia sapere. Così ci adegueremo alla nuova moda. Candidandoci, automaticamente, pure noi al Nobel.Purtroppo, a parte questo, il romanzo per la candidatura di Carola all'olimpo della pace, non fornisce altri grandi spunti di originalità. Le solite frasi fatte. La solita «Europa che ha bisogno di immigrati». Le solite «paure da sradicare» (perché non è vero che i clandestini delinquono, macché. È un'impressione). La solita visione amorevole dell'Islam che vuole integrarsi e tratta bene anche le donne. Il solito terrorismo che ovviamente non ha nulla a che fare con Allah. Una spruzzata di insano senso di colpa europeo, sempre per via del colonialismo, da cui discende ogni male. L'unica cosa non scontata, alla fine dell'articolo, rischia di essere proprio la colazione nel ristorante del centro di Vancouver. Colazione che Vargas Llosa ci fa sapere di aver consumato con quattro canadesi di origini diverse (giapponese, messicana, rumena…), praticamente un inno all'integrazione che si conclude con l'appello accorato: «Questo è l'esempio da seguire in Europa, quello del Canada». Idea intelligente, caro scrittore, siamo finalmente d'accordo con lei: seguiamo l'esempio del Canada. E dunque se uno straniero arriva in porto su una barca, violando tutte le leggi e speronando i militari, facciamo proprio come farebbero in Canada: spediamolo in galera. Mica sulla prima pagina di un giornale per candidarlo al Nobel. Non le pare?
Ansa
È la logica conseguenza del wokismo: i giudizi non si basano più su parametri oggettivi.
Se è vero che «i fascisti» sono tutti quelli che la sinistra definisce tali indipendentemente dalla loro adesione o meno agli ideali del fascismo, allora anche «i ricchi» sono tutti coloro che la sinistra indica come tali, in maniera puramente circostanziale e situazionista, in base all’opportunità politica del momento.
La surreale discussione sui «ricchi» privilegiati dalla Legge di bilancio, che altri non sarebbero se non quelli che guadagnano 2.500 euro al mese, non si limita a mostrarsi come una delle tante battaglie propagandistiche che la politica deve fare per segnalare la sua esistenza in vita ma è indice di una forma mentis estremamente interessante. Perché se è vero che definire «il fascista» in base al giudizio soggettivo che l’osservatore dà ai comportamenti dell’osservato - per arrivare ad associare un comportamento, una tendenza e financo un’espressione del volto a qualcosa di «fascista» - stabilire la categoria di «ricco» indipendentemente dal denaro che quella persona possiede significa, ancora una volta, rifiutare il principio di oggettività del dato del reale con tutto ciò che tale scelta implica.
Maurizio Landini e Elly Schlein (Ansa)
Bombardieri, come la Cisl, dice che non incrocerà le braccia e isola ancor più la Cgil Che ieri non ha firmato un rinnovo di contratto nella Pa: ennesimo dispetto al governo.
L’esecutivo nazionale della Uil, al termine di un vertice convocato ieri, ha approvato all’unanimità la convocazione di una manifestazione nazionale a Roma per sabato 29 novembre. Obiettivo? ottenere modifiche alla manovra economica varata dal governo. Insomma, sì a una manifestazione, no a uno sciopero. Questo significa anche che la Uil non aderirà allo sciopero generale del 12 dicembre convocato dalla Cgil, confermando l’allontanamento tra le due realtà sindacali.
Nelle stesse ore il segretario della Cgil Maurizio Landini si incontrava al Nazareno con Elly Schlein e altri dirigenti del Pd, che in questi giorni stanno incontrando le le parti sociali. Ma che l’azione di Landini sia ispirata politicamente lo dimostra la scelta di convocare uno sciopero in un giorno diverso da quello convocato dall’Usb. Questi ultimi, infatti, che negli ultimi mesi hanno dimostrato di riuscire a portare nelle piazze numeri importanti di manifestanti, ha scelto il 27 e il 28 novembre per l’agitazione indetta non solo da Usb, ma anche Cobas e altre sigle e riguarderà il personale di sanità, scuola, servizi e pubblica amministrazione, ma a rischio ci sono anche i treni e il trasporto aereo.
(Ansa)
Si è svolta a Roma la quarta Giornata del Veterano, durante la quale la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti ha ricordato il ruolo dei militari che hanno riportato traumi nel servizio: «La Difesa non lascia indietro nessuno», ha commentato a margine dell’evento.
Il generale Florigio Lista, direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche della Difesa, ha spiegato: «Abbiamo fondato un laboratorio di analisi del movimento e stiamo formando dei chirurghi militari che possano riportare in Italia innovazioni chirurgiche come l’osteointegrazione e la Targeted Muscle Reinnervation».
Il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna, Nicola Vitiello, ha evidenziato l’obiettivo dell’iniziativa: «Dare ai veterani gli strumenti per un reinserimento completo all’interno della società e del mondo del lavoro».
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Giorgia Meloni (Ansa)
A beneficiarne è stato soprattutto chi guadagna fino a 15.000 euro (-7%) e fino a 35.000 euro (-4%). Corsa agli emendamenti alla manovra. Leo: «Dall’aumento dell’Irap potremmo escludere automotive e logistica».
Ormai è diventato un mantra, una litania che la sinistra, con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che fa da apripista, ripete da giorni. È una legge di bilancio che diminuisce le tasse ai «ricchi», che dimentica le classi meno abbienti, una manovra squilibrata a vantaggio di pochi. La risposta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è che è stata effettuata invece un’operazione di riequilibrio a vantaggio del ceto medio, che nelle precedenti leggi di bilancio era stato sacrificato per concentrare risorse sulle famiglie in maggiore difficoltà. C’è quindi un filo conduttore che segna gli anni del governo Meloni, ovvero la riduzione complessiva del carico fiscale, come annunciato nel programma elettorale, che si realizza per tappe dovendo sempre rispondere ai vincoli di bilancio e agli obiettivi di rientro del deficit concordati con la Ue. Obiettivi che dovrebbero essere raggiunti con il calo del deficit sotto il 3% del Pil, in anticipo sulla tabella di marcia.






