
Bianco, rosso, verde, il grande cocomero rinfresca le giornate più torride e regala energia. Con meno calorie di un gelato e più sali minerali e vitamine rispetto all'acqua.I suoi colori sono gli stessi della bandiera dello Stivale ed è il frutto più iconico della stagione del solleone: non c'è, infatti, frutto che rappresenti l'estate più dell'anguria. O cocomero, che dir si voglia. Il frutto grande come un pallone - pensate, può arrivare a pesare fino a 90 chili - appartiene alla famiglia delle cucurbitacee (zucchine, cetrioli, meloni eccetera). Tutta la frutta e la verdura contengono parecchia acqua, lo sappiamo, ma le cucurbitacee ancora di più e l'anguria, con le sue dimensioni e il 91% del peso rappresentato da liquidi, è una specie di damigiana d'acqua fruttata. E infatti la mangiamo più per sete e per rinfrescarci, che per fame. È giunta a noi dall'Africa, ma è presto diventata la regina delle nostre scorpacciate estive, perché fruttifica solo da maggio a settembre. Proprio quando ne abbiamo più bisogno. Nei mesi nei quali il tondo sole ci infuoca le giornate, il tondo cocomero ce le rinfresca e al contempo ci dà energia, con molte meno calorie rispetto a un gelato e con quei sali minerali e vitamine che non ci sono nella normale acqua. Il cocomero è un frutto a falsa bacca detto peponide. È una falsa bacca non solo in senso botanico, ma anche dimensionale: siamo abituati a bacche, come quelle di goji o i corbezzoli, ben più piccole. Della dimensione di una punta di dito, mentre il cocomero è notoriamente così voluminoso che il modo di dire «avere una pancia come un cocomero» vuol dire «essere molto panciuto» (in senso figurato, cocomero indica anche un uomo balordo, forse nel senso di pachidermicamente immobile). Il cocomero, quindi, sorta di falsa bacca abnorme, contraddice assolutamente lo stereotipo della bacca minuscola. A dirla tutta, non dobbiamo pensare al cocomero in maniera stereotipata da nessun punto di vista: la varietà che conosciamo, la Citrullus lanatus, con la buccia verde maculato, l'interno bianco all'attaccatura e per il resto rossissimo e puntinato di semi neri, è la più diffusa. Ma esistono interni gialli, arancioni e addirittura bianchi e questa gamma di possibilità cromatiche vale anche per i semi. Esistono più di 1.200 cultivar di cocomero al mondo, con peso del frutto che può andare da meno di 1 chilogrammo a più di 90 chili. Recentemente, sono state realizzate anche angurie con forma cubica, che consentono uno stoccaggio e un trasporto più agevole rispetto alle tonde. E anche a forma di cuore. Le ha immesse sul mercato a Valencia una cooperativa del gruppo spagnolo ortofrutticolo Anecoop, utilizzando una tecnica naturale per avere il raccolto di angurie a cuore, senza semi e abbastanza piccole. a forma di piramideAddirittura, c'è l'anguria piramidale. Ideata da un produttore di ortofrutta giapponese di Tsukigata (isola di Hokkaido) già dal 2009, l'anno scorso le prime del raccolto costavano più di 500 euro l'una e sono abitualmente presentate con un allestimento antico-egiziano, con faraoni e dromedari. Come si ottengono le piramidi di cocomero? Si fa crescere il frutto in apposite forme di plastica o vetro. Così si ottengono anche le altre forme di produzione occidentale. Ma se in questi casi la forma stravagante fa pensare ad agricoltori «pazzi», il cocomero piramidale, invece, non stupisce, essendo normale nella cultura nipponica il concetto di gestione e manipolazione umana di forme che naturalmente sarebbero diverse (si pensi al bonsai). Ci sono poi le angurie baby, «grandi» come cavolfiori, oppure senza semi neri, solo con quelli bianchi che sono più sottili e morbidi e quindi edibili. Insomma, il cocomero è un frutto tipicamente a forma di mondo che a sua volta è diventato un mondo di possibilità. Anche la storia