2018-10-22
Vittime dei reati: in due anni risarcite appena 24 famiglie
Il fallimento della legge: pochi indennizzi, e ridicoli. In media lo Stato ha sborsato 5.000 euro. Un parente morto per mano di un rapinatore vale appena 7.200 euro. Una figlia stuprata 4.800. A oggi, in un Paese che viaggia a una media di oltre 300 omicidi l'anno, quasi 30.000 rapine violente e oltre 2.000 stupri, solo 24 famiglie hanno ricevuto il misero risarcimento in denaro. Fondo inutilizzato al 99%.Per le vittime, in Italia, non paga nessuno. Non pagano gli assassini e gli stupratori a cui sono garantiti tutti gli sconti e i benefici possibili. E paga una miseria anche lo Stato che quelle vittime doveva proteggerle. La legge, sulla carta, esiste. «Per il marito ammazzato in una rapina da un immigrato nullatenente la moglie dovrà essere risarcita da un fondo pubblico», dice, in parole semplici.Ma è talmente mal scritta da sembrare finta. Innanzitutto il parente morto per mano del rapinatore vale appena 7.200 euro, così come la figlia stuprata ne vale 4.800. In più, la norma, è talmente caotica che arrivare a vedere anche un solo centesimo è complicatissimo. Così anche chi ne avrebbe pieno diritto, finisce per rinunciare. A dimostrarlo sono i numeri: il nostro Paese viaggia ad una media di oltre 300 omicidi all'anno, quasi 30.000 rapine violente e oltre 2.000 stupri. Eppure, dal 2016 ad oggi, sono solo 24 le famiglie che hanno ricevuto un (ben misero) risarcimento in denaro per aver vissuto sulla pelle uno di questi abusi. Erano 164 ad aver fatto richiesta e, in tutto, lo Stato ha sborsato 106.000 euro, cioè meno di 5.000 euro a vittima. È un'altra faccia della questione sicurezza, da prendere presto in mano come la legittima difesa e l'abolizione degli sconti di pena per chi sceglie l'abbreviato. Riguarda quelli che il morto ce l'hanno avuto in casa, che i rapinatori se li sono visti entrare dalla porta, che sono stati legati, imbavagliati per ore o che hanno subito uno stupro devastante. A loro, chi pensa? Perché dopo la tragedia, in qualche modo la vita continua. Ci sono le spese mediche da sostenere comprese quelle psicologiche, magari una casa da cambiare per superare il trauma o un'azienda da portare avanti, i figli da crescere. La giustizia se ne lava le mani: a processo, i giudici stabiliscono una cifra ipotetica con cui l'assassino, o chi per esso, dovrebbe risarcire, ma poi, se questo, come nella grande maggioranza dei casi, è nullatenente la cosa finisce lì. E le vittime restano sole e senza soldi.Nel 2016, dopo anni di incuria totale, il problema si è affacciato alla mente del governo Renzi. Non per caso, ma grazie all'Europa, che ha minacciato di punire l'Italia con una grave sanzione se non si fossa messa in pari con la normativa europea che prevede un fondo nazionale per il risarcimento delle vittime di reati gravi, quando il condannato non ha beni. L'indicazione esisteva dal 2004 e l'obbligo di adeguarsi recependo la norma e trasformandola in testo, era scaduta da un pezzo.Così il Pd, in fretta e furia, quell'estate varò una legge, la 122 del 2016, e la scrisse così male da risultare quasi una presa in giro. Innanzitutto le cifre vergognose: 4.800 euro per indennizzare uno stupro, 7.200 euro per un omicidio (che sale a 8.200 in caso di omicidio in àmbito familiare) e 3.000 euro di rimborso per le spese mediche in caso di lesioni gravissime. Liquidabili, peraltro, in più annualità, qualora nell'anno di riferimento, manchino i fondi. Inoltre una serie di ostacoli, spesso insormontabili per chi vorrebbe far valere i propri diritti.«Per accedere al fondo è necessario dimostrare di avere provato a ottenere, con esito infruttuoso, il risarcimento danni dal condannato», spiega Elisabetta Aldrovandi, presidente dell'Osservatorio nazionale sostegno vittime di reato, «cosa spesso impossibile soprattutto nei reati gravi che coinvolgono stranieri, che magari scontano la pena all'estero o sono senza fissa dimora». Inoltre «se originariamente l'accesso al fondo era riservato a chi aveva un reddito annuo inferiore agli 11.000 euro, ossia il limite previsto per l'accesso al gratuito patrocinio, nel 2017 questo limite, è stato eliminato, con la facoltà di presentare l'istanza da parte di tutti», prosegue Aldrovandi. Questo ha sì ampliato il numero degli aventi diritto, ma senza aumentare gli importi previsti «ha creato problemi considerevoli, poiché sopra la fascia di reddito degli 11.000 euro non sussiste più l'esenzione per le spese legali né il gratuito patrocinio, e quindi la vittima rischia seriamente di spendere per il tentato recupero più di quanto riceverà a titolo di indennizzo».Il risultato? Il fondo cassa da 10 milioni di euro, stanziato per i risarcimenti, a due anni di distanza è stato utilizzato soltanto all'1% (cioè per appena 106.000 euro) e a fronte 302 istanze, per 164 vittime (le domande possono essere presentate anche da più di un parente) solo 24 sono state accettate e liquidate. Con meno di 5.000 euro a famiglia.L'intenzione di cambiare qualcosa nel prossimo futuro esiste. Il Movimento 5 Stelle, a breve, dovrebbe presentare una proposta per «salvaguardare le risorse stanziate e non utilizzate» garantendo risarcimenti anche alle vittime di reati precedenti all'adeguamento dell'Italia all'indicazione europea (cioè quelle colpite tra il 2004 e il 2016) e soprattutto «per innalzare la soglia degli indennizzi», ha spiegato Vittorio Ferraresi, sottosegretario al ministero della Giustizia. Nel frattempo anche alcune Regioni, tra cui Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, stanno preparando progetti di legge, per creare la figura del garante regionale per le vittime di reati e (ci auguriamo) per stanziare i conseguenti fondi regionali dedicati.Unica eccezione virtuosa è la Regione Emilia Romagna che, ormai 14 anni fa, adeguandosi per prima al dictat europeo, istituì la Fondazione per le vittime dei reati, dotandola di fondi propri provenienti da stanziamenti pubblici e donazioni. Nel solo 2017, la Fondazione ha contribuito al sostegno delle vittime residenti in Emilia Romagna (o colpite da reati nel territorio regionale) con oltre 200.000 mila euro, vale a dire il doppio di quanto erogato dallo Stato in due anni a livello nazionale, mentre nel 2018 sono state già 36 le vittime aiutate.Qualche esempio? In una città della regione «nel 2017 un uomo è stato ucciso nel suo bar da un latitante in fuga. Lascia la moglie che dovrà condurre da sola l'azienda di famiglia e un padre molto anziano, assistito dalla moglie della vittima», si legge nei report della Fondazione. La famiglia ha ricevuto 10.000 euro per «adattare la casa alle necessità dell'anziano e per la quotidianità». In un altra località «nel novembre 2017, a vent'anni, un giovane è stato ucciso da cinque minorenni e il suo cadavere occultato. La madre con il compagno sono stati costretti a lasciare l'appartamento, sotto sequestro per tre mesi, e in ogni caso non intendono rientrarvi», anche loro sono stati sostenuti con 7.500 euro «a copertura parziale delle spese d'affitto e funerarie».
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