del cocomero è particolare. Fu l'esploratore inglese dell'Africa David Livingstone a raccontare che questa pianta proliferava nel deserto del Kalahari (Botswana, Zimbabwe, Namibia e Sudafrica) del quale era originaria, inizialmente come selvatica, poi anche coltivata. Il nome di questo cocomero primigenio è melone tsamma, quello botanico è Citrullus citroides ed è anche detto Citrullus amarus o melone del Kalahari. Se esternamente corrisponde al cocomero classico, internamente presenta caratteristiche diverse: polpa più spessa e compatta, bianca, con sapore deciso e vagamente amarognolo, somiglia più alla parte bianca del nostro Citrullus lanatus che a quella rossa. Viene utilizzato come riserva d'acqua durante la stagione secca nelle zone più aride dell'Africa, per l'alimentazione sia umana come animale e, infine, per la preparazione di marmellate (ha un alto contenuto di pectina). dagli egizi a noiLa datazione precisa dell'addomesticamento della pianta è dubbia, ma alcuni geroglifici che per primi registrano un raccolto in Egitto risalgono a 5000 anni fa. Credendo che le angurie originassero dal seme di Seth, dio dei morti e del deserto, esse venivano anche deposte nelle tombe dei faraoni come alimentazione per l'aldilà. Per i beciuani (italianizzazione di tswana o cwana, la popolazione del Botswana), il cocomero, chiamato lerotse, era sacro e dovevano procedere a purificazione prima di avvicinarsi ai nuovi raccolti: in un giorno di gennaio deciso dal capotribù, i maschi adulti schiacciavano le foglie di lerotse, ricavando un succo che applicavano su ombelico e alluci, poi rientravano nelle proprie abitazioni e spalmavano il succo sui propri familiari. Solo a quel punto erano tutti purificati e autorizzati a mangiare i nuovi lerotse che avrebbero raccolto. L'anguria è citata anche nella Bibbia, la rimpiangono gli Ebrei in viaggio: «La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: “Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna"» (Numeri, 11, 4). Uscendo dall'Africa, vediamo che già nel decimo secolo dopo Cristo il cocomero risulta coltivato in Cina e, molto probabilmente, arriva in Europa nel tredicesimo secolo con l'invasione dei Mori. L'anguria è regina anche nei quadri, svetta sulla tela nella Natura morta con frutta di Caravaggio, nella Natura morta: Cocomero di Umberto Boccioni, nei Cocomeri con corazza e paesaggio di Giorgio De Chirico, nelle Angurie di Renato Guttuso. Anche al cinema, ogni tanto, compare il cocomero. Carlo Vanzina inventò la definizione di cinecocomero, intendendo la commedia italiana sulle vacanze estive speculare a quella natalizia, come Un'estate al mare e Un'estate ai Caraibi. Due anni fa il fratello Enrico Vanzina ha scritto alla Stampa un appello perché l'Italia torni a occupare i suoi cinema con le sue pellicole anche in estate, senza lasciarle preda dei film stranieri, soprattutto americani.Ave Ninchi seppellisce un cocomero sotto la sabbia umida nel film La famiglia Passaguai di Aldo Fabrizi, così che possa «resta' fresco», rappresentando un classico comportamento delle gite al mare delle famiglie romane non proprio ricche nel dopoguerra e fino agli anni Settanta: pasti per un esercito, cocomeri interi compresi, al seguito. C'è Il grande cocomero di Francesca Archibugi, il cui titolo fa riferimento al personaggio dei Peanuts che però in inglese indica la zucca (The great pumpkin venne tradotto in italiano come cocomero e non zucca perché, essendo il personaggio una specie di Babbo Natale di Halloween, serviva un sostantivo maschile per renderne la mascolinità).C'è poi Il gusto dell'anguria di Tian Bian Yi Duo Yun e, nel finale di Ecce bombo di Nanni Moretti, i ragazzi, che dovevano andare tutti «a trovare Olga che non sta tanto bene», invece si fermano dal cocomeraio, aperto anche di notte, e fanno a gara di scorpacciata di fette di anguria (uno ne mangia 12, uno 16). Ogni estate viene dedicato un articolo giornalistico alla contrazione e insieme alla «sostituzione etnica» dei cocomerai, quei banchi sulla strada con tavolo e sedie che vendono il cocomero a fette e intero e che appartengono alla tradizione italica, ormai sempre meno diffusa, dello street food quando non si chiamava così: i cocomerai sono sempre di meno e tra questi sono sempre di meno gli italiani, anche se resistono istituzioni come il cocomeraio di Ponte Milvio, a Roma, Dino, detto Er Pistola, di cui è cliente fisso Renato Zero. Il cocomeraio perde allure anche perché, al tempo del super e dell'ipermercato, chiunque acquista agevolmente il cocomero da sé e magari preferisce mangiare fuori una granita o un gelato, meno nazionalpopolare e più elegante. Se da una parte questo è un male, perché scompare una figura commerciale rustica e tradizionale, dall'altra consente di mangiarne di più, perché compriamo angurie intere o mezze e non fette. toccasana per la dietaVediamo ora perché ci fa bene. La sua polpa contiene oltre il 90% di acqua (91,47 grammi l'etto) e ogni 100 grammi presenta 30 calorie. Sempre per 100 grammi, 0,1 grammi di grassi polinsaturi, 1 milligrammo di sodio, 112 milligrammi di potassio, 11 milligrammi di fosforo, 10 milligrammi di magnesio, 7 milligrammi di calcio, 0,2 milligrammi di ferro, 569 unità di vitamina A, 8,1 milligrammi di vitamina C, 8 grammi di fibra alimentare di cui 0,4 grammi di fibre e 6 grammi di zucchero. Abbiamo poi 0,6 grammi di proteine, 4532 microgrammi di licopene e 3,3 microgrammi di betacarotene. In virtù di tutto questo, l'anguria, che può essere mangiata anche come merenda, non per forza dopo i pasti, innanzitutto idrata e tonicizza un po' aiutando a contrastare il caldo e la perdita di sali minerali. Anche se si è a dieta, l'anguria è perfetta come spezzafame o come frutta di fine pasto. In virtù del potassio, fissa il calcio nelle ossa, migliora la circolazione sanguigna, regola il battito cardiaco, sostiene i muscoli (ne controlla la contrazione e dà conforto dopo l'attività sportiva che li ha stimolati) e il cuore. La vitamina C rafforza il sistema immunitario, protegge dall'invecchiamento cellulare e dallo stress ossidativo, stimola la produzione di collagene. Flavonoidi e carotenoidi sono antinfiammatori e poi non dimentichiamo il potente antiossidante licopene, responsabile della colorazione rossa come quella dei pomodori maturi: ragione per cui il cocomero non va mangiato acerbo. Ancora: la vitamina B6 è utile per la produzione di serotonina e dopamina, utili per un umore equilibrato, e aiuta la memoria. Per i risultati di uno studio della Florida State University, l'anguria contrasta la preipertensione grazie al suo contenuto di L-citrullina, un aminoacido necessario per la formazione di ossido nitrico che regola l'elasticità delle pareti delle arterie e, di conseguenza, la pressione arteriosa: dopo essere stata ingerita, si trasforma in arginina, che regola dilatazione ed elasticità dei vasi sanguigni.Solo un'accortezza: l'anguria può risultare di articolata digestione se mangiata subito dopo i pasti in grande quantità per via dell'acqua in essa contenuta, che può diluire troppo i succhi gastrici e ostacolarne l'azione digestiva. Soprattutto nel caso in cui si abbiano problemi gastrici, per farne scorpacciata, meglio abbuffarsi lontano dai pasti. Infine, può dar fastidio a chi soffre di colite e ai soggetti allergici all'aspirina o ai suoi derivati, perché contiene salicilati naturali. Un consumo eccessivo è poi controindicato ai diabetici, i quali ne dovrebbero consumare 200 grammi a settimana in associazione a un pasto ricco di fibre per limitare l'assorbimento degli zuccheri.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.